Torino città simbolo del rapporto virtuoso tra scuola e lavoro. Nella la città italiana che ha la più lunga tradizione di formazione professionale, di scuole nate a fianco delle fabbriche per specializzare i futuri operai, la presenza del G7 dei ministri di ricerca, scuola, lavoro e industria è in qualche modo il riconoscimento di una tradizione: «Torino – dice la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli – ha sempre rappresentato un modello. Deve continuare su questa strada perché la formazione sarà la chiave dell’industria digitale».
Ministra Fedeli, qual è il suo giudizio sul sistema di formazione torinese?
«Un ottimo giudizio. La formazione, parlo delle scuole superiori, delle università e del sistema di aggiornamento per adulti, è in molti casi a livelli di eccellenza. Non solo perché in città c’è per tradizione un rapporto proficuo tra scuola e lavoro ma anche perché Torino ha le relazioni internazionali che le consentono contaminazioni virtuose con altre culture e con le innovazioni dei concorrenti del nostro sistema economico».
Quali azioni potrebbe compiere la città per migliorare il suo sistema formativo?
«Ho visitato Torino più volte da ministra. Mi permetterei di dare un consiglio che vale per tutte le città italiane: cercare di allargare i principi di innovazione anche ad altri settori come quello dei servizi. Per questa ragione nei lavori preparatori di questo G7 l’Italia ha voluto passare dal concetto di industria 4.0 a quello, più ampio, di impresa 4.0».
C’è un tema che coinvolge direttamente la città: è possibile una formazione di qualità se perde peso l’industria manifatturiera?
«Ma l’industria manifatturiera non deve perdere peso. La manifattura si trasformerà, anzi si sta già trasformando. La quarta rivoluzione industriale non deve trasferire la produzione, sta cambiando il modo di produrre. Il sapere, la conoscenza, la formazione sono essenziali perché l’Italia rimanga nel gruppo di testa delle economie mondiali. Dobbiamo sfruttare la rivoluzione digitale, non difenderci da essa. L’Italia è oggi e deve restare il secondo Paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania. Non vogliamo e non possiamo diventare i consumatori di una ricerca fatta altrove. Per questo i centri di studio e innovazione torinesi possono giocare un ruolo essenziale».
Quando lei parla della scuola superiore come luogo di innovazione a quale tipo di istituti si riferisce?
«Uno dei cambiamenti che si stanno verificando è quello che fa saltare la tradizionale distinzione tra licei e istituti con una formazione di tipo tecnico. Questi ultimi non sono più la scuola scelta da chi non può andare al liceo. Il lavoro nell’epoca digitale richiederà competenze trasversali che azzereranno queste differenze. E anche in questo la tradizione di eccellenza degli istituti di formazione tecnica torinesi mette la città in una posizione di vantaggio».
Nei preparativi della vigilia si temono le conseguenze delle annunciate manifestazioni anti G7. Lei come le considera?
«Penso che sia molto importante distinguere. Ci sono iniziative che propongono una critica, magari anche radicale, ma al tempo stesso un’interlocuzione con i governi. Queste sono manifestazioni che io guardo con interesse perché il confronto migliora la qualità delle scelte. Diversa è naturalmente la valutazione nei confronti di chi utilizza l’occasione del G7 per manifestazioni distruttive, come è accaduto in luglio ad Amburgo».
In quale maniera un G7 può recepire le critiche costruttive?
«In qualche modo una parte delle osservazioni degli anni scorsi sono recepite nell’agenda dei lavori degli incontri ministeriali di questo G7. La scelta di puntare sulla qualità del lavoro, sul continuo miglioramento e sull’attenzione alla scuola, alla formazione professionale e alla ricerca, sono conseguenza di mesi di confronti e di discussioni».
Ma queste dichiarazioni si scontrano poi con i vincoli dell’economia…
«Una delle caratteristiche del progetto del governo italiano è quello di aver messo intorno a un tavolo mini-steri che si occupano di industria, lavoro, ricerca e formazione. È lo schema che poi è stato seguito per organizzare i tre G7 di Torino, in successione a Venaria nei prossimi giorni. Ebbene, alle riunioni della cabina di regia sulla quarta rivoluzione industriale è venuto spesso anche il ministro dell’economia, Padoan. Per quel che mi riguarda il senso di questo G7 di Torino deve essere quello di mettere a disposizione gli strumenti per evitare di subire, ma anzi per sfruttare, la quarta rivoluzione industriale».


Ne Parlano