‘L’opzione militare per stabilizzare le aeree di crisi non può essere esclusa a priori, a patto però che sia funzionale a una precisa strategia’
«Sarebbe davvero riduttivo sostenere che il caos in cui è sprofondata la Libia sia unicamente dovuto all`intervento militare di 5 anni fa. È vero, le modalità di quell`intervento e i raid aerei francesi e inglesi furono discutibili, tanto che poi – a cose fatte – Nato e Italia si dovettero accodare. Ma va ricordato che il caos nel Paese era preesistente, c`era già una guerra civile che aveva messo in crisi il regime di Gheddafi. Ora, semmai, paghiamo il drammatico vuoto lasciato dalla comunità internazionale che dopo l`intervento militare ha abbandonato la Libia».
Nicola Latorre (Pd), presidente della commissione Difesa del Senato, è convinto che «l`opzione militare per la stabilizzazione delle aree di crisi non può essere esclusa a priori». A patto però precisa – che sia «funzionale a una precisa strategia politica».
 Eppure, anche nel governo italiano c`è` chi si è fatto scudo con l`intervento autonomo di Francia e Gran Bretagna per indicare le responsabilità del caos libico.
«Ho apprezzato l`editoriale del Corriere (‘Iraq e Libia. L`Occidente che si pente troppo e sbaglia’, ndr) che aiuta a evitare un dibattito superficiale che si trascina e rischia di addebitare solo agli interventi militari la responsabilità del caos dell`area del ‘grande Medio Oriente’. Ragionare in questi termini significa, nel migliore dei casi, assolvere al bisogno di lavarsi la coscienza».
E nel peggiore dei casi?
«Serve a legittimare un egoistico disimpegno. Ma l`Occidente non può disimpegnarsi perché il terrorismo dell`Isis si combatte solo sul piano militare. Altra opzione non c`è».
Lo schema vale per l`Iraq?
«La guerra in Iraq fu un grave errore anche perché rispondeva a un progetto politico dei repubblicani. Con Bush che dichiarava di voler ‘esportare la democrazia’ ma anche in quel caso il caos e l`affermarsi di Is è dipeso dalle modalità con cui è stato gestito il dopoguerra».
Dunque, cosa fare in Libia dove le complicazioni di un intervento militare ci riguarderebbero da vicino?
«Il governo ha il merito, fin dall`intervento del presidente Renzi all`Assemblea dell`Onu del 2014, di aver riportato al centro dell`agenda internazionale il tema del Mediterraneo e del Medio Oriente. E ora anche gli Stati Uniti, che erano concentrati solo sull`Ucraina e il Pacifico, hanno raccolto questa impostazione. Tanto che Obama prolunga l`impegno americano in Afghanistan e chiede anche a noi di farlo ».
 A proposito, quando verrà formalizzato tutto ciò?
«Con le stesse regole di ingaggio è sufficiente una comunicazione del governo al Parlamento. Deciderà il Governo cosa fare nei prossimi giorni».
In Libia è in atto un`opera di mediazione dell`Onu dagli esiti ancora non definiti. 
«l`Italia deve continuare a sostenere il lavoro del mediatore Bernardino León e, a questo punto penso si possa promuovere, magari a Roma, un vertice con i Paesi del gruppo ‘5+1.’ (Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti) e con gli attori regionali (Turchia, Algeria, Tunisia ed Egitto). Questo percorso potrebbe aiutare León e permettere anche di evitare errori del passato. Credo però che per il tentativo serva stabilire un limite temporale. E penso che non si debba andare oltre fine anno».

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