“Non sono renziano ma ritengo che sostenere Renzi sia utile all’Italia. Perciò è necessario superare limiti ed errori, dare corpo a un progetto di trasformazione incisivo e inclusivo, aggiornare il profilo politico del PD, facendone la dorsale del sistema democratico riformato e di un centrosinistra attraente”. Lo scrive in un intervento pubblicato su IlFoglio.it, Luciano Pizzetti, senatore del Partito democratico e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
“Matteo Renzi – prosegue Pizzetti – ha scrollato l’albero di una struttura Paese incistata da conservatorismi e oligarchie. Radicata in un riformismo proclamato e raramente praticato. È caduto purtroppo anche qualche frutto sano. Ma il progetto di liberare il Paese da ‘lacci e lacciuoli’ che impediscono crescita inclusiva non va abbandonato. Altrimenti non recupereremo mai il gap che ci separa dal resto d’Europa. Questa era la ragion d’essere del PD dieci anni fa. Va ribadita oggi, in un Occidente in cui la globalizzazione genera nuovi poveri in balia di populismi e fondamentalismi”.
Il sottosegretario riconosce “errori di approccio e di valutazione” da parte di Renzi, ma si chiede: “Al netto degli errori l’azione riformista immaginata e perseguita in questo triennio è servita e serve al Paese? Sì, è servita e serve moltissimo. È la ragione per cui sostengo Renzi”.
“È in corso un poderoso tentativo di ripristino dell’Ancien Régime – è l’allarme lanciato da Pizetti –. Con lo scopo di affrontare i populismi si fanno morire le diversità e le alternanze. Il ritorno al proporzionale sarà l’asfissia della democrazia e non fermerà i populismi. Un ritorno oltretutto imperniato su partiti non più partiti, sradicati socialmente e spesso ridotti a grumi di potere. Occorre evitare assolutamente l’inversione di rotta e portare a compimento una riforma elettorale e un impianto costituzionale di stampo maggioritario e diretto”.
Per questo, conclude il sottosegretario, “il Pd che vuole Renzi, in termini di progetto e di visione, costituisce oggi l’unico argine alla deriva. Dobbiamo raccontarlo. Per unire, dopo e oltre il 4 dicembre, chi convintamente ha votato sì e diversi, che pur votando no, non hanno smarrito le ragioni del cambiamento. Per questo il combaciare di Segretario e candidato premier è un vero combinato disposto sostanziale. È un’idea di democrazia repubblicana per riconnettere istituzioni e popolo. In questa resistenza che è speranza c’è voglia di futuro. C’è un’ idea di partito. C’è un’idea di Italia. E la stabilità potrà essere qualcosa di più della paura del voto che sorregge l’attuale continuismo parlamentare”.


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