Signora Presidente, il disegno di legge di cui discutiamo è finalizzato a disciplinare giuridicamente la relazione di coppia tra persone omosessuali e la relazione tra queste e i loro figli, non si occupa di come nascono i bambini. La disciplina di come nascono i bambini (che è importantissima e dentro la quale va correttamente inquadrata la problematica della gravidanza per altri) è affidata ad altre norme, in particolare alla legge n. 40 del 2004, e non può trovare posto in questo disegno di legge perché se non siamo ipocriti, anche nei suoi aspetti più controversi, come è appunto la gravidanza per altri, riguarda sia le coppie omosessuali che le troppe eterosessuali. Anzi, a ben vedere, la gravidanza per altri riguarda molto di più queste seconde, che vi fanno ricorso nel 95 per cento dei casi, mentre non riguarda per niente le coppie omosessuali formate da donne, di cui il dibattito – un po’ maschilista – che ha avuto luogo in quest’Aula tende sistematicamente a dimenticarsi.

Il disegno di legge in discussione parla di unione tra persone omosessuali e il primo tema su cui voglio interrogarmi è perché e in che modo questa unione si dovrebbe differenziare da quella che riguarda le persone eterosessuali e che chiamiamo matrimonio. L’omosessualità non è né una scelta più o meno criminale, né una patologia. Come ci ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità nel 1990, con qualche ritardo, ma comunque ben 26 anni fa, l’omosessualità è una variante naturale del comportamento umano. Esistono quindi persone (gli omosessuali) che per natura sono attratti anche sessualmente da persone dello stesso sesso. Poiché l’orientamento sessuale, omo o etero che sia, è un dato che dipende dalla natura e quindi non è una scelta, non dovrebbe neppure essere considerato una colpa o un errore, ancorché oggettivo. Eppure nel mondo sono più di 80 i Paesi in cui gli omosessuali sono costretti a nascondere la loro natura, perché i comportamenti omosessuali sono considerati illegali, sono puniti con carcere, pene corporali come le frustate, quando non con la morte, come ancora avviene in ben sette Paesi. In altri Paesi l’omosessualità non è illegale, ma permangono discriminazioni di legge nei confronti delle persone e in ragione del loro orientamento sessuale: il mancato riconoscimento giuridico alle coppie di persone omosessuali nel nostro Paese è un esempio di questa discriminazione. Tuttavia, anche una legge che prevedesse un accesso differenziato ad aspetti fondamentali dell’esistenza, come il diritto all’amore e la sua tutela, e richiedesse doveri di reciproca solidarietà diversi rispetto a quelli che si chiedono a coppie eterosessuali, non eliminerebbe questa discriminazione. A mio avviso, volere questa discriminazione non è un’opzione morale, a meno che non si ritenga che l’omosessualità sia un comportamento contro la morale, come – lo sappiamo bene – qualcuno nella storia anche recente ha ritenuto, ma è la negazione di un diritto umano.

Per le ragioni che ho richiamato, io sono favorevole al matrimonio ugualitario e accetto con sofferenza la mediazione che il disegno di legge in discussione rappresenta; mediazione che comporta per le coppie omosessuali il riferimento, non al matrimonio, ma alle formazioni sociali specifiche, un’estenuante puntualizzazione e riscrittura che, fatti salvi diritti e doveri, espunge i riferimenti al codice civile per dare ulteriore certezza che le unioni civili e i matrimoni siano istituti diversi. La vessatoria esclusione delle unioni civili dà eguaglianza sostanziale su temi importanti, come il cognome e la separazione.

Accetto questa mediazione perché capisco che nel contesto dato è necessaria affinché si proceda a sanare la ferita, ormai indifferibile, del mancato riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali che da troppi anni attendono una risposta da questo Parlamento.

Cosa viene portato a sostegno di queste differenziazioni? La retorica della famiglia concepita non come la sede delle relazioni di reciproco amore e sostegno, ma come un modello unico escludente: la famiglia tradizionale composta da una coppia etero, coniugata, con figli. Eppure, come ci dice il rapporto annuale 2014 dell’ISTAT, questa famiglia tradizionale rappresenta meno di un terzo del totale delle famiglie e poco più della metà dei nuclei familiari, cioè dalle famiglie in cui c’è una relazione di coppia o del tipo genitore-figlio.

Tra le coppie eterosessuali, 5 milioni, ovvero il 37 per cento, sono senza figli, e noi escludiamo dal matrimonio gli omosessuali perché non possono procreare? Parliamo allora dei figli degli omosessuali. In questo campo le mediazioni non sono possibili perché quello che viene negato è la possibilità stessa di omogenitorialità. Si dice che un bimbo deve avere una mamma e un papà, anche in questo caso ignorando che, secondo i dati ISTAT 2015, nel 23 per cento delle famiglie italiane con figli c’è un solo genitore; e siccome, per definizione, in una coppia omosessuale non è possibile ci siano una mamma e un papà, ne deriva che agli omosessuali non si deve permettere di avere figli. Per questo, e solo per questo, non si vuole riconoscere agli omosessuali la possibilità di adottare figli di terzi, che sarebbe la soluzione anche per contrastare quello che viene chiamato utero in affitto. Non si crede alla possibilità di due omosessuali di essere due bravi genitori e non si vuole, quindi, che in nessun caso al mondo questo sia reso loro possibile, neppure nel più banale, e cioè quando il figlio esiste ed è figlio biologico di uno dei due: l’unico caso contemplato da questo disegno di legge.

Un disegno di legge che – è bene sottolinearlo – con riferimento al riconoscimento dei figli, non introduce alcuna disciplina speciale per le coppie omosessuali. Nessuna disciplina, cioè, che già non si applichi anche alle coppie eterosessuali, e segnatamente, all’interno di queste, a quelle che non sono in grado di generare, così come non lo sono le coppie omosessuali.

Dicevo che si ritiene che gli omosessuali non debbano avere figli, ma, siccome, in modo particolare alle donne, non si può impedire di averne – a meno di non ricorrere alla sterilizzazione – i bimbi figli di omosessuali ci sono e ci saranno. E allora qui davvero faccio appello alla coscienza, oltre che ai diritti dei minori, su cui tanti altri interventi che mi hanno preceduto si sono giustamente soffermati, e chiedo alla mia e alla vostra coscienza: per questi bimbi è meglio avere un genitore solo o due? È meglio avere un genitore temporaneo, in affitto, o un genitore che si assuma una piena responsabilità nei loro confronti? La mia coscienza non mi lascia dubbi. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Taverna).