Perché Alitalia non “decolla” presso gli aeroporti “minori”? È questo il senso di una interrogazione firmata da 21 senatori PD – prima firma Vincenzo D’Arienzo, capogruppo PD in Commissione trasporti – ai Ministri De Micheli e Patuanelli.
A Marzo scorso gli scali “minori” sono stati chiusi per contrastare il diffondersi del COVID-19, ma il 14 giugno scorso, considerate le numerose “richieste dei gestori aeroportuali”, la “collocazione geografica degli aeroporti in grado di servire bacini di utenza in modo uniforme sul territorio” e la loro “capacità infrastrutturale”, è stata autorizzata l’operatività dei servizi.

Eppure, sebbene le condizioni siano diverse, ad oggi l’Alitalia non ha ancora ripreso le attività operative precedentemente effettuate, tra gli altri, presso gli aeroporti di Verona,
Brindisi, Bergamo/Orio al Serio e Pisa. Addirittura, presso l’Aeroporto di Trieste, prima erano stati ripresi alcuni voli giornalieri e successivamente sono stati sospesi. Per questo i senatori del Pd chiedono al governo “se intendano tempestivamente adottare provvedimenti per garantire l’operatività dei collegamenti aerei non più ripresi dopo l’epidemia e se, in vista del nuovo piano industriale che interessa la compagnia, ritengano di assicurare alcune tratte aeree fuori dalle scelte di mercato, per garantire l’effettivo diritto alla mobilità”.

Di fatto, Alitalia non garantisce l’esercizio di alcuna tratta aerea rispetto a quelle attive prima dello scoppio dell’emergenza, con conseguenze rilevanti e a catena sull’economia delle aree coinvolte, sulla tenuta occupazionale, a partire da quella legata alla operatività degli scali medesimi.
L’assenza di collegamenti aerei rischia poi di inficiare in prospettiva la necessaria rete interconnessa dei trasporti a supporto dell’hub internazionale di Fiumicino nonché a supporto del turismo e dello sviluppo territoriale.


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