Se non certificassero i problemi che il mondo della scuola dovrà affrontare nei prossimi mesi, le dichiarazioni rilasciate dal ministro Bussetti a La Stampa, farebbero sorridere. Dice che servono docenti di ruolo e tuona “basta precari”, tuttavia non propone nessuna soluzione e dimostra di non aver ancora messo in moto la macchina, considerato che a poche settimane dall’avvio dell’anno scolastico, le cattedre ancora scoperte sono tantissime. In Lombardia si parla di 15 mila docenti che mancano all’appello e nel Lazio di 12 mila.
Nel frattempo, con la non scelta rispetto alla vicenda dei diplomati magistrali, oltre ad aver deciso di bloccare per i prossimi anni l’accesso al ruolo di molti giovani laureati, hanno creato enormi disagi al Nord dove, secondo i dati dei sindacati, un terzo degli insegnanti di asili e scuole primarie, non si è presentato alla nomina. Ma il problema dei diplomati serviva per prendere voti in campagna elettorale, una volta al governo si sono messi a rispettare le sentenze in un modo che è riuscito a scontentare tutti.
Quest’anno scolastico non sarà all’insegna di una partenza ordinata e lo sa bene un uomo di scuola come il ministro Bussetti, che da responsabile dell’ambito X (Milano) dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, si è parecchio dato da fare per implementare la Buona Scuola, trasformando Milano e provincia in uno dei migliori laboratori in relazione all’applicazione delle nuove norme.
Bussetti parla di un piano di reclutamento pluriennale ma nel frattempo la maggioranza gialloverde è in procinto di riaprire le graduatorie ad esaurimento con un emendamento al “milleproroghe” che – sono certa – una manina impedirà di cancellare.
Questo è il governo del consenso e non del buonsenso: non risolveranno nulla, non guarderanno in prospettiva ma cercheranno di non toccare interessi perché, almeno per quanto riguarda la scuola, il cambiamento è solo a parole. Dove sono gli investimenti? Dove sono i progetti per il futuro? Come intenderanno usare i fondi PON che arrivano dalla tanto vituperata Europa e che consentono di migliorare la qualità delle nostre scuole, spesso nel Mezzogiorno?
La furia iconoclasta contro la Buona scuola, una furia che per ora si esprime solo a parole, serve a coprire una realtà drammatica e cioè che il governo non ha nessuna intenzione di investire sull’istruzione perché il suo bacino di consenso si forma sulla rete, sulle fake news, sull’incapacità di molti di formare in modo corretto la propria opinione. Ci accusavano di voler tagliare sulla scuola perché avremmo impedito ai cittadini di avere gli strumenti per conoscere la verità. Bene, è esattamente quello che stanno facendo! Sono stati un’ispirazione per loro stessi.
Entrando nel merito di questa intervista propaganda, segnalo tre questioni in particolare.
Lo scorso anno, proprio per evitare i problemi che sta affrontando l’attuale governo, i supplenti aspiranti docenti sono stati convocati entro il 12 settembre con contratto sino “ad avente diritto”. Si tratta di supplenze conferite temporaneamente, in attesa dell’assegnazione della cattedra all’avente diritto, con scadenza non oltre l’ultimo giorno di lezione stabilito dal calendario regionale. Con noi i contratti a tempo determinato e quindi le supplenze sono diminuiti di 22 mila unità.
I nostri governi hanno quasi esaurito le graduatorie della scuola secondaria e hanno bandito un concorso, prevedendo anche un nuovo sistema di reclutamento che si fondasse, finalmente, su concorsi da svolgersi con regolarità e in relazione al fabbisogno delle scuole. Il ministro Bussetti ha bloccato tutto e non ha dato alcune garanzia, nonostante le pressanti domande dell’opposizione, su ciò che intende fare. Temo che il loro obiettivo non sia combattere il precariato endemico ma generarne dell’altro. A loro della qualità della scuola pubblica interessa poco o niente. Sono il governo del consenso.
Infine, Bussetti ha discusso di alternanza scuola-lavoro, scuola digitale ed edilizia. Si può permettere di farlo perché ha trovato risorse che abbiamo stanziato noi, nonostante il tentativo del governo della propaganda, di impossessarsi di qualsiasi cosa realizzata da chi lo ha proceduto. Ecco, non investire sulla scuola serve proprio a questo: fare dei cittadini dei sudditi (lo diceva Di Battista ma si rivolgeva alla parte sbagliata) che non hanno gli strumenti per capire che i soldi che millanta di aver investito questo governo, sono in realtà, il frutto del lavoro di altri.
Abbiamo commesso degli errori, non c’è dubbio, e li stiamo pagando. Ma li pagano anche gli studenti, le famiglie e gli insegnanti convinti che il duo Salvini-Di Maio avrebbe risolto tutti i mali. In realtà, hanno gettato benzina sul fuoco dello scontento e poi sono scappati, lasciando nelle mani di chi da amministratore ha fatto il tifo per la Buona Scuola, il compito di smantellare l’istruzione nel nostro Paese.


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