«Il mio sì non è populista, ma profondamente riformista». Il senatore del Pd Dario Panini, presidente della Commissione Affari Costituzionali a Palazzo Madama, spiega le ragioni della sua scelta. E bacchetta chi non si adegua alla linea di partito.
Perché sì?
«Perché è un passo avanti nella giusta direzione. Certo, servono altre azioni che il Pd ha già predisposto e sta preparando. La vittoria del no invece sarebbe quella dell`immobilismo e della maledizione per cui le istituzioni italiane sono iniformabilí».
Le ragioni di risparmio tuttavia appaiono esigue. Non ha paura che la riduzione di parlamentari non generi risultati tangibili?
«Con meno parlamentari il funzionamento sarà più snello, come hanno avuto modo di sostenere due ex presidenti di Corte Costituzionale – Onida e De Siervo – e un ex vicepresidente come Cheli. L`azione legislativa potrà essere più efficace».
Avrebbe votato sì anche se il Pd avesse dato indicazione per il no?
«Mi sarei comunque adeguato a un voto così schiacciante (In direzione Pd è finita con 188 favorevoli e 16 contrari al sì, ndr)».
Però molti nel suo partito hanno spiegato che voteranno no. Altri come Chili e Rossi hanno spinto per la libertà di coscienza.
«La loro, secondo me, non è una posizione corretta. Ma la rispetto. Non siamo un istituto di correzione di pena. L`importante è sapere qual è la posizione del Pd».
Nei sondaggi il sì era in grande vantaggio, teme il ritorno del no?
«Non mi convince il benaltrismo di quelli che dicono “meglio nulla che poco”. Non mi domando se il no è in ascesa, ma mi piacerebbe una discussione di merito. Chiediamo alle persone una cosa precisa: è corretto abbassare il numero eccessivo dei rappresentanti, una cosa che si chiede da1 1973?».
Nelle proiezioni la Toscana perderebbe 20 seggi parlamentari se il taglio fosse approvato. Non una riduzione significativa della rappresentanza?
«Bisogna rapportare la perdita a dimensioni territoriali per capire che non è così: in provincia di Firenze si passa da 15 a 10 parlamentari, uno ogni centomila abitanti. È lo stesso rapporto che hanno francesi, tedeschi e inglesi, non è un attacco alla democrazia. Questo è il motivo per cui il mio sì non è populista, ma riformista».
Lei votò sì anche al referendum del Renzi, che effetto le fa vedere il partito di Matteo Renzi non perorare la stessa causa?
«La posizione di Italia Viva non ha molti argomenti. Dicono “la nostra riforma era meglio”, ma non c`è scritto questo sul quesito del referendum e mi sembra solo un modo per rendere pan per focaccia al M5S. Non credo si possa far politica così».


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