“Le affermazioni che l’amministratore delegato del gruppo FSI, Mazzoncini, affida oggi a “Repubblica” sul tema degli abbonamenti per i pendolari dell’alta velocità sono sconcertanti. Gli aumenti richiesti sono di una tale entità da rappresentare per molti degli attuali abbonati o l’estromissione di fatto dalla possibilità di accedere al servizio o, nella migliore delle ipotesi e per centinaia di famiglie, il carico di una vera e propria tassa aggiuntiva di oltre mille euro all’anno. In un momento già particolarmente difficile per l’economia del Paese, appare inoltre evidente il danno che questo intervento, nella sua improvvisa e spropositata misura, può determinare a moltissime aziende, essendo la mobilità uno dei fattori di costo che pure incidono sulle performances del nostro sistema economico. Del tutto impropria è la comparazione che viene avanzata con i più elevati regimi tariffari dell’alta velocità in altri Paesi europei, dove ben diversa, sia in termini di quantità sia in termini di qualità, è l’offerta di servizi ferroviari universali. Mentre in Italia, su molte relazioni, l’alta velocità rappresenta l’unica risposta accettabile e affidabile alla domanda di trasporto di intere fasce d’utenza. Forse, in ragione del suo arrivo relativamente recente alla guida del gruppo, Mazzoncini non ricorda quanto, in particolare nella fase di start-up del sistema AV, la depressione quantitativa dell’offerta di servizi universali da un lato e, dall’altro, la politica di abbonamenti relativamente accessibili sia stata esattamente funzionale al lancio dei “Frecciarossa”. Una partita agevolmente e spregiudicatamente giocata grazie alla condizione di monopolista di fatto del trasporto ferroviario passeggeri detenuta da Trenitalia. Neppure regge il parallelo con Italo, la cui decisione di sopprimere gli abbonamenti è comunque gravissima (e anche su questo abbiamo chiesto, inascoltati, un intervento più energico dell’Autorità dei trasporti): Trenitalia è e resta l’azienda di Stato, ha ricevuto per decenni il beneficio di essere monopolista del trasporto ferroviario italiano, ha di fatto riottenuto di recente (secondo una scelta che ci lascia molto amaro in bocca) la stessa condizione privilegiata, che utilizza per espandere il proprio business sui mercati internazionali e sul mercato del trasporto pubblico su autobus. Che in questo quadro gli unici soggetti che paiono lontani dell’attenzione del capo delle Ferrovie dello Stato siano i pendolari italiani, per i quali solo ha senso l’esistenza di un’azienda ferroviaria pubblica risulta non solo paradossale ma addirittura distorsivo alle priorità di servizio pubblico che un’azienda detenuta dal Tesoro deve perseguire e su cui la politica ha il dovere di vigilare. È importante perciò che le dichiarazioni condivisibili rilasciate oggi dal Ministro Delrio trovino rapidamente seguito in un’energia azione che corregga radicalmente la rotta”.
E’ quanto scrive in una nota il senatore del Partito democratico Daniele Borioli, componente della Commissione Lavori pubblici e Trasporti.


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