Ritardo a sorpresa nell’iter parlamentare. Troppe lobby interessate a fermarlo
IL MINISTRO LUPI ALL`ASSEMBLEA ANNUALE DI ASSOPORTI HA FORSE POSTO UNA PIETRA TOMBALE AL PROCESSO DI RIFORMA DEL SETTORE DELLA PORTUALITÀ. Dopo che il Senato aveva previsto una procedura abbreviata per l`esame della legge approvata all`unanimità nella scorsa legislatura e si apprestava a «passare la palla», in un tempo ragionevolmente breve, ai colleghi della Camera per il loro esame, dall`intervento del ministro è suonato un messaggio abbastanza incomprensibile del tipo «tutto sbagliato tutto da rifare!» di Bartaliana memoria.
La sua proposta, un fulmine a ciel sereno, è stata una palla lanciata in tribuna per non essere raccolta. Con tono solenne, il ministro ha quasi gridato la necessità di pensare in grande e di non accontentarsi di vivacchiare, indicando la strada maestra in un processo di riforma che ripartendo da capo sotto la sua egida, ma insieme a Parlamento, Regioni, Porti, Interporti e quant`altro…. faccia una legge semplice semplice, ma in grado di traguardare gli scenari per i prossimi decenni. Una montagna che dovrebbe partorire un topolino insomma!
Un`idea bizzarra se non fosse espressa da un ministro e personalmente aggiungo, perfino bravo e competente. E allora il punto è un altro. Chi ha voluto che il ministro con tono roboante e solenne affossasse la riforma attesa da più di dieci anni dall`intero cluster portuale? Il tempo ci dirà chi sono i mandanti e le reali motivazioni. Sul momento azzardo alcune ipotesi. La prima ipotesi è che la riforma in esame al Parlamento sia avversata dalla lobby dei porti storici che, in questi scenari di crisi, probabilmente intravedono la possibilità di una legislazione particolare e di favore, un ipotesi più conveniente che non quella di una normativa di sistema, incaricando così il ministro di un`esecuzione che loro non sono in grado di eseguire. Questa lobby molto forte ha come primo alleato questo governo, una relazione coltivata grazie a relazioni e rapporti solidi sia dal punto di vista personale che dal punto di vista istituzionale, ma che purtroppo rischia di non fare gli interessi dell`intera comunità portuale del Paese.
Una seconda ipotesi è legata al mondo dell`autotrasporto, che vede nella portualità e nei sistemi della logistica una realtà da conquistare e da asservire, quindi da indebolire piuttosto che rafforzare. Il problema di questa visione è che due debolezze non fanno mai una forza! Ma al massimo sommano le loro fragilità. La terza e ultima ipotesi è che il ministro, che come dicevo stimo e rispetto, si sia visto sfuggire la situazione di mano per iniziativa parlamentare e assumendo questo dato come una sconfitta personale, probabilmente mal consigliato, ha voluto imporre la supremazia del proprio ruolo anziché quella del suo pensiero. Continuo a sperare nella possibilità di un incidente di percorso, a cui i ministri, anche nel passato sono incorsi, approcciando in maniera un po` irruenta una materia complessa e che il tempo ha complicato ulteriormente. Per questo invito il ministro a valutare la possibilità intermedia.
In attesa della riforma vera che lui propugna, il bene assoluto, consenta al Parlamento di varare la manutenzione di quella attuale, il bene relativo, insomma la riforma possibile. Consenta di far si che «il meglio non divenga nemico del bene», come invece la conseguenza dei suoi espressi propositi potrebbe determinare. Se invece fosse solo un problema di primogenitura, come ho avuto modo di dire nell`aula del Senato e come ha ripetuto a lui anche il presidente della commisisone Trasporti della Camera, Michele Meta, il Ministro non deve farsi scrupoli.
Prenda quello che di buono ritiene condivisibile nella legge in esame e lo inserisca nel primo decreto utile o in un primo decreto ad hoc. Per noi parlamentari la riforma non è mai stata un problema di «bandierine» ma solo di risultati da portare a casa… pardon, in porto!

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