Signora Presidente, colleghi, dobbiamo compiere l’ultimo miglio. Siamo a pochi passi dal lavoro che il Senato è chiamato a compiere nel merito degli emendamenti e siamo in condizione di scrivere una bella pagina di storia, consapevoli che anche i diritti civili sono una risorsa preziosa che contribuisce a far grande il nostro Paese, e finalmente di recuperare lo storico ritardo che abbiamo accumulato su questo tema rispetto ad altri Paesi avanzati in ambito europeo e internazionale; un ritardo che ha delegato la tutela dei diritti di coppia delle persone dello stesso sesso ai giudici, sia in sede europea, sia in sede nazionale; un ritardo che i nostri giovani, nel tempo della globalizzazione, non comprendono, perché vorrebbero vivere in un Paese aperto, accogliente, che non si chiude e che non ha paura del cambiamento.

Il Parlamento, per fare quest’ultimo miglio, non ha bisogno del voto segreto. Il voto segreto rischia di diventare un espediente per coprire altre manovre, altri giochi, che non hanno niente a che spartire con il merito delle questioni che stiamo discutendo qui e nel Paese, alla luce del sole, con il contributo di tutti, senza steccati, senza pregiudizi e senza conflitti inutili, che spesso non sono in grado di dar conto delle proprie ragioni.

Penso che gli emendamenti che abbiamo offerto e offriremo alla valutazione dell’Assemblea siano in condizione di migliorare il testo della senatrice Cirinnà; un testo che è già il frutto di un dialogo continuo, di un’apertura, di un ascolto che si è realizzato nella società, nella politica, tra i Gruppi parlamentari e tra i singoli senatori.

Ecco perché, colleghi, proponiamo di compiere questo ultimo miglio in modo trasparente, ascoltandoci ancora, utilizzando il dialogo fino all’ultimo secondo e facendo in modo che l’Assemblea possa migliorare il testo Cirinnà e possa scrivere insieme una bella pagina di storia.

Colleghi, dico subito che da cattolico non mi convince la riproposizione della vecchia e superata contrapposizione tra laici e cattolici. Le unioni civili, come è nel testo Cirinnà, si pongono oltre questo sterile conflitto. Naturalmente, ne presentano un altro più moderno e comprensibile: tra quelli che hanno un approccio un po’ più conservatore e quelli che hanno un approccio un po’ più progressista.

Mi preme sottolineare, naturalmente, che ogni parlamentare è portatore di idee e motivazioni che non possono essere del tutto lasciate fuori dalle decisioni, dal voto, soprattutto quando sono in gioco questioni così particolari e sensibili, come le unioni civili e l’adozione dei figli della stessa coppia; ma in un confronto virtuoso e produttivo deve prevalere la responsabilità al bene comune del Paese, al fine di trovare soluzioni normative che definiscono un campo di regole a chi ha deciso di vivere un’unione stabile e impegnativa.

Mutuando il pensiero di Max Weber, sappiamo che in ognuno di noi convivono l’etica della convinzione e l’etica della responsabilità. L’etica della convinzione, fatta di principi, ideologie, riferimenti religiosi, concezioni filosofiche, risiede nel cuore e nella cultura della persona, ma nel parlamentare alla fine deve sempre prevalere l’etica della responsabilità.

Dico sempre per paradosso; anche se alcuni deputati, secondo la propria etica della convinzione, non condividono il fatto che si può essere coppia tra persone dello stesso sesso, l’etica della responsabilità chiede anche a loro il compito di fornire a tali coppie una cornice giuridica di riferimento, cioè disegnare un quadro di diritti e doveri dentro cui questa coppia può vivere la propria vita. Secondo l’etica della convinzione si può anche negare legittimità giuridica alla coppia tra persone dello stesso sesso, ma secondo l’etica della responsabilità è giusto e doveroso regolare il fenomeno e non lasciarlo in un contesto di marginalità, disordine o addirittura – come ci rimprovera tutto il diritto comunitario – di discriminazione secondo l’orientamento sessuale. Insomma, l’etica della responsabilità aiuta a dare un orientamento sui propri compiti a chi vuole essere classe dirigente e accompagna le democrazie a fare un bel salto di qualità, quando nei Parlamenti bisogna prendere decisioni complesse, che dividono per le convinzioni morali e religiose, che giustamente ognuno di noi possiede, difende e promuove.

Esiste una parte della società italiana che vuole vivere alla luce del sole la propria condizione di coppia omosessuale, e assumersi tutte le responsabilità che ciò comporta. I trattati, la Costituzione europea, la Costituzione italiana, le numerose sentenze dei tribunali ci dicono che non è ormai più possibile discriminare le persone – come dicevo – secondo il loro orientamento sessuale. Di fronte a questa istanza presente, matura e condivisa nella società, cosa deve fare un parlamentare? Di fronte alla giurisprudenza dei magistrati, che avanza e si impone nella vita quotidiana dei cittadini, come deve comportarsi il legislatore? Voltare le spalle, chiudere gli occhi, scatenare un vetusto conflitto ideologico? No, sarebbe un tragico errore. Non è possibile lasciare scadere il dibattito verso tale condizione. Bisogna, in sostanza, comprendere che fornire regole è un compito a cui il Parlamento non può sottrarsi. Ma, attenzione, provo anch’io a ragionare intorno alle unioni civili secondo l’etica della convinzione e non deve apparirvi in contraddizione con quanto ho detto. So che è un rischio, so che le criticità aumentano e che si può facilmente uscire fuori strada e scatenare conflitti a somma zero, ma voglio provarci lo stesso. Anche da questo punto di vista, nonostante comprenda rilievi e perplessità, non trovo validi motivi per dire no alle unioni civili e alla stessa stepchild adoption.

Negli anni Sessanta e Settanta le coppie omosessuali venivano discriminate più di oggi e reagivano mettendo in discussione, frontalmente, l’istituto della famiglia. Ritenevano che l’affermazione dei loro legittimi diritti si ponesse in contrapposizione con questa importante e insostituibile cellula della società. Oggi, grazio a Dio – mi permetto di aggiungere – non è più così. Le persone dello stesso sesso chiedono allo Stato di poter essere riconosciute come famiglia, senza sovvertirne regole e responsabilità. Insomma, c’è una domanda di non discriminazione, di uguaglianza e di pieno riconoscimento del ruolo della famiglia. Non è un segno dei tempi? Non è una evoluzione positiva da guardare e da accogliere con interesse? Non è un’apertura su cui esercitare – diremmo in termini religiosi – un sano discernimento?

Sbatterela porta in faccia a questa nuova realtà è un tragico errore. Oggi è maturo il tempo affinché la spinta progressista sia sostenuta per consentire, ad esempio, ai cittadini omosessuali di non avvertire ostilità o emarginazione quando vivono la loro condizione di coppia. La società nel difficile cambiamento nel tempo della secolarizzazione trasuda di domanda di famiglia. Questa bella espressione è contenuta nella sentenza della Corte suprema americana, dove emerge che non è vero che l’avanzata di nuove forme di famiglia è una pietra di inciampo, un attentato alla famiglia tradizionale. Famiglie tradizionali e nuove famiglie possono stare insieme; possono darsi la mano e combattere insieme le battaglie che devono affrontare per essere pienamente riconosciute nei loro diritti sociali, spesso negati, su cui abbiamo una difficoltà a dare risposte corali e sistemiche (Applausi dal Gruppo PD). Ecco perché contrapporre famiglie tradizionali a nuove forme di famiglia e alle famiglie arcobaleno è un errore tragico. Ecco perché nella società dobbiamo proporre una sintesi, un collegamento e forme nuove di solidarietà. Nelle proposte che ho sentito, anche in quelle che si sono opposte, questo punto c’è e può essere un punto di unità da raccogliere, elaborare e proporre insieme al Parlamento nella valutazione degli emendamenti e nella società per continuare quel dibattito che è bene che ci sia nella società italiana e che continuerà nei prossimi mesi.

Cari colleghi, in sostanza l’unione civile può essere un’opportunità in più per la stessa famiglia. Ecco perché penso che anche con questo sguardo possiamo dare una lettura alla stessa stepchild adoption. Chi si mette dal punto di vista dell’interesse preminente del bambino e chi si mette dal punto di vista dell’interesse della famiglia ad avere un ruolo genitoriale più responsabile con più doveri, che corrispondono a più diritti per i diritti, alla fine studiando bene, confrontandosi senza pregiudizio e steccati, scoprirà che la stessa è la migliore soluzione; è quella che più si accosta all’incontro tra più diritti dei bambini e più doveri dei genitori. È una soluzione che può tenere insieme etica della responsabilità di un Parlamento, che deve anche su questo punto di vista dare un segnale, e le convinzioni personali di ognuno di noi che, intorno all’interesse preminente dei bambini, trova unità e accoglienza in tutto il Parlamento. Queste sono, insomma, ore importanti.

Ringrazio la senatrice Cirinnà perché con la sua caparbietà e determinazione ci ha consentito tutti insieme oggi di essere qui e di confrontarci pienamente e liberamente. Ringrazio anche quelli che si sono opposti, quelli che hanno avanzato dubbi o altre soluzioni perché hanno costretto a me e ad altri insieme a me – in questo caso ringrazio i componenti della Commissione giustizia del PD e degli altri Gruppi che per ore e ore in settanta sedute hanno discusso continuamente, anche in regime di ostruzionismo, il testo – a non perdere di vista il merito. La nostra responsabilità è il compito che abbiamo. Ringrazio anche chi nella Commissione affari costituzionali ci ha aiutato a superare tutti gli ostacoli e i limiti, come ha fatto la nostra Capogruppo.

Presidente, è una bella pagina di storia. Siamo pronti per scriverla; la scriveremo insieme e le unioni civili diventeranno, insieme alla stepchild adoption, norme del nostro ordinamento e anche risorse del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD).


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