Valeria Fedeli, senatrice, è stata ministro dell`Istruzione nel governo Gentiloni.
Da ministro ha potuto verificare direttamente l`importanza della valutazione degli apprendimenti per migliorare il sistema educativo. Come giudica l`azione dell`attuale esecutivo sul tema?
«La valutazione degli apprendimenti è fondamentale perché serve per migliorare il sistema educativo. Il governo purtroppo si è mosso nella direzione sbagliata. Aver reso volontaria la prova Invalsi per accedere alla maturità è stato un errore perché mette nella condizione gli studenti di essere differenti a seconda se hanno una famiglia che li spinge a svolgere la prova Invalsi, oppure no. Purtroppo è stato un arretramento. Un danno per i ragazzi».
È vero che il Ministero dell`Istruzione, pur affidando all`Invalsi il compito di valutare gli apprendimenti, poi di fatto non tenga conto dei dati forniti per basare le riforme da mettere in campo? E come mai?
«Purtroppo è vero. Ma non accade soltanto con questo governo. Mi sarebbe piaciuto da ministra dell`Istruzione presentare in Parlamento i risultati delle prove Invalsi per analizzarli e capire dove e come è meglio continuare ad investire per recuperare gli svantaggi rilevati con l`Invalsi in alcuni territori.
Come mai non si è mai fatto?
«Perché sul terna della valutazione degli apprendimenti c`è una grande confusione. La certificazione e la valutazione viene considerata uno stigma anziché una opportunità di miglioramento. E dalla riforma Berlinguer che introdusse l`autonomia delle singole istituzioni scolastiche che si discute sulle prove Invalsi e sulla loro efficacia. Mentre sono diventate fondamentali».
Il gap di genere in matematica a svantaggio delle ragazze emerge già nella scuola primaria. Le indagini internazionali ci dicono che mentre negli altri Paesi il gap va diminuendo, in Italia cresce. E una questione culturale? E cosa si può fare per risolvere questo problema?
«E un pregiudizio rafforzato dagli stereotipi più diffusi per i quali è più facile vedere una ragazza che studi per diventare insegnante e non ingegnere. Bisogna superare questi pregiudizi, fornendo dati, conoscenze e stimoli sulle materie scientifiche».
Come farlo?
«Uno degli ultimi aspetti di cui mi ero occupata da ministra dell`Istruzione, su sollecitazione degli scienziati è l`opportunità di introdurre fin dalla scuola dell`infanzia, il linguaggio scientifico nell`apprendimento di tutte e di tutti. Uno stimolo che può rompere lo stereotipo che divide nell`apprendimento le
materie più facili per le ragazze da quelle più facili per i ragazzi».
Allora, perché non inserire una quarta prova Invalsi dedicata ad accertare l`apprendimento delle scienze?
«Il pensiero scientifico è frutto di una alfabetizzazione di conoscenze. Secondo me andrebbe potenziato l`apprendimento su temi scientifici fin dalla scuola dell`infanzia, per poter arrivare alla scuola primaria con una base condivisa. Allora si potrà pensare di introdurre la prova di scienze. Ogni innovazione va sperimentata, sostenuta e accompagnata. La valutazione ha senso quando gli elementi che si vogliono valutare sono stati immessi correttamente nel processo formativo. E anche i docenti devono essere preparati, senza dimenticarsi i linguaggi formativi dell`apprendimento».
Ritiene utile che il Ministero contribuisca a supportare le scuole nella loro capacità di leggere i dati e le informazioni emerse per migliorare il proprio sistema formativo?
«Il tema è complesso. Intanto dobbiamo tener presente qual è la finalità del sistema nazionale di valutazione. Sarebbe preferibile mettere il Ministero nelle condizioni di sostenere le scuole nell`analisi delle valutazioni per arrivare a una risposta positiva in termini di miglioramento degli apprendimenti degli
scolari e degli studenti. Che poi è l`obiettivo di fondo del sistema di valutazione. E può starci che il Sistema nazionale di valutazione veda nel Ministero un supporto per mettere la scuola e i docenti nella condizione di migliorare e di superare i gap esistenti».


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