Dopo i momenti più duri vissuti a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, oggi è necessario che tutti i soggetti sociali responsabili dello sviluppo verifichino e valutino approfonditamente l’atteggiamento e le modalità con cui hanno vissuto la crisi e quali siano state le maggiori difficoltà che hanno dovuto affrontare (Censis nel suo Rapporto sulla pandemia lo definisce “stress test” o “esercizio di autocoscienza” che consenta loro di capire quali sono stati i loro punti di forza e i loro punti deboli dal punto di vista delle decisioni strategiche, del consolidamento istituzionale e finanziario, della reazione organizzativa, dei flussi di informazione interni ed esterni, del rapporto fra loro e di connessione con i diversi tipi di intervento pubblico.

Una fotografia dell’Italia profonda, dei soggetti reali, quotidiani, della società, è necessaria per suggerire su quali pilastri affidarsi per il rilancio e la ricostruzione del tessuto connettivo del Paese che è stato lacerato dall’emergenza ma che, già prima della crisi, stava attraversando un momento di profondo travaglio. Censis parte da una premessa che mi pare fondamentale: lo sviluppo non è fatto di documenti di pianificazione o da interventi massivi del potere statale, ma dall’insieme dei soggetti operanti nella società.

La realtà dei processi sociali è sempre stata più forte delle crisi, delle paure, del pessimismo. Se davvero non saremo più quelli di prima, stravolti da una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, dovremo essere capaci di riprogettare il Paese. I soggetti agenti del cambiamento e rinascita del Paese saranno imprese piccole e grandi, aziende di rete fisica o digitale, scuole, autorità regionali, terzo settore, amministratori locali, professionisti, sistema sanitario, famiglie.

In questa chiave di responsabilità collettiva un ruolo centrale lo avrà chi sarà chiamato a svolgere le attività professionali socio-educative. Parliamo di figure che diventeranno sempre più indispensabili grazie alle loro competenze di natura promozionale e preventiva nel campo dell’educazione e della formazione. Nel mondo post-Covid, ancora di più, l’azione educativo-relazionale si fonderà su una visione pedagogica che trova il suo cardine nella categoria dell’educabilità intesa sia come possibilità di cambiamento della persona per tutto il corso della vita, sia di trasformazione della società, tramite l’educazione educativa stessa nella costruzione della società delle persone.

Un società più fragile che si richiude su sé stessa avrà bisogno, non solo di ricostruire le relazioni, ma anche di individuare, promuovere e sviluppare le potenzialità cognitive e affettive nell’ambito di progetti educativi e rieducativi. Si tratterà di analizzare e interpretare i bisogni educativi delle persone e delle famiglie in difficoltà, nei loro contesti di vita e nelle comunità territoriali sempre più a rischio di povertà e marginalità materiale ed educativa.

Perché se il nostro obiettivo è quello di recuperare e reinserire i soggetti che hanno sofferto di più la crisi, per promuovere autonomia, inclusione e sviluppo, avremo bisogno di una rete di professionisti riconosciuti e valorizzati che sappiano lavorare per rafforzare le comunità educanti in un’ottica di promozione di benessere collettivo.

In tal senso, dovremo mettere questa rete nelle condizioni di progettare, organizzare, realizzare e valutare situazioni e processi educativi e formativi sia in contesti istituzionali, del privato sociale sia in contesti informali. La società avrà bisogno di strumenti nuovi di promozione del benessere, dell’accompagnamento, della costruzione del Progetto di vita, dell’inclusione e della partecipazione sociale di persone o gruppi che vivono situazioni effettive di disabilità fisica e mentale e/o con esperienza di disagio psichico, degli anziani o di chi è nella malattia o nella fragilità esistenziale, nella marginalità sociale e nella povertà educativa, come tossicodipendenti, detenuti ed ex-detenuti, migranti.

Il Covid ha agito prepotentemente sulla nostra dimensione sanitaria, ma anche su quella esistenziale che, in tutte le sue componenti, afferisce al mondo educativo e pedagogico. E se nella prima fase dell’emergenza le professioni sanitarie sono state chiamate a svolgere un ruolo da protagoniste, oggi, nella fase della ricostruzione e rigenerazione, è compito dei professionisti dell’educazione costruire la rete di protezione a sostegno delle nostre fragili comunità.

Sono convinta che, nel piano di responsabilizzazione dei soggetti sociali del mondo post-Covid, servirà costruire relazioni attraverso la comunicazione educativa orientata a stimolare e organizzare esperienze di attivazione relazionale, presa in carico, cura educativa, accoglienza, responsabilità e umanità tra individui, gruppi o comunità, nell’ottica di prevenire situazioni di isolamento, solitudine, stigmatizzazione e marginalizzazione che renderebbero le nostre comunità ancora più fragili e disgregate.

Senza una corretta riprogettazione e gestione dei processi educativi e formativi non saremo in grado di rimettere in moto la macchina del Paese, evitando i rischi derivanti dall’esclusione e dalla marginalizzazione. Se vogliamo avviare un processo rigenerativo non possiamo prescindere dalla promozione e dal rafforzamento delle reti di servizi formali e informali, volte a promuovere la coesione socio-educativa che attivino competenze organizzative e istituzionali.

Il lavoro educativo dovrà aiutare ad affrontare l’imprevisto, l’incertezza e la trasformazione che l’irrompere della malattia provoca sempre nella vita quotidiana. Per questo, soprattutto oggi, quando vengono meno tutti i consolidati paradigmi relazionali cui eravamo abituati, abbiamo sempre più bisogno di un rete di professionisti che agiscano su queste trasformazioni.

Nell’opera di ricostruzione di un nuovo sistema di Welfare servirà dare forma e sostanza a un rinnovamento delle competenze educative che abbia l’obiettivo principale di tutelare le persone, l’io individuale e le pluralità di comunità, familiari, professionali, territoriali in cui siamo inseriti. Attraverso un Welfare innovativo sapremo dare risposte nuove alle domande imprevedibili di un corpo sociale sfibrato, con la progettazione di nuovi interventi sui servizi alla persona, socio-assistenziali e socio-sanitari in primis, e quindi anche sui profili delle figure professionali che in essi operano.


Ne Parlano