Signora Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per cercare di dare un contributo ad un dibattito che, per la qualità della materia di cui discutiamo, ha registrato e registra ancora una incomponibilità di posizioni che, per quanto sia fisiologica e anche legittima, rischia di far perdere il filo di razionalità sistemica che dovrebbe sostenere ogni legislatore dinanzi a qualsiasi questione.
E dico subito, colleghi, che quanto dirò adesso è frutto di una riflessione che ho condotto in questi mesi, che è stata anche una riflessione difficile, che ho nutrito ovviamente dell’incontro con tanti colleghi ma è soprattutto frutto del misurarmi con me stessa e con le mie convinzioni profonde.
Non torno sulla questione della introduzione dello strumento delle unioni civili, perché mi pare ovvio che non sia più questo l’oggetto sul quale concentrarci. Affronterò invece la questione dell’articolo 5 del disegno di legge e cioè dell’estensione dell’ambito di applicazione di quella adozione in casi particolari prevista dall’articolo 44, lettera b), della legge n. 184 del 1983 sulle adozioni.
Il sistema quindi nel quale stiamo operando è quello della legge sulle adozioni e stiamo parlando di una riforma di un articolo della legge sulle adozioni.
Come tutti i colleghi sanno, il sistema valoriale a cui quella normativa si ispira è riferito non solo essenzialmente, ma direi proprio esclusivamente al preminente interesse del minore ad essere adottato in condizioni nelle quali gli venga garantita stabilità e continuità affettiva, educazione ed istruzione. Tale scelta, come sappiamo, noi l’abbiamo recentemente ribadita e rafforzata, per esempio equiparando l’adozione all’affiliazione legittima e a quella naturale, anche con riguardo ai rapporti con gli ascendenti.
Operiamo dunque in un ambito in cui il fine che il legislatore ha inteso e intende soddisfare non è quello di una coppia ad avere un bambino, ma quello di un bambino a vedersi assicurata quella continuità affettiva ed educativa di cui parlavamo.
Con l’articolo 44, lettera b), oggi, a normativa vigente, un figlio, anche adottivo, di uno dei coniugi può essere adottato dall’altro per garantirgli, in ipotesi di premorienza del genitore, stabilità e continuità affettiva. Con il testo in discussione, tale possibilità viene estesa anche al caso in cui il bambino sia figlio, anche adottivo, di uno dei componenti l’unione civile. Questo è il punto quindi, che consiste nel diritto del bambino – figlio, a legislazione vigente, di uno dei coniugi, domani, con l’approvazione della riforma che proponiamo, figlio di uno dei componenti l’unione civile – a vedersi assicurate continuità e stabilità affettiva ed educazionale.
La scelta valoriale che si compie con l’articolo 5 del disegno di legge è dunque in piena e continua coerenza con la legge del 1983. Non stiamo quindi parlando di un diritto dei componenti l’unione civile all’adozione, diritto che nel nostro sistema non esiste neppure per la coppia dei coniugi, bensì del diritto di ciascun bambino a godere di quella stabilità e continuità di cui ho parlato. Per questa ragione, il provvedimento di adozione viene preso dal tribunale dei minorenni in un procedimento complesso, che guarda esclusivamente al preminente interesse del minore ed è regolato minutamente dagli articoli da 45 a 57 della legge n. 184.
Io invito il senatore Giovanardi a leggerlo, piuttosto che sostenere che stiamo parlando di adozione automatica. Non è così. (Applausi dal Gruppo PD).
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, MBI, Id, E-E)). È così.
FINOCCHIARO (PD). È un procedimento complesso, analogo a quello delle adozioni, che prevede gli interventi da parte dei giudici e degli esperti. Il relativo articolo comincia dicendo che il bambino può essere adottato – ripeto: può essere adottato – se, alla fine di questo scrutinio, venga accertato quel preminente interesse del minore a continuare in quella stabile continuità affettiva ed educazionale di cui abbiamo parlato.
Dai colleghi di alcune forze politiche viene però sollevata l’obiezione fondata sul fatto che la genitorialità di uno dei componenti delle unioni civili derivi da maternità surrogata. Naturalmente non è sempre così, perché un genitore omosessuale può aver avuto il figlio da un precedente matrimonio o da una relazione con una donna; parliamo ovviamente di coppie omosessuali maschili. Ma accade anche che sia così; accade cioè che si tratti di un bambino figlio di una maternità surrogata, come è finora accaduto, a legislazione vigente, per tutte quelle coppie eterosessuali unite in matrimonio che hanno utilizzato questa forma di adozione speciale, perché, essendo sterili, avevano fatto ricorso alla maternità surrogata. (Applausi dal Gruppo PD e delle senatrici Mussini e Bencini). Tali coppie rappresentano la stragrande maggioranza tra i soggetti che fanno ricorso ad essa. Ovviamente le percentuali non sono esatte, ma gli esperti parlano di una percentuale che supera circa l’80 per cento. Eppure finora non avevo mai sentito, da quei banchi, denunciare l’adottabilità di un minore figlio di una coppia sposata (adottabilità da parte del coniuge, ovviamente), seppure nato a seguito di maternità surrogata.
Se quindi l’articolo 5 rappresenta, secondo alcuni, un incentivo al ricorso all’utero in affitto, lo ha costituito e lo costituisce, fino ad oggi, per quell’80 per cento almeno di coniugi italiani che hanno fatto e fanno ricorso all’utero in affitto. Questo vuol dire e da questo logicamente deriva che abolire l’articolo 5 non avrebbe nessun effetto deterrente sensibile sul ricorso alla maternità surrogata. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore De Cristofaro). Potrebbe invece averlo – come ha suggerito il collega Lo Giudice e su questo dobbiamo riflettere – una riforma della legge sulle adozioni.
Ma è sulla maternità surrogata che voglio esprimere con chiarezza la mia posizione politica. Mi conoscete: io sono una donna della sinistra italiana ed entrambe le caratteristiche, per quello che dirò, sono essenziali per la mia cultura politica e per i miei convincimenti. In quanto donna di sinistra, penso che la sinistra italiana non possa sottrarsi dal riflettere sulla questione della maternità surrogata. Si dirà: niente di nuovo, visto che abbiamo voluto testardamente, nella legge n. 40, il divieto per l’utero in affitto. In questo, lasciatemelo dire, non siamo secondi a nessuno; a me pare che quella deriva libertaria di cui parlava il senatore Palma semplicemente non esista.
Ma la mia contrarietà alla maternità surrogata non si fonda solo sulla ragione, più immediata, dell’inaccettabilità dello sfruttamento del corpo di una donna. Mi rincresce, ma non posso nascondere che è possibile che esistano donne che, fuori da condizionamenti economici, sessisti o familiari, decidano liberamente di portare a termine una gravidanza su commissione. Io lo trovo inconcepibile; ma è possibile che accada e in effetti accade. Ma la mia ostilità si fonda anche su un’altra ragione, che ritengo almeno equivalente quanto a gravità: quella secondo cui la maternità surrogata è finalizzata alla produzione di corpi destinati allo scambio, assai spesso economico. Si tratta di bambini destinati ad essere prodotti da madri surrogate, su commissione, per essere destinati allo scambio; questo è il punto.
E la sinistra non può non avere una parola su questo. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Formigoni e Giovanardi).
Mercificazione del valore e plusvalore oggi si declinano in mercificazione dei corpi e loro scambialità in un mercato internazionale, attraverso lo sfruttamento del corpo di una donna oppressa da vincoli sessisti, economici, familiari, e si esaurisce nella monetizzazione del potere esclusivo di procreare, che è del corpo femminile, e devi valore di un neonato. E questo avviene attraverso organizzazioni che operano in maniera transnazionale, con base in Paesi in cui l’utero in affitto non è vietato, e che ha appresso un’assistenza medica, legale, assicurativa e logistica a pagamento. E non è difficile, colleghi, saperne di più: digitate «maternità surrogata» sul vostro computer. L’offerta di servizi, comprensiva di tariffe, vi sommergerà, eppure la legge n. 40 del 2004, all’articolo 12, comma 6, prescrive anche che venga punita la pubblicità e l’organizzazione finalizzata all’utero in affitto. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Formigoni). Bisognerà richiamare le istituzioni, le forze investigative di polizia e la magistratura all’osservanza di questo articolo.
Allora – e ho finito – faccio tre proposte, colleghi. Innanzitutto una mozione, che depositerò a breve, con la quale il Senato impegna il Governo ad un’iniziativa per la messa al bando a livello internazionale della pratica dell’utero in affitto in ogni Paese del mondo (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori D’Ambrosio Lettieri, Formigoni e Giovanardi), in nome della dignità della persona umana e dei diritti di ciascun bambino. In secondo luogo, una riforma della legge sulle adozioni è un campo sul quale dobbiamo cominciare a riflettere, che abbia caratteristiche e generosità mirate sul preminente interesse del minore di adottare senza necessità di essere coppie o coppia sposata eterosessuale.
E poi, colleghi, chiedo di riflettere su un’altra proposta che faccio. Il Senato, nell’ambito delle proprie prerogative, nelle forme che sceglieremo, sia messo in condizione di farsi un’opinione informata e colta sul sistema di procacciamento, intermediazione e assistenza finalizzata allo sfruttamento del corpo delle donne e alla creazione di esseri umani destinati allo scambio.
Per quanto mi riguarda e per quanto ho detto, voterò questo provvedimento in ogni suo articolo con ogni convinzione. (Applausi dal Gruppo PD e delle senatrici Bencini e Mussini. Congratulazioni).


Ne Parlano