Senatore Matteo Renzi, il governo Conte continua a litigare, eppure il consenso di cui gode non sembra calare. Come se lo spiega?
Per stare in piedi questo governo ha però solo una strada davanti: rimangiarsi le promesse elettorali. Alla fine la Flat tax sarà solo un modo diverso di chiamare gli 80 euro, i soldi promessi da Di Maio per la famiglia sono andati per assumere i navigator, l’Italia che doveva cambiare tutto in Europa è isolata e non conta più niente. Ma loro resteranno in piedi. O meglio: a sedere. Perché dalle poltrone non si alzano. Quando vanno al governo i populisti diventano infatti più aggrappati alle poltrone dei politici della prima Repubblica.

Resta il nodo del consenso.
Il consenso viene e va, se lo lasci dire da uno come me che ha conosciuto vittorie e sconfitte sonore. Non è più come 30 anni fa: oggi si cambia idea velocemente. Di Maio è passato dal 33 al 17% in 12 mesi. Salvini ha già raggiunto il massimo e rischia di dimezzare i propri voti con ancora maggiore rapidità.

Una settimana fa la crisi sembrava davvero a un passo. Ora non più. Quali prospettive vede?
Non mi preoccupano le polemiche di giornata, ma il clima nel Paese. Alla fine questi stanno seminando odio, zizzania, rancore. Pagheremo per anni il clima di barbarie che i messaggi di Salvini suscitano nel Paese. Proprio nelle ore in cui si approvava il secondo decreto sicurezza, inutile come il primo e buono solo per la propaganda, oltre cento fratelli africani morivano annegati. Ma quale sicurezza può essere questa? Lo stesso giorno un carabiniere veniva ucciso in centro a Roma. Un dolore atroce. Ma come si può accettare che una deputata della destra, convinta all’inizio che il killer fosse africano, ha detto che io ero il mandante politico e morale della morte di quel povero brigadiere: ma che politica è mai questa? Resto orgoglioso di aver sempre tenuto uno stile diverso. E sono fiero dell’Italia che salvava vite nel Mediterraneo, dando lezioni di civiltà: altro che “la pacchia è finita”.

Dopo il “mandato zero” e il sì alla Tav, esiste ancora il Movimento 5 stelle? E il leader è ancora Di Maio, o piuttosto Conte?
Il leader di M5s non è più Grillo, né Di Maio, e non sarà mai Conte. Perché il leader, unico, è l’algoritmo di Casaleggio. Noi siamo romantici, invece, e pensiamo che la politica sia fatta con le idee e gli ideali. Noi siamo quelli che si emozionano quando vanno a Bozzolo da don Primo Mazzolari e il suo “M’impegno” o a Barbiana da don Milani e il suo “I care”. Perché per noi la politica è passione, idea, impegno.

E per i pentastellati no?
In M5s il punto di partenza è cosa dice la “gente” su Facebook. Si studia la pancia della gente e si danno le risposte che gli utenti desiderano sentirsi dire. Per questo il populismo fa continue inversioni a U: Tav, Tap, Ilva, euro, Olimpiadi. Cambiano idee a seconda della convenienza. Emblematico è il caso di Benetton in Alitalia. Se la parola di Di Maio valesse qualcosa, nessun italiano dovrebbe più prendere un aereo di linea. Ma non gli crede nessuno: uno vale uno, Di Maio vale zero.

Veniamo al Pd. Mi dica tre parole che lo identificano oggi.
Le tre parole sono: “chieda a Zingaretti”. Non sono più il segretario del Pd. E mi pare che molte cose siano cambiate. Il nuovo segretario ha scelto per le riforme uno che ha votato no al referendum. Per il lavoro uno contrario al Jobs act. Membri della segreteria hanno chiesto che non parlassi io in Senato contro Salvini. Il Pd è tornato a prendere il voto di D’Alema e di chi fece la scissione due anni fa. Dunque, è un altro Pd. Tutto legittimo, sia chiaro. Non mi si chieda di giudicarlo.

Ma chi intercetta oggi in Italia le istanze dei più deboli?
Dico che per la povertà quando sono arrivato al governo c’erano 20 milioni, quando sono uscito 2,7 miliardi. C’erano mille ragazzi a fare il servizio civile, oggi sono 50mila. Può piacere o meno, ma il mio governo è stato quello che ha fatto di più per il sociale. Il punto è che però oggi c’è un’altra forma di povertà che va combattuta: è la povertà educativa. Quando leggo che molti ragazzi non sanno comprendere un testo di italiano, penso che saranno sempre schiavi di chi vorrà ingannarli. Ecco perché per me è una priorità educare a riconoscere le fake news e fare formazione politica: d’accordo con mia moglie, abbiamo deciso di investire un mese di stipendio in Senato per organizzare, dal 21 al 24 agosto al Ciocco, una scuola estiva per 200 ragazze e ragazzi. Ho già premesso, se vogliono venire, che per 4 giorni toglieremo loro il cellulare. Nelle polemiche interne al Pd non mi troverà mai più: venga a cercarmi tra i ragazzi che studiano, non tra i politici che starnazzano.

Però va costruita un’alternativa a Lega-M5s. Qualora si andasse al voto anticipato dopo una crisi fra queste forze e cambiasse la leadership, lei vedrebbe ancora impossibile un dialogo col Movimento?
Alcuni esponenti del Pd hanno invitato a pensare a un dialogo sulla base di non meglio precisati valori. Io mi chiedo: ma quali sono questi valori condivisibili? La democrazia diretta? Loro hanno una visione anti-scientifica e anti-democratica. Sono l’opposto della democrazia, nel momento in cui hanno un responsabile scelto per via dinastica e attuano il sistema di cacciare il dissenso. Finché restano questi capisaldi, è impossibile.

Ma bisogna costruire un’alleanza, no?
Se stiamo dalla mattina alla sera a studiare alleanze, rischiamo di perdere di vista la forza delle nostre idee. Un esempio lo si è visto con la mozione di sfiducia a Salvini.

In che senso?
Se fosse stata presentata per tempo, avremmo costretto Salvini a venire in aula e, quindi, M5s a decidere in modo palese se votare o no per il ministro dell’Interno. Quelli che non l’hanno voluta, hanno fatto un favore ai 5 stelle. Ora lo scenario è già diverso, ha un minore impatto.

Ma, quando sarà, ci vorranno le primarie per il candidato premier del Pd?
Lo ripeto: sto fuori dalle dinamiche del partito.

Crede che la sinistra italiana abbia ancora qualcosa da dire a livello europeo?
Assolutamente sì. La vera sfida è una battaglia per creare paradigmi diversi nell’economia – rivedendo il ruolo dell’austerità -, nella cultura, nell’identità, nell’integrazione. Sono questi gli ambiti sui quali lavorare.

Cosa ne pensa del caso Bibbiano?
Che schifo le polemiche su Bibbiano. Se qualcuno ha fatto male ai bambini deve essere punito senza incertezze. Su questi temi non si scherza. Ma fa male ai bambini anche chi strumentalizza per un voto in più. Nelle case famiglie, nell’istituto dell’affido o dell’adozione, nel Terzo settore c’è tanto amore, tanto. Chi è passato da certe esperienze sa che cosa significhi entrare in punta di piedi nella vita degli altri e mai può accettare la meschina battaglia politica. Lo sciacallaggio su questi temi è indecente. Difendiamo i bambini, facciamolo tutti insieme, senza polemiche di partito.

La voce del mondo cattolico resta flebile in politica, malgrado esperimenti che qui e là si tenta di allestire. Come li valuta lei?

Il mondo cattolico vive una fase di profonda trasformazione. Io non rimpiango i vecchi tempi perché la nostalgia consola, ma non costruisce. E voglio essere costruttore. Fatto sta che a 44 anni ho fatto in tempo a vivere un’altra stagione. Quando andavo a scuola, i casi di ragazzi che non facevano religione a scuola si contavano sulle punte di una mano. Oggi vedo parrocchie che faticano a organizzare il catechismo e la chiesa deve ripensare se stessa come frontiera educativa di minoranza. Ma questo non deve spaventare, perché il messaggio cristiano è più forte che mai. E, paradossalmente, questa società liquida ha più bisogno di prima della solidità del Cristianesimo. Ma i cattolici non possono pensare se stessi in politica solo come guardiani etici dei valori o – peggio ancora – affabili interlocutori dei salotti romani. Occorre formare da zero una nuova generazione di politici che viva l’impegno politico come parte della propria vocazione, come responsabilità: la risposta a una chiamata.

Le rifaccio la domanda: ma come si costruisce l’alternativa a questa maggioranza?
Intanto bisogna dire no senza sosta alle loro fake news. Poi arriverà il momento di raccontare che cosa vogliamo fare noi, non solo di criticare gli altri. E per questo la Leopolda di ottobre sarà un grande momento di svolta e di proposta. Il meglio deve ancora venire.


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