Negli slittamenti progressivi del discorso pubblico, sottoposto agli strappi delle urgenze e delle emergenze, delle guerre culturali e delle ‘derive etiche’, le parole e le categorie da queste definite sono soggette a persistenti equivoci. Prendiamo il termine antropologia. L`antropologia quale scienza dell`uomo, considerato nella sua individualità così come nelle sue diverse aggregazioni, può avere la straordinaria capacità di accompagnare i processi di auto identificazione del soggetto fin nella sua più profonda coscienza di sé; e, allo stesso tempo, può coltivare la ricerca delle trasformazioni delle forme di vita e di relazione, ma anche delle passioni e dei sentimenti, delle culture materiali e delle ideologie. Esiste, inoltre, un`antropologia che ha un suo fondamento teologico e si propone come rapporto tra l`uomo e il principio creatore dell`universo. Ebbene, quest`ultima lettura dell`antropologia ha assunto, nella discussione pubblica recente, un suo significato ‘temporale’ e ‘secolare’: così che importanti settori del laicato cattolico intransigentista hanno mescolato quell`accezione teologica dell`antropologia con il suo significato di scienza delle trasformazioni dell`identità fondamentale dell`uomo. Ne è risultato un bel guazzabuglio. L`antropologia cui fa riferimento quel laicato cattolico intransigentista è diventata così la giustificazione di una interpretazione naturalistico-biologista della famiglia, dei ruoli sessuali, della genitorialità e della filiazione. Un`interpretazione irrigidita e, alla resa dei conti, in-sensibile.
Lo scambio degli embrioni all`ospedale ‘Pertini’ di Roma; la ‘gestazione per altri’ di cui alcuni giudici si sono occupati in questi giorni; la fecondazione eterologa, ammessa qualche settimana fa dalla Consulta; l`affidamento di una bambina a una coppia omosessuale, disposto dalla Cassazione un anno fa e recentemente ribadito da diversi tribunali. Casi diversissimi tra loro, alcuni addirittura illeciti o ammessi solo grazie a un`interpretazione lungimirante delle norme vigenti. E, tuttavia, sempre più frequenti, accomunati dall’imperfetta’ coincidenza tra genitorialità biologica e genitorialità elettiva e tra biologia e biografia.
Con sempre maggiore frequenza, sentenze di corti interne e sovranazionali o notizie di cronaca dimostrano come il modello della ‘famiglia generativa’ – sancita dal vincolo matrimoniale tra coppie eterosessuali – e della filiazione biologica, su cui si basa il nostro diritto, sia ormai inadeguato a cogliere la complessità dei legami familiari. E in particolare del legame tra minore e partner del genitore biologico o, in altri termini, della ‘genitorialità sociale’, che rischia di essere, soprattutto in alcuni casi, totalmente irrilevante per il diritto, in quanto non fondata sul legame di sangue. Tema, questo, che non si esaurisce nell`ambito delle coppie omosessuali ma investe piuttosto le varie ‘forme dello stare insieme’ non fondate sul matrimonio. In ogni caso, a emergere è la relazione tra un minore figlio (biologicamente) di una soltanto delle parti della coppia, per le ragioni più diverse: ricorso all`estero alla fecondazione eterologa da parte di coppie omosessuali o alla surrogazione di maternità (da noi entrambe illecite); nuovo legame di un genitore per separazione o morte dell`altro. In tutti questi casi, il diritto è completamente indifferente alla relazione che si instaura tra minore e genitore elettivo o sociale, che per il primo è, dal punto di vista giuridico, un perfetto estraneo. Quest`indifferenza ha ovviamente effetti negativi per lo stesso figlio, che rischia di rappresentarsi il legame con il genitore elettivo come non meritevole di tutela. Gli effetti concreti sono poi paradossali. Ad esempio, la morte del genitore biologico rischia di privare il figlio della continuità affettiva con il co-genitore e di consentirne, dunque, l`adozione da parte di terzi. Il genitore elettivo deve confidare nella lungimiranza di insegnanti e presidi per partecipare ai consigli di classe o anche solo per prendere a scuola quello che considera suo figlio.
Per colmare questa lacuna, andrebbe approvata una norma che riconosca giuridicamente il diritto del minore al rapporto con il genitore non biologico, all`interno di nuclei famigliari diversi da quello tradizionale, fondato sulla coincidenza tra relazione coniugale e filiazione. Peraltro, si potrebbe riconoscere al partner del genitore biologico il diritto di assumere, rispetto al bambino con cui abbia un legame significativo, alcuni diritti e doveri che gli siano espressamente ‘delegati’ dal/dai genitori biologici, secondo modalità stabilite da un accordo ratificato dal tribunale, in quanto rispondente all`interesse del minore.
A una soluzione del genere, destinata a diventare disegno di legge, lavora da tempo l`avvocato milanese Laura Logli che, unitamente all`avvocato Federica Resta, ha scelto di affrontare una materia tanto incandescente quanto in continua evoluzione, ponendo al centro – come esige il miglior diritto contemporaneo – l`interesse del soggetto più debole. D`altra parte, la preoccupazione di garantire al minore il diritto all`affettività si conforma allo spirito della legge 219/2012 sulla ‘filiazione naturale’, che equipara i figli nati dentro e fuori dal matrimonio sotto il profilo del trattamento giuridico. Tutto ciò dimostra come i legami familiari (e quelli tra genitori e figli in particolare) abbiano una complessità e una ricchezza non riducibili a un unico modello e necessitino, invece, attenzione e ri-conoscimento, a prescindere dalla forma in cui trovino concreta realizzazione. Insomma, quanto descritto sembra davvero indocile rispetto a qualunque pretesa classificatoria e a ogni intento disciplinare che l`una o l`altra ‘antropologia’, rigidamente intesa, voglia esprimere.

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