Per dieci anni è stato uno aegli uomini più vicini a Matteo Renzi e un habitué della Leopolda. Per questo fa un po’ strano sentire Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, che dice. «La Leopolda che si apre stasera sarà un po’ meno libera delle altre e più intruppata». Effetti della rottura con Renzi che ha lanciato Italia Viva, mentre tanti dirigenti renziani come Marcucci e Luca Lotti sono rimasti nel Pd. Il senatore di Barga è cosi convinto della sua scelta che in Toscana è pronto a fare la battaglia in favore della candidatura di Eugenio Giani a governatore. «Le tre settimane che il Pd si è preso per cercare una candidatura unitaria certificheranno che quella di Eugenio è la più condivisa».
Senatore Marcucci, lei non andrà alla Leopolda per la prima volta in 10 anni. Ma ai leopoldini, insomma ai suoi vecchi compagni di viaggio, ha qualcosa da dire?
«Auguro ovviamente a tutti buon lavoro, la Leopolda è da sempre un importante appuntamento politico, ed è stata sempre una fucina di idee che poi il Pd ha portato al governo. Certo questa edizione sarà un po’ meno libera delle altre, questa volta ci sarà un simbolo di partito, e quindi per forza di cose sarà certamente più intruppata. In passato la sua forza è stata quella di essere la casa di tutti, persino quando Matteo era segretario del Pd. Domani invece apre un meeting, importante, ma che sarà catalogabile come un evento di partito e quindi purtroppo temo che perda un po’ di freschezza. Continuo a trovare bello e positivo che tante persone usino il loro tempo per confrontarsi sul loro Paese e per trovare nuove idee».
Ha sentito Renzi in questi giorni? Che vi siete detti?
«Matteo Renzi è un amico, e ricordiamocelo, un partner importante di questa maggioranza. In fondo il governo con i Cinque Stelle è nato da una sua intuizione. Non avrei motivo per non sentirlo. Sono stato con lui dalle primarie di Firenze fino a ieri, il rapporto personale spero sia immutato, non ho condiviso la sua decisione di lasciare il Pd, ma auguro a lui, a Maria Elena, a Francesco, a tutte le amiche e agli amici che li hanno seguiti, il successo politico che si meritano. Io resto fermo nelle mie valutazioni, ovvero: lasciare il Pd è stato un errore».
Nel Pd anche toscano sembra esserci grande agitazione per questa Leopolda. Il governatore Rossi ha invitato i Democratici a disertare l’evento. Che ne pensa?
«Come è noto, sono un liberale non pentito, non ho la pretesa di indicare ai militanti cosa devono o non devono fare i fine settimana. Naturalmente le parole di Rossi rivolte a Nardella non mi sono piaciute. Enrico Rossi lasciò il Pd, ed ha fatto le ultime elezioni politiche come dirigente di un’altra formazione politica. Diciamo che non è il più adatto a fare oggi richiami alla coerenza. Dario Nardella è il sindaco di Firenze, trovo scontato che vada alla Leopolda a portare i saluti della città e per gli altri, ripeto, i diktat in politica non servono a nulla. E lo dice uno che ha già ampiamente annunciato che non parteciperà alla Leopolda».
Ma i renziani senza Renzi hanno realisticamente spazio in questo che guarda ai Cinque Stelle?
«Io credo di sì. Il Pd senza un’area riformista e liberaldemocratica non avrebbe senso. Ed in più siamo l’unico partito contendibile, e questo credo sia un grande vantaggio competitivo. La mia scommessa è che il Nazareno resti la casa di tutti i riformismi, tenuto insieme da regole di comportamento ed organismi eletti, e con primarie libere per concorrere all’elezione del segretario».
II Pd toscano si è preso tre settimane per cercare una soIuzione unitaria sul candidato governatore in vista delle elezioni del prossimo anno. È il segnale che, dopo la scissione di Renzi, si complica la strada per Eugenio Giani, di cui lei è un sostenitore?
«Penso al contrario che queste tre settimane certificheranno che la candidatura di Giani sia di fatto la più condivisa. Oltre alle polemiche spesso caricate ad arte, non vedo una pletora di candidati ansiosi di mettersi in gioco».


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