Guardiamoci negli occhi: la scuola non è funzionale al lavoro, né per i ragazzi né per i genitori. Se non affrontiamo questo non affronteremo mail il tema di fondo del significato e del valore che attribuiamo al luogo più prezioso per un Paese. Le scuole sono state tra i primi luoghi colpiti dall’emergenza sanitaria. La loro chiusura ha dato il segno che davvero stava accadendo qualcosa di straordinario. Perché se sommiamo chi ci lavora, chi la frequenta e chi viene coinvolto, oltre tre quarti del Paese è “epidemiologicamente” in relazione con quel che avviene nelle classi.
Esiste un problema che riguarda i lavoratori e in particolare i più poveri, i più deboli, i più soli, quelli con più figli, quelli senza reti familiari, senza sostegni. Questo carico straordinario si abbatte ancora una volta in modo ingiustamente disequilibrato tra i generi e pesa molto di più sulle donne? Si. È assolutamente così. È un problema questo? È inaccettabile? È una priorità politica? Assolutamente si. Non lo è da oggi. Non dipende dal virus. Ed è il motivo per cui alcuni, pochi, troppi pochi, pur nel diffuso disinteresse dei più, hanno ritenuto questa la priorità politica, sociale, antropologica del Paese, cercando di muovere, innovare, investire e prevalentemente passando per visionari.Per riaprire le scuole in sicurezza, non doverle chiudere dopo un mese, mettere i ragazzi in una condizione pedagogica e psicologica adeguata, serve mettere in campo un numero di educatori pari ad uno ogni cinque/sei ragazzi, ripensare i luoghi e magari coinvolgerne altri, smontare (finalmente) la didattica per materie e centrare tutto sulla relazione educativa. Realizzare un anno straordinario. Pensarlo con le migliori intelligenze pedagogiche.Coinvolgere il mondo dell’arte, della cultura, che ha straordinarie energie in grado di portare stimoli, piacere, bellezza, divertimento nelle nostre classi. Una grande occasione. Oltre che una necessità. Che tra l’altro darebbe l’occasione per avere una valutazione sul campo delle competenze dei moltissimi che vorranno e potranno insegnare negli anni futuri.
Per un anno muoversi in modo straordinario, valorizzare le competenze e le vocazioni di ognuno, costruire una grande alleanza sociale che coinvolga le famiglie e gli insegnati, la Politica e i Sindacati, i commentatori, gli intellettuali, ognuno di noi, per remare tutti nella stessa direzione. Perché sappiamo che per educare un bambino serve un intero villaggio. E serve un villaggio che sia comunità, che lasci a casa gli egoismi, che inizi ad educare innanzitutto dal come sa discutere di scuola.


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