Caro segretario Guglielmo Epifani, il messaggio inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica chiama tutte le forze politiche a una responsabilità assai impegnativa.
Che consiste nel determinare, nelle forme più opportune, una soluzione alla gravissima violazione dei diritti umani che si consuma quotidianamente nelle carceri italiane, affollate fino all`inverosimile di vite mortificate e di corpi accatastati. Le cause di questa situazione risalgono all`uso, potremmo dire, compulsivo della giustizia penale e della reclusione in cella nei confronti di fasce sempre più ampie di emarginazione sociale e di precarietà esistenziale. Tossicomani e stranieri, senza casa e sofferenti psichici, rom e persone precipitate nella scala sociale, non stanno lì per caso. Ma per scelte precise di politica e di politica criminale, che talvolta hanno nome e cognome scritti nelle leggi, tal altra no, ma sempre hanno a che fare con quel travaso di responsabilità e di risorse dal sociale al penale che si è realizzato negli ultimi due decenni.
Oggi il carcere è, come mai in passato, uno strumento di sperequazione iniqua e un vero e proprio sistema classista, che ha assunto progressivamente alcune delle funzioni sottratte ai meccanismi di protezione sociale dalla crisi del welfare. Il mutamento di questo stato di cose è uno tra i compiti più significativi che possiamo assegnare a un nuovo governo di centro-sinistra, quando vi saranno le condizioni per formarlo; e, vorrei dire, a un partito democratico come soggetto autonomo, titolare di una propria identità e di un proprio sistema di valori. I giornali parlano di «freddezza del Pd» verso amnistia e indulto, e me ne stupisco: non dovrebbe essere proprio questo un tema capace di «scaldare» idee e passioni e di coniugare equità sociale e tutela dei diritti?
Oggi, intanto, ci tocca rispondere all`appello di Giorgio Napolitano. Un appello complesso, e tuttavia puntualmente circoscritto. Non devo certo spiegarlo a te, caro segretario, ma il Presidente non dice semplicemente «amnistia e indulto». Dice: «si faccia tutto il possibile», a partire dalle riforme legislative e amministrative in corso di definizione. Ma Napolitano sa che quelle riforme, nell`attuale equilibrio politico, non saranno sufficienti per ridurre nei tempi necessari il sovraffollamento e la perdurante umiliazione della dignità umana che si consuma nelle carceri. E allora dice: amnistia e indulto, ma non senza circoscriverne entità e dimensioni. Un indulto di tre anni risolverebbe il sovraffollamento penitenziario, un`amnistia corrispondente alleggerirebbe gli uffici giudiziari da un carico di procedimenti destinati comunque a estinguersi senza conseguenze sanzionatorie. Sulla base di queste indicazioni, è possibile adottare misure di amnistia e indulto che rispondano alla «prepotente urgenza» di cui parlava Napolitano già oltre due anni fa, nel corso di un convegno promosso dai Radicali. Le proposte di legge di cui siamo primi firmatari Sandro Gozi alla Camera e il sottoscritto al Senato quantificano l`indulto in uno sconto di pena di tre anni e delimitano l`amnistia ai reati punibili nel massimo fino a quattro anni di reclusione. Non vi rientrerebbero, quindi, i reati gravi, quelli violenti contro la persona così come quelli contro la cosa e l`interesse pubblico, come la frode fiscale. Infine, sia io che Gozi, anche in ragione della distanza relativamente breve dall`ultimo indulto, escludiamo espressamente che un nuovo sconto possa applicarsi per le medesime pene già parzialmente condonate nel 2006. Tutto ciò, come vedi, sulla base di elementari principi di giustizia ci consentirebbe di rispondere positivamente all`appello del Presidente della Repubblica; senza che ciò possa alimentare in alcun modo il sospetto che quei provvedimenti siano piegati strumentalmente al calcolo privato di chicchessia. Infine, ma non per ultimo, qualche parola merita anche la legittima preoccupazione che c`è in tanta parte del nostro elettorato sulla ineffettività della pena e il rischio di recidiva. Ero sottosegretario al ministero della Giustizia in occasione dell`indulto del 2006 e so che si può fare di più e meglio per l`accoglienza e il reinserimento dei detenuti scarcerati, ma proprio a partire da quel luglio, ho avviato un monitoraggio della misura di clemenza che oggi ci offre risultati assai importanti. Quell`uscita anticipata ha ridotto della metà (esattamente della metà) il rischio della recidiva rispetto agli ordinari percorsi post-penitenziari: gran parte dei detenuti di allora ha ricambiato la fiducia che gli è stata accordata con un, certo difficile, processo di integrazione nella società. Non è anche questo, caro segretario, un buon risultato «di sinistra»?

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