Greta e Vanessa, il riscatto e i tweet triviali. Così avanza il nuovo brutale conformismo anti umanitario
Buoni e cattivi. Fatale come Catherine Spaak all’Isola dei
Famosi’ (ma davvero? Sì, facciamocene una ragione), si è
scatenata su mass media e social network una furibonda polemica a
proposito della liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due
volontarie rapite in Siria. Sia chiaro: la
discussione è legittima, ci mancherebbe, e
per alcuni versi addirittura opportuna. Tanto più se si concentra sul seguente
interrogativo: quel riscatto, quanti nuovi
ricatti potrà alimentare? E il denaro versato, quanti nuovi atti di terrorismo
potrà finanziare? Dilemmi tragici, per tanti aspetti destinati a rimanere senza
risposta e a venire sottratti al controllo di
una qualsiasi razionalità pubblica. Per il resto, la polemica rischia di essere
davvero pretestuosa e un po` sordida. Il
rapporto tra cittadino e stato si fonda
esattamente sulla fiducia del primo nella
promessa (volontà/capacità) del secondo di
proteggerne l`incolumità. In tempo di pace così come in tempo di guerra, nessun
cittadino deve temere di essere abbandonato nelle mani di chiunque
attenti alla sua integrità fisica o morale.
Come ha scritto Maurizio Molinari (la Stampa dello scorso 16 gennaio), citando
Golda Meir, quando si combatte il terrorismo il primo obiettivo è ‘non
lasciare nessuno dei nostri nelle loro
mani’. E proprio perché ‘salvare i propri
cittadini, evitare di abbandonare qualcuno
in balìa del nemico, rende una nazione più
salda, coesa, capace di difendersi’. Come
si vede finora non ho richiamato in alcun
modo la priorità rappresentata dalla vita
umana, ovvero il valore di qualsiasi vita umana e anche di una sola vita umana,
perché – a mio avviso – il ragionamento
sulla relazione di riconoscimentoobbligazione tra cittadino e stato è già
sufficiente per offrire una risposta. E
tuttavia è singolare che la categoria di vita
umana, proprio nell`epoca della sua massima cosmetizzazione e
medicalizzazione, conosca un processo così
diffuso di svalutazione e deprezzamento. La vita umana, qualsiasi vita umana e
anche una sola vita umana, sembra affare esclusivo di preti e umanitaristi di
professione, preoccupazione di cuori teneri e operatori della Caritas, roba per
anime belle e dame di San Vincenzo. Tutto
ciò è l`esito della lotta dissennata e vittoriosa contro il presunto ‘buonismo’
che dominerebbe l`opinione pubblica del nostro paese, specie in alcune aree di
ispirazione cattolica e/o progressista.
Buonismo è una delle parole più indecenti che siano state coniate negli ultimi
decenni, espressione sciagurata, prodotta
da una mentalità torva e acre, maligna e
greve, che ha finito con l`alimentare il suo
esatto contrario: il cattivismo. Ma mentre il primo è poco più che una traccia
ideologica o un tenue tratto politico o un
sentimento di superficie, contraddetto
nella pratica quotidiana da comportamenti
e politiche di segno opposto, il cattivismo è
diventato un robusto senso comune. E proprio la vicenda della liberazione delle
due volontarie, ne è una conferma. Si possono, infatti, contestare ragioni e
metodi di questa operazione, ma ciò che
più colpisce è l`umore collettivo che la polemica trasuda. E, ancor più,
l`autodefinizione che quello stesso umore
tende a offrire di sé. E` tutto un inneggiare
al ‘coraggio di dire che’, all` ‘andare
contro corrente’, al ‘farla finita con il
buonismo e con il politicamente corretto’. E questa autoesaltazione
dell`anticonformismo più stracciacelo, nutrito di vittimismo da due soldi (‘mi
massacreranno, ma devo dirlo’), precipita
nelle banalità più ordinarie e nel più dozzinale politically uncorrect. Ma se
scrivere: ‘Vanessa e Greta, sesso consenziente con i guerriglieri? E noi
paghiamo!’ è manifestazione di coraggio e
anticonformismo, ne viene gloriosamente rivalutata tutta la nostra fantastica
scurrilità infantile. Tipo: ‘La maestra
Porcu Colomba / Alza la gamba e suona la tromba’. Vuoi mettere?
2 – A proposito di scambio. Nel novembre del 2009, lo stato dí Israele ha
rilasciato 19 donne palestinesi detenute,
tra le quali alcune di Hamas, per ottenere
un video che potesse confermare come il
caporale Gilad Shalit, prigioniero della
stessa Hamas, fosse ancora vivo. Si trattava
del primo atto di un complessissimo negoziato, finalizzato alla liberazione
dell`israeliano in cambio di quella di centinaia di palestinesi. Tra le molte
riflessioni possibili, ciò che più colpisce è
la sproporzione: ovvero la dismisura di quello scambio. Decine e decine di
prigionieri per uno solo (o per una salma).
E, prima e dopo quel novembre del 2009, tra i due ‘nemici mortali’, si sono
realizzati negoziati e passaggi di prigionieri. Dunque, può accadere che la
concezione della vita, come unica e irripetibile – bene supremo da
salvaguardare – possa manifestarsi, imprevedibilmente e
contraddittoriamente, proprio nel luogo e
nell`ora della massima efferatezza: quando quella stessa vita viene messa
continuamente a repentaglio e continuamente sacrificata. Certo, restano i
nemici, l`un contro l`altro armati, e gli uni
davanti agli altri, senza possibilità di
perdono e di risarcimento. Ma resta anche
un così totale attaccamento alla vita, che
può portare a considerare la vita stessa,
proprio quando più la sí dissipa, come un bene massimamente prezioso. Che si
scambia con ciò che è possibile scambiare in quel momento.

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