‘Posticiparlo di sei mesi dopo la perdita del lavoro è un errore da correggere’
Professor Ichino, come giudica
gli ultimi decreti del Joh s
Act? Sul suo blog non ha lesinato
critiche…

«Nel complesso, sono soddisfatto
di quello sul riordino dei contratti
che è entrato in vigore due settimane
fa come decreto numero 81.
Contiene alcune novità davvero
molto positive, sia in materia di collaborazioni
continuative autonome,
sia in materia di mutamento di
mansioni, di lavoro a tempo parziale,
di staff leasing – la somministrazione
a tempo indeterminato – e di
apprendistato».

E dei quattro schemi di decreto
ancora all`esame del Parlamento
cosa dice?

«Qui il discorso è più articolato.
Do un giudizio molto positivo sul
decreto in materia di Cassa integrazione,
sul quale sono relatore in Senato:
richiede alcune messe a punto,
ma complessivamente è un intervento
di riordino notevole. Si volta
davvero pagina rispetto all`abuso
della Cig per mascherare situazioni
di effettiva disoccupazione».
Parliamo di servizi per l`impiego:
ha senso costruire un sistema
che si basi in via esclusiva sui centri
pubblici?
 
«Lo schema di decreto, che pure
ha diversi difetti, non mira a questo:
il coinvolgimento delle agenzie
private, secondo quanto previsto
nella legge-delega, c`è in pieno. Ed
è una svolta di grande importanza.
C`è anche il principio della remunerazione
dei loro servizi prevalentemente
a risultato. Il presupposto
per una forte riqualificazione della
spesa pubblica in questo settore».
Cosa pensa dell`Agenzia nazionale?
 «Può essere lo strumento giusto
per far funzionare meglio la macchina dei servizi per l`impiego, a
condizione che nel decreto venga
sfrondata la parte di definizione rigida
dell`organigramma e si chiariscano
meglio le sue funzioni, in rapporto
a quelle delle Regioni».
Cioè?
 «All`Agenzia dev`essere assegnato
il compito di stabilire i livelli essenziali
delle prestazioni e gli obiettivi
minimi specifici, misurabili e oggettivamente
verificabili, che i servizi
regionali devono raggiungere. Oltre
al compito di controllare il rispetto
dei livelli essenziali e il conseguimento
degli obiettivi minimi. Infine
il compito di surrogarsi nello
svolgimento della funzione alle Regioni
inadempienti».
Ma visto com`è stata disegnata
può funzionare?


«Funzionare, alla bell`e meglio,
forse sì. Ma perché produca i risultati
attesi serve un testo in cui pesi
molto meno la vecchia impostazione
burocratica e sia predominante
una parte che ora non c`è: quella
relativa alla responsabilità per il
conseguimento dei risultati. Poi occorre
parecchia chiarezza in più
nel rapporto Agenzia e Regioni e
sui compiti di queste ultime…».
In che senso?
«Le Regioni si sono già viste assegnare
la titolarità dei Centri per l`impiego,
ma senza il corrispondente
trasferimento delle risorse necessarie
per farli funzionare».
Parliamo del contratto di ricollocazione.
Come mai nello
schema di decreto non c`è?

 «All`articolo 23 viene disciplinato
l`assegno di ricollocazione. Il
cambio di nome del nuovo istituto
non è privo di significato: il contratto
di ricollocazione ha molti nemici.
E non è soltanto una questione
nominalistica. Il termine contratto
o accordo, che compare nella legge
delega, corrisponde a un elemento
essenziale dell`esperienza olandese a cui il legislatore italiano si è ispirato:
la negoziazione tra la persona
interessata e l`operatore specializzato
sul contenuto concreto degli impegni
reciproci…».
 Di cosa parliamo?
 «Di estendere l`impegno del disoccupato
ad attivarsi nella ricerca
della nuova occupazione e ampliare
l`area geografica e professionale
entro la quale gli è chiesta la disponibilità
ad accettare una nuova occupazione».

Da quel che si dice la struttura
ministeriale vede con diffidenza
questa negoziazione. Come
mai?

«Perché esce completamente dagli
schemi di un servizio svolto in
modo burocratico. Ma la diffidenza
si manifesta soprattutto da parte di
alcuni ambienti sindacali, perché
questa negoziazione è funzionale a
una nuova condizionalità del sostegno
del reddito al disoccupato: una
condizionalità non solo teorica».
Non la seguo…
«Se l`agenzia è troppo indulgente
nel pretendere dal disoccupato
la disponibilità necessaria, rischia
di non riuscire a ricollocarlo, perdendo
così il compenso. Se invece
è troppo esigente e severa, non viene
scelta dagli interessati. Ora si
vuol realizzare la determinazione
automatica di un contenuto concreto
della condizionalità, congruo
rispetto alle condizioni del mercato
del lavoro nella zona, quindi equo.
È il contrario esatto del modo burocratico
di svolgere questa funzione
delicata e difficile di assistenza intensiva
nel mercato del lavoro».
Che senso ha fermare per sei
mesi i disoccupati, come stabilisce
lo schema di decreto, prima
che possa scattare l`assegno di ricollocazione?

«Qui vedo non uno, ma due errori,
entrambi gravi. Il primo è quello
che lei indica: non si deve attende-
re che l`interessato diventi un disoccupato
di lunga durata prima di attivare
l`assistenza necessaria per la
rioccupazione. Bisogna intervenire
molto prima. In Germania, dove
stanno sperimentando il metodo
olandese, il voucher per la ricollocazione
viene erogato a chi non è riuscito
a rioccuparsi entro tre mesi
dal licenziamento. In Olanda sono
più flessibili: è il job aduisor a decidere
quando è opportuno invitare
l`interessato a rivolgersi a un`agenzia
tra quelle accreditate, valutate
tutte le circostanze».
E il secondo errore?
«Inserire nella platea degli aventi
diritto al voucher anche lo stock dei

disoccupati attuali con più di sei
mesi di inattività. Il risultato sarà
quasi certamente di soffocare nella
culla il neonato, cioè il contratto di
ricollocazione: né la rete dei Centri
per l`impiego né le agenzie private
sono in grado oggi di soddisfare subito
la richiesta di tutti questi soggetti,
attivando centinaia di migliaia di
contratti di ricollocazione dall`oggi
al domani. Si tratta di un meccanismo
sofisticato, da mettere a punto
attraverso un primo periodo di sperimentazione
su numeri piccoli,
per poi allargarlo gradualmente».
 Quale sarebbe allora la scelta
giusta?

«Riservarne il diritto soltanto agli

ex-titolari di contratto a tutele crescenti,
a seguito del licenziamento:
si partirebbe così con numeri piccoli,
destinati a crescere gradualmente.
Libere, ovviamente, le Regioni,
in questa fase iniziale, di ampliare
la sperimentazione in modo mirato,
sulla base delle risorse disponibili».

Ma così i vecchi disoccupati,
non sarebbero discriminati?

«Qualsiasi riforma seria richiede
una fase di sperimentazione, per
forza limitata, nella quale l`obiettivo
dev`essere quello di acquisire e
affinare il più rapidamente possibile
il know-how necessario. La parità
di trattamento degli interessati si
può avere solo quando la riforma è
a regime».


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