«Serve un`iniziativa diplomatica ‘last minute’. Non c`è tempo da perdere. Ma va tentata l`ultima carta: coinvolgere i Paesi di confine del Mediterraneo».
Nicola Latorre, presidente pd della Commissione Difesa del Senato, invita alla cautela. E, all`indomani dell`annuncio di un possibile intervento militare sotto l`egida Onu, da parte dei ministri degli Esteri, Paolo Gentiloni, e della Difesa, Roberta Pinotti, avverte: «Guai a dibattere su bombardare la Libia sì o no. Qualunque cosa si faccia o si dica nel nostro Paese implica una reazione».
 Intende una ritorsione terroristica?
«Beh. Credo che sia nostro compito tutelare i nostri concittadini e i militari. Forse è opportuna un po` di prudenza in più ed evitare fughe in avanti. L`Isis gioca molto sul terreno mediatico anche per aumentare la sua incidenza reale».
I ministri Gentiloni e Pinotti sono stati imprudenti?
 «Credo che il ‘pronti a combattere’ di Gentiloni sia stato male interpretato. E che il ‘pronti a inviare 5 mila militari’ della Pinotti abbia prestato il fianco a interpretazioni che lei stessa ha giustamente corretto».
Parlando di missione internazionale, ma comunque militare.
«Non dobbiamo dimenticare che quando parliamo di missione internazionale non stiamo parlando di guerra, ma di ‘State building’. In particolare in questo caso in cui lo Stato è tutto da costruire. Noi dobbiamo certamente già essere pronti a una missione militare che date le condizioni del Paese sarà di peace enforcing. Ma non ha senso annunciarla ora. Quando sarà il momento si farà».
Ma non è tardi per una soluzione diplomatica?
«Tardi o presto il tentativo va fatto. E, certamente, concluso nel giro di poco».
Quale tentativo?
«Io credo che abbia fatto bene il premier, Matteo Renzi, a porre a Bruxelles il tema della Libia. Sono convinto però, e non da ora, che non basteranno né l`Europa, né le Nazioni Unite, se non si renderanno protagonisti i Paesi del Mediterraneo a ridosso della Libia: l`Egitto, la Turchia, l`Algeria e la Tunisia. E se non si avrà un obiettivo». Quale?
«La stabilizzazione. La Libia è in mano a bande rivali e milizie. È il terreno ideale per l`avanzata del jihaidismo. È urgente quindi che l`Europa, così come ha agito, grazie al commissario Mogherini, per il cessate il fuoco in Ucraina, in queste ore faccia altrettanto per la Libia. E dia mandato all`Italia per guidare questa iniziativa. Che comunque è propedeutica a qualsiasi altra».
 Perché non si è fatto finora?
«L`Italia ha fatto molto per sostenere il tentativo diplomatico di Bernardino Leon, l`incaricato delle Nazioni Unite. Non a caso la nostra ambasciata è stata l`ultima a chiudere. Ma si è tentato solo di appianare i contrasti tra Tripoli e Tobruk. Poi la situazione si è sbriciolata dall`interno. E le posizioni si sono radicalizzate».
Si poteva,fare di più?
«Da noi, diciamolo, si è ridotto il problema all`emergenza immigrazione. Invece è una partita decisiva per il Mediterraneo e gli equilibri geopolitici dell`area. Quando, proprio sul Corriere, un anno e mezzo fa chiesi un intervento più deciso, venni zittito».
Pensa che questa iniziativa possa essere supportata?
«Mi auguro che scatti una forte solidarietà nazionale di tutte le forze politiche. E anche Forza Italia giochi pure in casa con i ‘sorci verdi’, ma in una questione come questa sì unisca a noi per un obiettivo comune».
Se non si farà?
 «Rischiamo di replicare gli errori precedenti con una aggravante: metteremmo a rischio le persone che manderemmo lì. Ma bisogna agire subito. È la prima volta che l`Europa vede minacciati i propri confini a Nord e a Sud».

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