Quel che ha ipotizzato finora il governo «non basta». Ci vuole un piano «compiuto, ampio, da almeno venti miliardi di euro, e subito. Per evitare una pesantissima recessione non ci sono alternative». Tommaso Nannicini, economista con cattedra alla Bocconi, già sottosegretario alla presidenza del governo Renzi, oggi è senatore del Pd. E da economista argomenta perché la strada scelta dal governo rischia di essere un pannicello caldo a un malato grave.
Quanto sarà pesante la recessione alla quale andiamo incontro?
«Temo molto, anche se al momento è difficile fare previsioni. A prescindere dall`evoluzione del contagio l`effetto a catena sull`economia sarà fortissimo».
Sopra l`uno per cento?
«Senza dubbio»
Che cosa propone di fare?
«Le dico anzitutto cosa non farei, ovvero replicare il modello terremoto. Questa non è un`emergenza come le altre. Lo choc al quale andiamo incontro è così forte che interventi circoscritti sono insufficienti. Serve un pacchetto di stimolo complessivo che abbia tre caratteristiche: forte, immediato e nazionale. Non possiamo aspettare un minuto, il rischio è quello di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. E non possiamo procedere con i piccoli passi di un decreto alla settimana: come ci insegna u caos comunicativo sulle scuole chiuse, rischiamo che voci e anticipazioni creino ancora più incertezza».
Non dovrebbe essere l`Europa a farsene carico?
«Abbiamo già capito che la politica monetaria arriverà in ritardo e con le armi spuntate. E l`Unione europea non ha un bilancio sufficiente a gestire la politica di stimolo di cui c`è bisogno. Non possiamo fare i keynesiani solo ai convegni. Questo è il momento di farlo sul serio». Lei che cosa propone?
«Per l`Italia la crisi è sia di offerta sia di domanda. C`è bisogno di uno choc fiscale per aiutare le imprese ad affrontare una crisi di liquidità e per sostenere la domanda».
Nel concreto?
«Penso a cinque misure, tutte di un anno. La prima: gli acconti Irap, Irpef e Ires di giugno vanno rinviati a novembre sulla base del reddito nel 2020, non del 2019. Secondo: una riduzione forte dell`Iva per sostenere i consumi. Terzo: aumentare ecobonus e incentivi all`innovazione di chi investe. Tutto ciò che può anticipare gli investimenti è importante. Quarto: la cassa integrazione va estesa a tutti e senza costi o vincoli, a livello nazionale. Quinto: gli ammortizzatori sociali vanno estesi anche a precari e autonomi. Ce ne sono moltissimi in quattro settori che soffriranno: trasporti, turismo, spettacolo, istruzione».
E un piano costosissimo. Come fa a permetterselo un Paese come il nostro?
«Le conseguenze dell`inazione sarebbero peggiori. Nella mia ipotesi occorre investire almeno una ventina di miliardi, più di un punto di Pil, ovviamente da concordare con l`Unione europea».
Con il nostro debito non è possibile finanziarlo tutto in deficit. O no?
«Serve credibilità. Lo choc deve essere temporaneo, con un piano di rientro credibile. Si sale al tre per cento di deficit, ma per evitare la recessione, non prepensionamenti a pioggia. Quota cento va superata: in pensione vanno disoccupati, persone con disabilità e chi fa lavori gravosi. Il resto delle risorse si usa per i giovani e la crescita. E poi servono riforme: una giustizia giusta anche nei tempi e una pubblica amministrazione digitale, da cui si possono risparmiare subito tre miliardi di euro. Va semplificato anche il codice degli appalti: nel rispetto della concorrenza deve consentire il rilancio di investimenti ormai bloccati da troppa burocrazia». Siamo arrivati a meno della metà delle risorse necessarie a finanziare quel che propone. Non è così?
«Lo choc fiscale va finanziato anzitutto in deficit, ma è sostenibile se accompagnato da riforme che rendano credibile la crescita e il rientro dal debito». Crede che la maggioranza possa essere unita su un piano del genere? «Attorno a un progetto del genere dovrebbe esserci il massimo di condivisione possibile. Serve unità istituzionale, anche perché per convincere Europa e mercati che il rientro dal debito sarà credibile la politica deve apparire unita di fronte all`emergenza».


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