Prova a prenderla con filosofia, Gli fai notare che è dal suo ministero che sembra passare il destino del governo, e Salvatore Margiotta dice che “è bello lavorare su temi centrali per lo sviluppo del paese”. Ché del resto, aggiunge il sottosegretario ai Trasporti, senatore lucano del Pd, “abbiamo a disposizione 130 miliardi di euro già stanziati per finanziare grandi e piccole opere: e almeno 80 potrebbero essere spesi già nei prossimi 3 anni”.
E allora ecco il “piano choc”: eppure nella vulgata dei giornali, a frenare sareste proprio voi del Pd. “Al Mit stiamo lavorando in stretto contatto col ministro De Micheli, che mi ha chiesto di collaborare a questo dossier. Bisogna superare lo scontro ideologico tra due posizioni, rappresentate entrambe in modo semplicistico: c`è chi vuole deregolare tutto e chi, invece, pensa che il codice degli Appalti sia un totem intoccabile”. Insomma, né con Renzi né con Delrio? “Provocazione pure questa semplicistica. Ricordo che Graziano era il ministro dei Trasporti del governo Renzi che approvò il codice degli Appalti. Che, nel complesso, è una buona legge che si fonda su alcuni principi che per noi rimangono inviolabili. La semplificazione a cui pensa il Pd esclude che si riduca la competizione tra le imprese, si mortifichi la trasparenza e si costruiscano ecomostri. Semplificare bene è complicato, e gli slogan non aiutano”.
Eccone uno, allora: modello Genova. “Appunto. A Genova è stato corretto utilizzare quel modello perché ci trovavamo di fronte a un fatto straordinario. Peraltro, ci si dimentica che è stato di fatto applicato il tanto vituperato codice degli Appalti, in particolare l`articolo 63, evidentemente poco conosciuto. Faccio però notare che alla gara per la ricostruzione del ponte sono stati invitate solo cinque imprese ed è stato possibile derogare alla valutazione di impatto ambientale anche perché si trattava della ricostruzione di un`opera. Non credo che questo modello sia replicabile sempre e comunque. E poi c`è l`altro slogan: modello Expo. Ora, l`Expo non è stato solo un`opera pubblica, ma un insieme di investimenti pubblici e privati. Un modello, dunque, che poco ha a che fare con la legislazione sui lavori pubblici”.
Come che sia, al momento ci sono due tavoli di lavoro: uno al Mit, per semplificazioni normative più tenui e di lunga durata, e uno a Palazzo Chigi, dove si sta elaborando un piano choc per i mesi di crisi che verranno. “Far convergere i due binari sarebbe auspicabile, così da far confluire l`intero lavoro in un decreto da varare a stretto giro. Ma spetta al premier coordinare l`azione del governo”. Un`azione che non pare molto armonica, dal momento che, oltre al piano “Italia choc” di Ren- zi, ce n`è anche un altro ideato dal viceministro ai Trasporti grillino, Giancarlo Cancelleri. “L`impianto di Italia choc contiene alcune cose condivisibili: prevede l`individuazione di un elenco di opere da parte de premier, su proposta del Mit (e già abbiamo una bozza), su cui nominare il commissario e, inoltre, prevede termini perentori per la Via. Mi convince assai meno, invece, l`approccio del M5s, perché renderebbe gli ad di Anas ed Rfi dei supercommissari in grado di nominare, a loro volta, subcommissari per un totale di 300 opere. Una superfetazione del commissarimento che peraltro prevede la procedura negoziata su 300 cantieri: francamente un po` troppo”.
Ma del resto che i rapporti col M5s non siano facili lo dimostra anche l`altro dossier, quello di Autostrade. Al punto che lo stesso Cancelleri è arrivato ad accusare il suo ministro di aver occultato dei documenti sulla famigerata revoca della concessione. “Una sgrammaticaura istituzionale notevole, sì. E del resto tutti al Mit sapevamo bene che quei documenti erano stati trasferiti a Palazzo Chigi”. Ma questa revoca ci sarà o no? Si è fatto prima a ricostruire il Morandi che a decidere il da farsi coi Benetton. “Sì, ho visto che anche il segretario Zingaretti ha preteso chiarezza, sul tema, e condivido in pieno la sua sollecitazione. Non so quale sarà l`orientamento finale, ma se alla revoca non ci si dovesse arrivare, allora spero una cosa: che un`eventuale ridefinizione della concessione preveda, certo, una soluzione molto onerosa per chi, come Aspi, deve rispondere della tragedia del Morandi, ma al tempo stesso conveniente per il paese in termini di finanze pubbliche e posti di lavoro. E sarà per la mia concezione antica delle regole della politica, ma trovo bislacco che un governo possa intromettersi nella definizione dell`azionariato di una società pubblica”. Nel senso che non condivide l`idea di chi, nel M5s, pretende che i Benetton abbandonino la guida di Aspi. “Il privato può fare le sue scelte, nel rispetto della legge e, auspico, dell`opportunità. Ma ripeto: in uno stato di diritto, un governo non pretende di modificare l`azionariato di un`impresa privata”. Ma questo è il paese in cui un viceministro dello Sviluppo, il grillino Buffagni, annuncia via Twitter che ad Aspi non verranno concesse garanzie sui prestiti. “Io invito tutti alla razionalità. Se si decide per la revoca, ha senso negare le garanzie. Ma se la revoca non c`è, non si può pretendere di negare un aiuto previsto dalla legge e poi scandalizzarsi se Aspi blocca gli investimenti. Non è cercando il consenso facile che si risolvono problemi complicati”.
A proposito: dallo stesso Pd salgono le voci di chi invoca un rimpasto. Questo governo è all`altezza della sfida tremenda che ha di fronte? “Questo, per il governo, è il momento di dimostrare di essere in grado di gestire non solo l`emergenza sanitaria, ma la crisi economica che sarà forse ancor più grave”. Non ci ha risposto. “Diciamo che qui si parrà la nobilitate del governo, ecco”.


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