Un disegno di legge che possa colmare le lacune dell’interpretazione della legge Gelli-Bianco sulla responsabilità penale colposa dei medici, intervenire sul fenomeno conseguente della cosiddetta “medicina difensiva” con abuso di farmaci e di esami clinici, restituire serenità ad un’intera categoria e tutelare al meglio i pazienti. E’ questa la proposta che il senatore del Pd Gianni Pittella ha depositato a Palazzo Madama con le firme anche dei colleghi dem Valeria Fedeli e Francesco Giacobbe e che è stata illustrata oggi in una conferenza stampa nella Sala Nassirya alla presenza di Ester Maragò, giornalista di Quotidiano sanità, di Filippo La Torre, direttore della chirurgia d’urgenza del Policlinico Umberto I° di Roma, di Cristiano Cupelli, associato di diritto penale all’Università di Tor Vergata di Roma, di Francesco Musumeci, direttore della Cardiochirurgia e del Centro Trapianti dell’ Ospedale San Camillo di Roma e del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri.
Il disegno di legge, composto di un solo articolo, dispone che il medico non possa essere perseguito penalmente per colpa lieve se, nello svolgimento delle proprie attività, si attiene alle linee guida e alle buone pratiche clinico- assistenziali adeguate al caso concreto. Si supera in questo modo la distinzione tra le tre matrici della colpa lieve di imperizia, imprudenza e negligenza, che ha comportato l’inefficacia della legge.
“Il disegno di legge – ha spiegato Pittella – non incide sulla responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria e non intacca dunque i diritti degli assistiti. Nasce invece per contrastare la medicina difensiva, posta in atto dai medici per difendersi dall’eccessiva esposizione giudiziaria attraverso il ricorso a esami e approfondimenti che pesano sul Sistema sanitario nazionale e che possono rallentare le cure”. Nel corso della conferenza stampa sono emersi alcuni dati: sono 45 mila le cause intentate ogni anno in Italia in campo sanitario, contro le 4500 della Germania e le 2500 della Francia. Solo il 2% di questi processi, che colpiscono soprattutto chirurghi, medici di emergenza urgenza e anestetisti, si concludono con una sentenza di colpevolezza. “Occorre recuperare la fiducia medico-paziente e la dignità di un’importante professione – conclude Pittella – Nella situazione attuale nessun giovane vuole fare più il chirurgo o il medico del pronto soccorso, professioni impegnative, malpagate e a rischio giudiziario. Al contempo anche i pazienti rischiano di più, anche di non essere trattati se con un quadro clinico compromesso”.


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