Due settimane fa, nel respingere l`attacco politico al governo con la bocciatura della mozione di sfiducia nei confronti del ministro Bonafede, siamo stati chiari: sulla giustizia bisogna riattivare la strada delle riforme, che segni una netta discontinuità con il governo giallo-verde. Ora più che mai, in un`epoca attraversata da populismi e sovranismi, la giustizia resta il punto più alto dell`equilibrio costituzionale nella separazione dei poteri e conseguentemente l`aspetto cruciale della tutela delle libertà di tutti.
In questo quadro di riferimento si misurerà una vera cultura delle garanzie ed è fuori asse dibattere ancora dell`anacronistica contrapposizione tra giustizialismo e garantismo. Dobbiamo lasciarci alle spalle un dibattito sulla giustizia che negli ultimi trent`anni è stato lo specchio del deterioramento del confronto politico-istituzionale e della funzione stessa della politica. Oggi il rischio è l`accentramento del potere e dell`omologazione al più forte, l`esatta negazione della politica. Qualsiasi soluzione non può prescindere dal necessario riferimento all`equilibrio tra i poteri dello Stato così come sancito dalla nostra Costituzione.
Il dibattito sulla giustizia si è riacceso in un momento difficile per le nostre istituzioni. Non si può negare che le recenti vicende portate alla luce dal caso Palamara impongano senza indugi la riforma del Csm; non c`è tempo da perdere perché è in gioco la credibilità della magistratura. Dopo il colpo subito non si può restare senza una risposta decisa e tempestiva delle istituzioni e, come ha affermato il Presidente della Repubblica Mattarella, questo intervento spetta alla politica e al Parlamento. Non illudiamoci però che la sola riforma del Csm risolva la questione, «tocca alla magistratura rifondare un patto etico e culturale nell`associazionismo giudiziario e nell`autogoverno», come ha scritto Ezia Maccora. Tornando alla riforma non si tratta solamente di modificare il modello elettorale; sono diversi infatti i nodi da affrontare: nomine dirigenziali degli uffici giudiziari rigorosamente motivate, con l`inserimento nella valutazione di criteri oggettivi che limitino la discrezionalità; valorizzazione del ruolo dei consigli giudiziari rafforzando il peso dell`avvocatura per la formazione dei pareri da inviare al Csm, velocizzandone l`iter; separazione della funzione disciplinare da quella delle nomine. Sul metodo elettorale nessun sorteggio: non può essere il caso lo strumento di accesso al Csm. Eliminare la rappresentanza non è una soluzione, così come non lo è “abolire” le correnti; è la loro degenerazione che ha compromesso il pluralismo delle idee, necessario all`elaborazione di proposte sulla politica giudiziaria. La nostra proposta è sostituire il collegio nazionale con collegi più piccoli per riavvicinare la rappresentanza agli elettori; doppio turno per evitare localismit garanzia di parità di genere. Infine no alla preclusione per i parlamentari quali membri laici del Csm: vanno contrastati i rapporti impropri tra politica e attività del Consiglio, non la legittimità di chi ha ricoperto cariche politiche. L`urgenza della riforma del Csm non può in ogni caso oscurare la necessità di alcuni interventi prioritari come la riforma del processo penale e di quello civile, così come quella dell`ordinamento penitenziario. Cultura delle garanzie significa tempi ragionevoli, non l`annichilimento del processo, messo a rischio dagli opposti della prescrizione breve (di berlusconiana memoria) e della prescrizione mai. La prescrizione non è il modo di affrontare i tempi del processo. Servono misure deflattive, diverse risposte per le differenti domande di giustizia, completare l`informatizzazione dei servizi. Cultura delle garanzie è celebrare il processo nelle aule e non nella gogna mediatica.
Dobbiamo proseguire sulla riforma del processo civile iniziata nella scorsa legislatura e anche in questo caso la priorità è di nuovo quella dei tempi: per renderla utile davvero a tutti i cittadini senza distinzione di censo e per diventare un supporto al sistema economico del Paese. Poi riprendere senza tentennamenti la riforma Orlando dell`ordinamento penitenziario, contrastando con coraggio la propaganda del “devono marcire in galera”. Quella riforma attingeva a un patrimonio di proposte elaborate dagli Stati Generali sull`esecuzione penale che aveva coinvolto le migliori competenze del settore.
Il complesso di questi interventi ha come fondamento la tutela dei diritti nello stato di diritto. La cultura delle garanzie, radicata nei principi della nostra Costituzione e cifra delle democrazie liberali, è inconciliabile con nuovi e vecchi autoritarismi e si scontra frontalmente con la teorizzazione sovranista che inizia a vedere alcune applicazioni in Europa e non solo. La legittimazione e la credibilità delle democrazie liberali non passa per l`agitazione dei problemi o lo stantio tentativo di mantenimento dello status quo, ma vive nella capacità di intervento in settori nevralgici come la giustizia, con il tempismo necessario in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo.


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