Intervento al 6° Italian Barometer Diabetes Forum – Villa Mondragone – Monte Porzio Catone (Roma) – 10/11 giugno 2013
 Ringrazio l’Italian Barometer Diabetes Observatory per aver invitato al 6° Forum Italiano la 12ª Commissione Permanente del Senato. Il diabete è diventato rapidamente una delle malattie più preoccupanti d’Europa. Nel 2010, 54,4 milioni i soggetti diagnosticati. Si prevede che entro il 2030 saranno più di 66 milioni, oltre la metà dei quali saranno ultra sessantacinquenni. Se non si interviene immediatamente attivando tutte le sinergie possibili l’effetto sui pazienti e sui servizi sanitari nazionali saranno catastrofici. Dal modo in cui si riuscirà ad affrontare il diabete nelle sue complesse problematiche mediche, psicologiche e sociologiche dipenderà in modo determinante la qualità della vita di chi si trova a combattere con questa patologia. Occorre dunque costruire una rete di protezione ed attivare tutte le sinergie possibili, a tutti i livelli per garantire la migliore qualità di cura ai pazienti colpiti dal diabete. Cominciamo dalle Istituzioni. La cosa più importante che possono, o meglio devono fare è CONOSCERE il diabete ed il modo migliore per conoscerlo è ASCOLTARE la voce di chi il diabete lo conosce, ovvero dei medici specialisti, delle associazioni e dei pazienti. In Senato qualcosa di importante è stato fatto. Nella scorsa legislatura abbiamo concluso un’indagine conoscitiva sulla patologia diabetica in rapporto al Servizio Sanitario Nazionale, che ci ha visto impegnati per ben 11 sedute, durante le quali abbiamo audito circa 70 persone e abbiamo raccolto consistenti contributi da parte di Istituzioni, Centri di ricerca in campo medico ed economico, Associazioni scientifiche, imprenditoriali e di volontariato. Da questa indagine erano emerse tante criticità e tante necessità che voi conoscete sicuramente meglio di me, come la necessità di un piano Nazionale sul diabete – che finalmente è legge -, di un registro nazionale e di registri regionali, la necessità di ampliare i livelli essenziali di assistenza e di arrivare ad una maggiore equità, perchè è insopportabile e direi immorale il disallineamento che esiste nel nostro paese tra le diverse realtà di cura operative nei vari territori, alle volte anche all’interno delle regioni stesse, dove carenze e precarietà del personale impediscono la costruzione di una rete di servizi efficiente ed un’adeguata assistenza. Il documento conclusivo che raccoglie non solo gli obiettivi dell’indagine ma anche le proposte legislative e governative che ne dovrebbero conseguire, sono state pubblicate e presentate il 6 novembre scorso durante la II Conferenza nazionale sul diabete. Le Istituzioni devono facilitare, incentivare e sostenere la ricerca. Purtroppo i vincoli effettivi di bilancio, le spending review non consentono allo Stato di poter disporre di risorse sufficienti per tutto quello che ci sarebbe da fare per il diabete e quindi le iniziative legislative che vengono messe in atto devono essere il più pertinenti possibili con le effettive problematiche, per consentire da un lato la salvaguardia della salute del gran numero di pazienti diabetici, circa 3 milioni già diagnosticati, a cui si aggiungono 1 milione di persone che non ha la consapevolezza della patologia e dall’altra una razionalizzazione della spesa sanitaria che la situazione di crisi economica ci impone. In sostanza, se i vincoli imposti dalla spending review ci consentono di avere poche risorse a disposizione, dobbiamo fare in modo che queste risorse siano utilizzate al meglio, e per farlo è indispensabile conoscere il diabete. Se non partiamo da questo punto, rischiamo di spendere male anche le poche risorse disponibili. E’ fondamentale il coinvolgimento della scuola. Si dovrebbe lavorare sul mondo della scuola, a partire dalla materna, per estendere i modelli di Toscana ed Emilia Romagna che con le loro recenti delibere hanno indicato il percorso da seguire per l’inserimento scolastico dei bimbi/ragazzi con diabete 1 nonché sulla somministrazione dei farmaci in orario scolastico. In Toscana, infatti, oltre ad aver messo in campo i day hospital ambulatoriali, le attività formative residenziali, l’assistenza domiciliare ed extramurale, è stato approvato un accordo con l’Ufficio scolastico regionale per favorire l’inserimento del bambino con diabete in ambito scolastico affinchè possa partecipare a tutte le iniziative, tenendo sempre presenti, naturalmente, tutte le precauzioni necessarie. Si dovrebbe lavorare sul mondo della scuola anche relativamente ai servizi di mensa, in quanto è vero che un diabetico può mangiare di tutto, ma è sempre più spesso segnalata la difficoltà di genitori che assistono alle mense scolastiche dove viene servito un menù poco vario, poco bilanciato e spesso con dosi eccessive. Se poi il bambino è anche celiaco (il 7% dei bambini diabetici è anche celiaco) allora per una famiglia diventa una quotidiana battaglia. Per quanto riguarda il diabete di tipo 1 cosa può fare l’economia. Bisogna necessariamente far evolvere il concetto di “costo della Sanità”. Ad oggi anche lo Stato sta ragionando come le imprese, ovvero con obiettivi di breve termine. Ma solo avendo la consapevolezza di ciò di cui si sta parlando, si sa che un diabete curato male oggi è l’innesco di una bomba ad orologeria che esploderà in futuro, quando le complicanze a lungo termine costringeranno i pazienti a maggiori test di diagnostica e a maggiori ricoveri ospedalieri, con conseguente crescita esponenziale di quei costi che con gli interventi del presente si credeva di aver tagliato. Almeno lo Stato dovrebbe cercare di superare quel concetto di obiettivi di breve periodo che purtroppo sta caratterizzando un sistema economico in grave difficoltà. Cosa può fare l’Europa. Poiché uno dei problemi principali in Italia, ma penso anche per gli altri paesi, per la cura e la prevenzione del diabete, (che colpisce circa l’8% della popolazione), è la mancanza di informazione e di educazione, occorre una strategia a livello europeo mirata alla prevenzione, alla diagnosi, all’informazione e alla ricerca. Gli stati membri dovrebbero impegnarsi a diffondere tutte le conoscenze che possono facilitare il contrasto a questa patologia, a partire da un’adeguata educazione alimentare, all’esercizio fisico, ad un corretto stile di vita. Un’alimentazione corretta non è solo necessaria per una persona con diabete, ma costituisce la base della salute di ogni singolo individuo, quindi, investire su una cultura della sana alimentazione significa aver esponenziali ritorni, in termini di maggior salute futura e minor spesa per farmaci e per ricoveri ospedalieri. Gli stati membri dovrebbero incentivare, coordinare e finanziare la ricerca scientifica per una cura definitiva del diabete, impegnare di più le industrie farmaceutiche. Una cosa molto importante è stata fatta, sono state varate le linee guida europee per la cura e la prevenzione del diabete negli anziani, a cura del Comitato Europeo di studio sul diabete negli anziani dell’IDOP. Paziente e familiari. Ad oggi un importante strumento che abbiamo a disposizione per la salute delle persone affette da diabete è l’autocontrollo. Dobbiamo facilitarlo, non minacciarne le basi. E’ timore diffuso che la gara CONSIP minacci fortemente i fondamenti dell’autocontrollo, si pensi ad avere un’unica marca di strisce per misurare la glicemia, magari scadenti dal punto di vista qualitativo, con enormi pericoli per i pazienti che in base a quella misurazione definiscono la terapia insulinica anche con dosaggi infinitesimali (si pensi ai bambini in tenera età). Sappiamo che non esiste un’unica terapia ma che ogni tipologia di paziente ha la sua “giusta terapia” indicata dal proprio diabetologo (si pensi alle diverse esigenze di un bambino piccolo o di un adolescente). E “giusta terapia” significa anche usare glucometri diversi che si interfacciano per esempio con i microinfusori di insulina (ogni microinfusore ha un tipo di glucometro collegabile di marche diverse). Cosa possono fare le Associazioni. Continuare l’opera preziosa che hanno svolto fino ad ora, l’impagabile assistenza ai malati ed ai familiari, lo stimolo continuo alle istituzioni perchè i diritti dei malati siano rispettati. Continuare a promuovere la conoscenza del diabete nella società, nella sostanza ignorante in materia, per favorire un sereno inserimento del paziente nella società stessa: se vedo al ristorante un adolescente che si buca un dito per far uscire una goccina di sangue e poi si fa un’iniezione, non devo guardarlo morbosamente pensando che abbia una malattia infettiva o sia un drogato; se sono un allenatore di calcio, non devo aver paura di mandare in campo un ragazzo con diabete, ma devo conoscere di cosa si sta parlando. Penso allo SPOT realizzato da Diabete Italia ‘Chi ha il diabete non corre da solo’. Cercare di superare le frizioni che a volte sorgono tra le diverse associazioni, perchè non servono a niente se non a disorientare i pazienti, a vanificare l’impegno e gli sforzi svolti quotidianamente dai volontari, a screditare il lavoro di tante persone meravigliose. Ma la cosa migliore che tutti possiamo fare per il diabete, è ascoltare la voce di chi è sul campo tutti i giorni. Per questo abbiamo assolutamente bisogno di iniziative come queste per migliorare la qualità della vita dei pazienti, per realizzare sempre più importanti ed efficaci sinergie, che ci portino con l’innovazione e la prevenzione a risultati sempre più significativi e risolutivi della patologia e delle patologie derivate.