Chi vive al Sud sa bene quali siano le gravi difficoltà sociali che “piagano” le nostre comunità. Lo sa soprattutto chi è o è stato amministratore locale. Trovarsi davanti alla propria porta persone disperate, prive di mezzi, gravate da carichi familiari a cui non saper dare risposte. Ed è per questo portato di sofferenza sociale che nella scorsa legislatura abbiamo lavorato per l’ approvazione del REI. Un percorso complicato e non semplice per dare al nostro Paese una struttura universale per contrastare la povertà. Una prima risposta per quel 30% di persone che, in particolare nel Sud, vive in povertà assoluta e anche per chi vivendo ai confini di questa drammatica soglia sapeva di non essere lasciato solo. Le fasce più colpite sono sicuramente i giovani e le donne. Ma c’è un tratto comune che non va sottovalutato e non va rimosso dal dibattito pubblico ed è quello che queste persone cercano lavoro non assistenzialismo. Cercano una strada per potersi affermare, senza dover per forza lasciare la propria terra e di sicuro non vogliono essere portati in un pericoloso limbo.
Quelle scene di esultanza dal “balcone” di Palazzo Chigi, tristemente evocative di altri balconi e quella idea giacobina, in base alla quale la lotta alla ricchezza è la soluzione per chi è povero, aprono scenari inquietanti per il nostro Paese e per il Sud.
E’ vero: nella raccolta del consenso il Sud è “giallo” proprio in nome di quella misura che si chiama reddito di cittadinanza. Ma ora che ci avviciniamo al dunque e che qualche numero inizia ad essere messo nero su bianco, crescono le preoccupazioni circa un possibile corto circuito sociale devastante per il futuro della nostra comunità.
Innanzitutto c’è della irresponsabilità di fondo, perché non si dissipano così i sacrifici degli italiani che, in quel novembre 2011 per evitare che non si potessero pagare stipendi e pensioni, si sono visti cambiare aspettative di vita e sono stati costretti a pagare un prezzo salatissimo anche perché chi, fino ad allora, aveva governato.
Non solo. Prendiamo lo scalpo della legge Fornero. Vedremo con attenzione come saranno scritte le norme perché è nei dettagli che si nasconde l’inganno: già ora possiamo dire che sia una misura a forte trazione nordista. E’ lì che ci sono le fabbriche, è lì che incide quel tipo di calcolo. E chi pagherà il conto ? i giovani ed in particolare quelli del sud che hanno meno opportunità di entrare presto nel mondo del lavoro. Potrebbero essere interessati i lavoratori del pubblico impiego? Può essere, ma potrebbe anche accadere, invece, che, in contesti sociali depressi, l’ipotesi di una penalizzazione con uscita anticipata possa indurre – a fronte di una certezza del “posto” – a rimanere fino alla fine per non perdere nulla economicamente.
Non ci vuole certo un premio Nobel per produrre queste osservazioni.
E veniamo al reddito di cittadinanza. Anche qui attendiamo di capire tante cose, a partire ad esempio da quale sarà la quota Isee, se verrà confermata quella del REI (6000 euro) o se cambierà, sempre per la presenza di quei diabolici dettagli che potrebbero determinare uno spread pericoloso tra attesa e realtà. Però, anche in questo caso, la domanda di fondo è altra: può essere l’assistenzialismo la risposta al disagio sociale?
Il rischio più grande e inavvertito al momento è che oggi il governo “gialloverde” stia siglando una ipoteca sul futuro dei giovani e del Sud e il cui conto non tarderà a manifestarsi.
Il vero e pericolosissimo paradosso è che i grillini, che si sono sempre dichiarati contro il gioco d’azzardo, il più grande azzardo lo stiano facendo sul Paese giocando a fare i governanti.


Ne Parlano