«Un premier deve sempre rispettare l`opposizione, anche se Lega e Fratelli d`Italia non hanno mostrato nemmeno in queste circostanze sensibilità verso gli interessi nazionali». È solo una notazione quella di Luigi Zanda, che da politico avvezzo ad affrontare emergenze storiche fin dai tempi del terrorismo, fa osservare come la solidarietà nazionale sia «un`espressione nobile che oggi però non può essere usata. Perché è stata coniata in un tempo in cui la cultura dei partiti era molto diversa e molto più seria: la solidarietà degli anni`70 fu l`esito di un lungo processo politico, non un escamotage di corto respiro. Oggi basterebbe un senso di responsabilità, evitando la polemica continua».
Forse Conte teme che l`immagine di un governo fragile indebolisca la nostra forza persuasiva con l`Europa e se la prende con le opposizioni. Non crede?
«Certamente la fragilità ci indebolisce. Ma c`è da chiedersi anche da dove derivi. Io penso che l`Italia e il Parlamento abbiano bisogno di cultura politica e che sia il premier a dover riempire questo vuoto. Gli suggerisco di andare meno in tv e più in Parlamento, gioverebbe molto alla sua autorevolezza. Sarebbe importante se venisse prima del Consiglio europeo in Parlamento e facesse un discorso solenne, provando a indicare quale è la sua visione sul futuro e ascoltando cosa il Parlamento ha da dire».
A proposito di visione, le sembra all`altezza la squadra che ha chiamato Conte per organizzare la ripresa?
«Sapere che il premier si circonda di persone di qualità la considero una cosa molto positiva, ma deve essere lui a dare un indirizzo al paese».
C`è bisogno di qualcuno del calibro di Draghi per dare la spinta alla rinascita?
«Questo è un discorso che ha a che fare con la classe dirigente. Oggi in Italia, nei partiti e nella società civile, non c`è lo spirito del dopoguerra e nemmeno degli anni `70. Mi chiede se tutti quelli che possono debbano dare un aiuto alla casa comune? Beh, io dico di sì. Ma non tiriamo in ballo Draghi, perché una crisi di governo ora provocherebbe un danno serio all`Italia».
Certo questo esecutivo appare debole. Dove porterà lo scontro interno sul Mes?
«Il punto è la decisione dell`Eurogruppo. Io penso che il risultato sia buono e nelle condizioni date anche ottimo. Senza l`esperienza europea di Gualtieri non sarebbe stato possibile. In due settimane, l`Europa ha sospeso le regole del deficit, del debito e sugli aiuti di stato. Rimosso l`obbligo di cofinanziamento per i fondi strutturali, stanziato 100 miliardi per i lavoratori. C`è la volontà di costituire il fondo per la ricostruzione e poderosi impegni della Bei e della Bce sui titoli. Il Mes ha mantenuto il nome, ma è divenuto altra cosa, un fondo per finanziamenti della sanità, di cui l`Italia ha molto bisogno, sono 37 miliardi di cui 14 sono soldi nostri. Se servissero vanno usati: il 23 aprile, l`Italia deve dire da che parte sta, che non è quella dei sovranisti».
Le è piaciuta la proposta di una covid tax al ceto medio?
«Sono in imbarazzo, perché da un mese e mezzo sono chiuso in casa e mi si è rotta la connessione internet. Non ho letto il Ddl di Delrio: se l`obiettivo fosse quello di rendere più equa la progressività delle imposte in modo che più si è ricchi e più si paga, allora sarei d`accordo. Se si trattasse di una sorta di patrimoniale sarebbe da rifletterci».


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