Contro i trombettieri di una Padania ridotta a comunità Amisch
Gentile Silvio Berlusconi. Ci siamo incontrati di persona solo un paio di volte, e in circostanze tutt`altro che liete. La prima fu nel giorno di Pasqua del 1997, nel porto di Brindisi. Io ero lì da un giorno, lei era appena giunto. Davanti a quella costa, una motovedetta albanese, la Kater I Rades, era stata speronata da una nave della Marina italiana: 81 persone perdevano la vita e 24 finivano disperse. Le sue lacrime davanti ai sopravvissuti, riprese dalle telecamere, furono oggetto di ironia. Io non mi unii al coro. Sia perché ero tra quanti avevano visto da vicino quei corpi, quelle ferite, quelle tracce dì sofferenza, sia perché non penso che si debba essere uno stinco di santo (lei non lo è e nemmeno io lo sono) per cedere alle lacrime di fronte al dolore umano. Ma perché ricordare ora quel lontano episodio? Perché, in queste ore, si sta ripetendo – con numeri immensamente superiori e in una dimensione geografica sempre più estesa – quella stessa tragedia. Nulla di riducibile a una questione di ordine pubblico e di sicurezza nazionale e, tantomeno, a una controversia di politica interna. Lei, qualche giorno fa, ha pronunciato parole che rivelano tale consapevolezza. Ovvero che il fenomeno in corso, e da vent`anni, deve essere affrontato con intelligenza delle cose e senso di umanità. Aggiungo che quanto accade conferma come siano insensate (alla lettera: prive di senso e di qualunque efficacia) le strategie che si affidano alla chiusura delle frontiere, ai respingimenti e alla segregazione. Non a caso all`epoca di quel naufragio lei criticò aspramente i blocchi navali in quanto ‘non previsti dal diritto internazionale’ (e non voglio certo pensare che le sue parole fossero condizionate dal fatto di trovarsi all`opposizione del governo Prodi). D`altra parte le politiche dí esclusione ancor più e ancor prima che disumane, sembrano inseguire una torva distopia. Ovvero una utopia negativa e regressiva, destinata a produrre danni incalcolabili. Lei ne sembra avvertito, ma le sue parole giungono con grave ritardo dal momento che la stragrande maggioranza del suo partito (e anche una minoranza non irrisoria del mio, per la verità) ha detto e fatto cose totalmente diverse. Così come gli organi di informazione che fanno riferimento a lei, con rare eccezioni. Titoli sciagurati, dichiarazioni irresponsabili, deformazione dei fatti, parole di odio e di degradazione costituiscono un indecente florilegio (agevolmente esibibile, su richiesta) e una triste rappresentazione di ciò che la sua parte politica ha espresso a proposito di immigrazione e asilo. In parte farina del proprio sacco (quella di una destra non emancipatasi da una tradizione xenofoba, illiberale e reazionaria), in parte tributo gregario a Matteo Salvini. Uno che non è coerente nemmeno nelle sue rodomontate (‘Certo che ospiterei un profugo! L`ho sempre detto!’). Uno che sembra destinato a essere il trombettiere ganassa di una Padania ridotta a una sorta di comunità Amisch: autarchica endogamica e claustrofobica (senza nemmeno avere, degli Amisch, il drammatico tratto profetico). Perché, questo è il punto, la questione dell`immigrazione e dell`asilo è, sì, una questione umanitaria ineludibile, ma prima è una grande questione economica e, prima ancora, demografica. In un paese come l`Italia e in un continente come l`Europa, avviati a una irresistibile senescenza, i residenti hanno bisogno degli stranieri almeno quanto gli stranieri hanno bisogno dei residenti. Si pensi al nostro paese: al primo gennaio del 2015, gli immigrati regolari erano 5 milioni e 73mila: ma si ricordi che la gran parte di loro ha vissuto per anni in una condizione illegale o semi-legale. E che è stato proprio il governo Berlusconi-Maroni a realizzare la ‘più grande sanatoria della storia nazionale’ (700 mila nel 2002). Quegli stranieri regolarizzati costituiscono, per l`Italia, una ricchezza o un fattore di crisi? Certo, molte cose sono cambiate da allora e il flusso dei migranti può apparire impressionante e determinare ansia negli strati più vulnerabili. Ma è altrettanto vero che nel 2015 il rapporto tra nascite e decessi ha raggiunto il livello più basso di sempre, che il sistema di welfare ha ancora bisogno di nuovi contributi da nuovi lavoratori, che alcuni settori economici sono destinati a esaurirsi senza manodopera straniera. Come vede, faccio riferimento a dati materiali e strutturali che so esserle cari: nessun richiamo alla solidarietà, anche se – come dice Emma Bonino – ‘non è che un po` di umanità sia proprio da buttar via’.

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