Riportare il Pd ad essere il primo partito italiano approntando solidi ancoraggi ideali e programmatici; rinvigorirne la vocazione maggioritaria e i caratteri di forza politica plurale che parla a tutto il Paese. Sono gli obiettivi a cui tende il Manifesto di Base Riformista.
Nel mondo i regimi autoritari mostrano un’inedita aggressività. I valori della democrazia liberale e costituzionale sono sempre più minacciati dal nazional-populismo. Viviamo in uno scenario nel quale l’Europa deve riformarsi, uscire dall’afonia e mettere in campo politiche continentali più incisive sul terreno economico e sociale.
In breve: occorrono una nuova sovranità europea e un salto in avanti in senso federale. Grazie alla globalizzazione centinaia di milioni di persone non fanno più la fame. L’incessante aumento degli scambi internazionali ha prodotto benefici enormi. Ma la grande e lunga recessione del 2008 ha dimostrato che, se non adeguatamente governato, questo grande fenomeno mondiale può avere effetti negativi dirompenti.
Massimizzare i suoi benefici, minimizzare i suoi costi sociali. Questo deve fare il riformismo. L’incertezza e l’inquietudine sociale hanno registrato un’impennata nell’ultimo decennio. È poco utile demonizzarle, o sottovalutarle; o, peggio ancora, ignorarle. Bisogna farsene carico, cercando di rimuoverle con un’azione progressista. Spingere gli investimenti produttivi, pubblici e privati, è un dovere civico: senza investimenti non c’è crescita, se non c’è crescita non c’è lavoro.
Senza lavoro esplodono la disuguaglianza, la miseria e l’ingiustizia sociale. Ma la crescita può essere squilibrata o equilibrata, iniqua o equa. È equa se tutte le persone possono contare su uguali opportunità; se i salari aumentano perché diminuiscono le tasse sul lavoro; se saremo in grado di spendere di più e meglio per sanità, scuola, formazione, cultura, ricerca. A ciò deve mirare un liberalismo sociale e solidale di nuovo conio.
Decisivo è il banco di prova della questione migratoria. C’è una strada realista che riconosce l’insostenibilità di un’accoglienza senza limiti e punta a coniugare rigore, accoglienza, sicurezza, centralità dei diritti umani, governo degli ingressi, inclusione sociale e lavorativa, educazione alla cittadinanza, cooperazione internazionale. È una strada stretta. Ma va percorsa, con decisione.
Elementi essenziali di una piattaforma riformista sono anche le politiche ambientali, quelle per la legalità e una giustizia più giusta, quelle per la famiglia e i diritti delle donne. Nelle politiche ambientali occorre una svolta radicale e epocale.
Non minori sono i passi avanti da compiere nella tutela della sicurezza dei cittadini, da un sempre più efficace presidio del territorio a una maggiore certezza della pena. Nel campo della giustizia i tre pilastri su cui costruire riforme di progresso sono l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, il garantismo e la separazione delle carriere. Sulla promozione dei diritti delle donne e sulle politiche per la famiglia bisogna concentrare risorse in misura senza precedenti, perché senza uguali è il ritardo che abbiamo accumulato nei decenni.
Ovviamente questo ampio ventaglio di scelte richiede un contesto istituzionale appropriato, che non può che essere quello della democrazia trasparente, decidente e maggioritaria.
Ma soprattutto richiede un Pd consapevole fino in fondo delle proprie potenzialità, che sappia essere motore dell’alternativa di governo, e perciò dedito non a vagheggiare la creazione in vitro di uno o più «fratellini» minori (che non farebbe che darci un centrosinistra più spezzettato ma non più forte), bensì a potenziare al massimo la propria forza espansiva e la propria capacità di essere punto di riferimento politico per i ceti popolari e medi, per l’elettorato di sinistra come per quello moderato e di centro.
Impresa non facile. Ma al di fuori da questa strada c’è la vocazione minoritaria. Cioè il tradimento della missione per cui il Pd è nato.


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