Al di là del giudizio penale sul maresciallo Mori, restano di quegli anni troppi interrogativi da chiarire: spero che il processo di Palermo serva a questo
Una sentenza, quella del processo Mori-Obinu, che colpisce l`opinione pubblica alla vigilia della commemorazione della strage di via d`Amelio, e che riguarda anche l`altro processo – sulla presunta trattativa Stato-Mafia – che si sta imbastendo a Palermo. Il senatore Giuseppe Lumia, già presidente della commissione Antimafia a inizio secolo, sotto scorta per le sue battaglie sul tema, che letture trae da questa sentenza?
«È una brutta storia che va chiarita al di là del giudizio penale, dobbiamo attendere il completamente del suo iter, ma troppe sono le domande che oggi rimangono aperte: perché Provenzano è stato latitante per decenni? Perché è riuscito a svolgere un ruolo da protagonista in una lunga fase storica della stagione post Riina, da lui guidata e che ha portato a una mortificazione micidiale della nostra democrazia? Può tutto questo essere avvenuto per una semplice sottovalutazione? Come è stato possibile avvengono due errori contemporaneamente di pari livello come quello che portò Cosa Nostra a ipulire il covo di Provenzano presuppondeno che non fosse controllato mentre il migliore settore investigativo del Paese, il Ros non ha colto quel momento: due errori incredibili, che lasciano perplessi e che non possono non suscitare una lettura più inquietante».
Interrogativi che si susseguono negli anni…
«Esattamente, ma posso continuare: com`è possibile ancora che nel periodo stragista si sia pensato di instaurare rapporti con Vito Ciancimino per arrivare ai vertici di cosa nostra senza mettere in conto i rischi devastanti per la democrazia? Come si può tra- sturare interrogativi sulla fase che precede l`omicidio e la strage di via Capaci o del maxi processo, dopo che la mafia subisce la prima vera sconfitta, innesca un`aggressione verso lo Stato e non i politici, ma verso Falcone indirizza tutta la sua violenza: Falcone è rimasto isolato solo per le sue idee o perché era un punto di riferimento che metteva in crisi i rapporti tra la mafia e la politica?»
Ventuno anni dopo, ancora molte lacune storiche…
«È ancora una vicenda tutta aperta, una vicenda che inquieta, dall`agenda rossa fino a come si caratterizzò lo Stato trattativista nella fase che ha preceduto le stragi durante le stragi e dopo le stragi. Quello tra mafia e politica non è un rapporto visionario, ma un elemento strutturale della vita di Cosa Nostra e del rapporto con lo Stato negli ultimi 200 anni. Provenzano non è un boss marginale a cui guardare con le categorie banali del latitante, ma la chiave d`ingresso negli apparati. Una chiave d`ingresso per il mondo economico e per la stessa politica: rapporti di uso e convenienza.
In un saggio, il professore Giovanni Fiandaca si chiede se sia poi così il leggittima la trattativa tra lo Stato e la mafia. È d`accordo?
«Leggo e ascolto con attenzione le tesi di Fiandaca che non vanno demonizzate ma non ne condivido la chiusura: il livello politico e istituzionale hanno precedenza. La magistratura verifichi fino in fondo senza guardare in faccia nessuno. Sia messa nelle condizioni ottimali di svolgere il ruolo che le compete».
Si trova in queste condizioni attualmente?
«Anche questa è una vicenda non risolta nel nostro Paese, fino a quando la magistratura interviene sulla parte militare riceve applausi e viene considerata una risorsa, quando, invece tocca gli apparati viene osteggiata e attaccata. La magistratura deve essere sempre considerata una risorsa anche quando affronta i temi più scabrosi».
La sentenza Mori indebolirà il processo sulla trattativa?
«Se ci fosse stata una condanna sarebbe stato ingiusto considerare rafforzata l`accusa sul processo trattativa, così credo debba essere considerata questa sentenza oggi. Ogni processo ha la sua dinamica e la sua storia, e i processi in Italia non devono trasformarsi in tifoserie sul rapporto tra mafia e politica: devono attenersi ai fatti mentre tutti gli altri livelli di responsabilità appartengono alla politica. Una brutta storia che va anche guardata con le lenti delle responsabilità politico-istituzionali».
Esiste tutt`ora una trattativa, un rapporto tra la mafia e la politica?
«Senza questo rapporto non ci sarebbero più le mafie. Bisogna dichiarare guerra alla mafia, finora è stato fatto in pochissime occasioni: sempre un`antimafia del giorno dopo, si faccia finalmente un`antimafia del giorno prima. A mancare finora è stato proprio la politica».
Quale?
«Trovandomi nel centro-sinistra non posso che rintracciare questa assenza nel centrodestra, ma bisognoa dire che tutte le parti politiche hanno avuto responsabilità in questa assenza. La politica tutta è venuta meno in questa guerra. Io non sono un qualunquista ma solo con una totale ocmpattezza di tutt ele forze politiche si potrà davvero riuscire a sconfiggere i fenomeni criminali nel nostro Paese. Oggi dobbiamo farlo, ci viene chiesto, la politica è quella più in ritardo, questa scelta va fatta da tutto il sistema politico».

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