Il Senato,
in vista della riunione dei Capi di Stato e di Governo (Consiglio europeo) che si terrà a Bruxelles il 22 maggio 2013;
premesso che:
la crisi economica vissuta negli ultimi anni dall’Eurozona, a seguito del default della Grecia, ha evidenziato la necessità di rafforzare l’Europa e le sue Istituzioni;
da ottobre 2009, quando è emerso lo squilibrio dei conti pubblici di Atene, che ha messo in evidenza l’architettura imperfetta della moneta unica, la speculazione internazionale ha iniziato a interessarsi non solo della Grecia, ma ha colpito i debiti sovrani anche degli altri Stati e, in particolare, seppure con tempi e modalità diverse, dell’Italia, della Spagna, dell’Irlanda e del Portogallo. A dimostrazione del fatto che l’Unione non ha saputo rispondere con tempestività;
in un primo momento, la ricetta per far fronte alla crisi è stata fondata prevalentemente sull’aggiustamento strutturale da parte degli Stati colpiti dalla speculazione, con politiche deflazionistiche;
il necessario consolidamento di bilancio (altrimenti detto rigore di bilancio), cioè il progressivo conseguimento di stabilità finanziaria (conti in ordine), che implica compatibilità con la stabilizzazione della dinamica economica (crescita), si è trasformato nella politica dell’austerity;
l’eccesso di rigore nei Paesi dell’Eurozona, soprattutto quelli sotto attacco speculativo, nonché il ritardo dell’Unione europea e degli Stati membri nel prendere coscienza delle conseguenze di una crisi non nata in Europa, hanno determinato, a livello politico, una deriva populista che ha fatto venir meno il consenso nei confronti dell’Europa, e di cui occorre tenere conto nella definizione delle strategie da adottare, delle soluzioni da proporre e della loro relativa calendarizzazione;
politiche di bilancio procicliche adottate in periodi di decrescita del PIL hanno contribuito a un approfondimento della recessione nei Paesi dell’Eurozona – specialmente del Sud – che ha finito per ridurre drasticamente l’efficacia della politica monetaria, nonostante gli sforzi compiuti dalla BCE, che nell’ultimo anno e mezzo ha adottato comportamenti più flessibili, sia sul versante dell’acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi più esposti alla speculazione, sia immettendo ingenti liquidità nel sistema, per limitare le asimmetrie che, ancora oggi, purtroppo si registrano e che hanno determinato, in Italia, un onere aggiuntivo a carico delle imprese;
la pur positiva decisione della BCE di ridurre il tasso di interesse di riferimento potrebbe risultare insufficiente ad attivare un circuito virtuoso banche-imprese in assenza di altre iniziative, quali il rifinanziamento diretto di ABS (Asset Backed Securities) già sperimentato dalla Banca d’Inghilterra e ventilato dallo stesso Mario Draghi;
il Fondo Monetario Internazionale ha da ultimo dimostrato sul piano empirico che gli effetti recessivi dei tagli di bilancio sono, nel corso di una recessione e soprattutto se adottati contemporaneamente da paesi fortemente integrati, ad esempio, facenti parte di un’unione monetaria, tre volte più penalizzanti di quelli inizialmente ipotizzati;
la bussola del sistema continua ad essere costituita dal rispetto del noto parametro del rapporto tra il disavanzo pubblico annuale e il PIL, che non deve superare il 3 per cento: rapporto che, almeno nel 2013, appare problematico conseguire, visto che, secondo le ultime previsioni della stessa Commissione europea, ben 10 Paesi (Cipro, Slovenia, Spagna, Irlanda, Francia, Portogallo, Malta, Olanda, Belgio e Slovacchia) su 17 presentano un deficit superiore ai parametri previsti (mentre prevede un disavanzo del 2,9 per cento per l’Italia);
la stessa criticità si ricontra nell’andamento del deficit annuale strumentale, corretto per il ciclo, visto che ben 11 Paesi (Austria, Olanda, Slovacchia, Belgio, Portogallo, Francia, Slovenia, Malta, Irlanda, Cipro e Spagna) su 17, sempre secondo le ultime previsioni della Commissione europea, non sembrano in grado di garantire, nel 2014, il rispetto del pareggio strutturale previsto dal ‘Fiscal Compact’ (un deficit strutturale compreso tra 0 e -0,5 per cento). L’Italia, invece, con un deficit strutturale previsto pari a -0,7 per cento del PIL, appare tra i più virtuosi;
tuttavia, va sottolineato che gli indicatori corretti per il ciclo sono sempre meno affidabili, dato l’abbassamento strutturale del livello dell’attività produttiva. Ai fini della sostenibilità rileva, invece, che il debito pubblico, a causa delle politiche di svalutazione interna, è aumentato ovunque nell’Eurozona;
come previsto dal ‘Fiscal Compact’, le regole interne non devono limitarsi all’affermazione di principi definiti in ambito europeo, bensì disciplinare procedure e meccanismi cogenti ed automatici, volti ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico, tenendo conto delle specificità dei singoli Paesi, quale, per esempio, in Italia, il basso livello di indebitamento privato. Al riguardo l’Italia, prendendo in considerazione il totale dell’indebitamento aggregato (pubblico + privato) rispetto al PIL, è seconda solo alla Germania;
come ricordato di recente, in una lettera indirizzata ai Ministri delle finanze dell’Eurozona, dal commissario per gli Affari economici e monetari dell’Unione europea, Olii Rehn, l’equilibrio di bilancio deve realizzarsi tenendo conto degli andamenti positivi e negativi del ciclo economico e del verificarsi di eventi eccezionali che rendono possibile il ricorso concordato all’indebitamento pubblico ;
un ulteriore elemento di flessibilità è rappresentato da quei ‘fattori rilevanti’ individuati dal Six Pack e esplicitamente richiamati dal ‘Fiscal Compact’, che consentono di tenere nella dovuta considerazione le peculiarità dei singoli sistemi economici nazionali;
le previsioni della Commissione europea, di cui si è detto in precedenza, prendono atto dell’efficacia del consolidamento fiscale svolto dall’Italia negli anni della crisi e proiettano un’evoluzione della nostra finanza pubblica che vede un indebitamento netto inferiore al limite del 3 per cento e un saldo strutturale, al netto cioè della componente ciclica e delle misure una tantum, che si avvicina al pareggio nei prossimi anni, evidenziando come vi siano le premesse per una positiva chiusura della ‘procedura di disavanzo eccessivo’, attualmente aperta;
dal punto di vista normativo, l’Italia ha approvato nel dicembre 2012 la legge costituzionale che prevede la necessità di una maggioranza qualificata qualora non si rispettino i vincoli posti dal ‘Fiscal Compact’, dopo aver approvato i regolamenti del ‘Six Pack’ e la riforma dell’articolo 81 della Costituzione, insieme alla ratifica dello stesso ‘Fiscal Compact’. Il nostro Paese si pone pertanto già oggi fra gli Stati più avanzati nell’Unione europea per quanto riguarda il controllo della finanza pubblica;
con l’approvazione della riforma costituzionale dell’articolo 81 è stata altresì prevista l’istituzione del ‘Fiscal Council’ quale organismo indipendente di raccordo tra istituzioni europee e istituzioni nazionali in tema di politica economica, nonché di analisi e verifica degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica;
così come molti Stati membri hanno mantenuto gli impegni relativi al consolidamento dei rispettivi bilanci nazionali, è necessario che siano mantenuti a livello di Unione europea tutti gli impegni formalmente assunti al Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 con l’adozione del ‘Patto per la crescita e l’occupazione’, nonché del documento ‘Verso un’autentica unione economica e monetaria’ presentato dai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea, della BCE e dell’Eurogruppo. Documento che prevede un’unione bancaria, economica, di bilancio e politica nell’Eurozona, la cui versione definitiva è stata presentata al Consiglio europeo del 13-14 dicembre 2012;
ad oggi, il Meccanismo Europeo di Stabilità non può ricapitalizzare direttamente le banche a causa del protrarsi dei negoziati sull’operatività dell’unione bancaria, che secondo alcuni Paesi richiede una modifica dei Trattati UE;
la prosecuzione di una politica di bilancio basata esclusivamente sull’austerità non è in grado di assicurare lo sviluppo e aggraverebbe l’attuale recessione: ad essa vanno immediatamente associate politiche volte a creare crescita sostenibile e occupazione. A tal fine, mentre deve continuare l’azione di contenimento della spesa pubblica e di riduzione dell’evasione fiscale, sono necessari margini di flessibilità finanziaria, che dovranno essere utilizzati per attenuare il carico tributario che attualmente grava sulle famiglie e sulle imprese e per finanziare investimenti pubblici produttivi;
sulla strategia macroeconomica europea e nazionale, nonché sulla necessità di evitare politiche di mera austerità, in Italia la maggioranza parlamentare, con il supporto attivo di forze dell’opposizione, è su posizioni convergenti, che sono alla base, tra l’altro, dell’accordo politico del Governo;
già lo scorso anno, pochi giorni prima del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012, il Parlamento italiano ha approvato all’unanimità la risoluzione con cui il Governo si è impegnato a sostenere e promuovere iniziative europee per lo sviluppo, la crescita e l’occupazione, con l’obiettivo di creare nell’Eurozona un’unione bancaria, economica, di bilancio e politica, nonché di favorire un processo riformatore, attraverso opportune modifiche dei Trattati europei, al fine di consentire alla Banca Centrale Europea di svolgere un ruolo a sostegno dello sviluppo, pur in un contesto non inflazionistico, come avviene, del resto, per tutte le altre banche centrali mondiali;
le conclusioni della riunione del Consiglio Ecofin del 14 maggio 2013 sanciscono l’importanza di una stretta cooperazione tra i Paesi dell’UE per contrastare le diverse forme di evasione ed elusione fiscale, e conferiscono mandato alla Commissione europea di stabilire un più stretto raccordo informativo tra gli Stati membri dell’Unione, nonché di negoziare gli accordi in materia di scambio di informazioni con Andorra, Liechtenstein, San Marino, Monaco e Svizzera;
la necessaria ed urgente costruzione del mercato unico europeo dell’energia elettrica e del gas non esaurisce le politiche energetiche quali fondamento strategico, ancorché non esclusivo, della competitività dei 27 sul mercato mondiale: nel momento in cui il Nord America sta abbattendo radicalmente i costi dell’energia grazie all’uso sistematico del gas e dell’olio non convenzionali e l’Asia utilizza sempre più largamente il carbone, l’Europa deve infatti darsi anche una politica energetica globale;
dal 1° luglio 2014, l’Italia avrà la presidenza di turno dell’Unione europea,
impegna il Governo:
a far valere nei confronti dell’Unione europea il grande sforzo di risanamento dei conti pubblici attuato in Italia negli anni della crisi economica globale, al fine di avviare fin da subito strategie a favore di una crescita sostenibile, tenendo conto del fatto che la crisi dell’economia reale in Italia è ben più grave rispetto a quella di altri Paesi, anche perché l’azione di risanamento è stata più profonda e duratura;
a proporre al Consiglio europeo una strategia europea coordinata e immediatamente concretizzabile sulla lotta alla disoccupazione giovanile, che è la piaga sulla quale si riverberano gli effetti della crisi economica e finanziaria;
a far valere i progressi compiuti dall’Italia nel risanamento, al fine di catalizzare il consenso politico necessario affinché il Consiglio europeo prenda in esame senza ulteriori rinvii e ritardi, in vista del Consiglio
europeo del 27 e 28 giugno 2013, le proposte individuate dal documento ‘Verso un’autentica unione economica e monetaria’ presentato al Consiglio europeo del dicembre 2012, a cominciare da quelle relative: 1) all’unione bancaria nelle sue tre componenti: un fondo comune di garanzia sui depositi, un sistema unico di sorveglianza sugli istituti di credito| affidato alla BCE, una regolamentazione comune per i fallimenti bancari, nonché per l’istituzione di un’agenzia europea di rating del credito; 2) all’unione economica, attraverso l’attivazione immediata di Project bond e il lavoro comune su Eurobond e Stability bond; 3) all’unione fiscale, che preveda controlli uniformi delle politiche di bilancio dei singoli Stati e l’armonizzazione delle politiche economiche; 4) all’unione politica, con il relativo rafforzamento del quadro istituzionale attuale e l’elezione diretta del Presidente della Commissione europea;
a promuovere, in particolare su quest’ultimo punto relativo alla unione politica, una iniziativa che assuma e rilanci la positiva svolta segnata dalle recenti, impegnative dichiarazioni del presidente francese Hollande, che fanno seguito a precedenti proposte della cancelliera tedesca Merkel, schierando così in modo chiaro e netto l’Italia tra i Paesi che, in modo realistico e pragmatico, intendono promuovere un salto di qualità in senso federalista del processo di integrazione politica europea;
ad attivare, conformemente alle opportunità e ai vincoli esplicitamente indicati nelle conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2013, forme di ‘investimenti pubblici produttivi’ che possano contribuire a rilanciare l’economia, svolgendo il ruolo di catalizzatori di risorse private;
a favorire un processo riformatore volto ad attribuire alla Banca Centrale Europea un ruolo di supporto attivo a favore della crescita, valutando la possibilità di utilizzare come collaterali, ai fini del finanziamento diretto delle piccole e medie imprese, Asset Backed Securities confezionati dai singoli Paesi e dalla Banca Europea degli Investimenti, al fine di contrastare la frammentazione e le asimmetrie del mercato finanziario nell’Eurozona;
a sollecitare l’apertura nelle sedi opportune di una seria riflessione circa la necessità che i Paesi in surplus nelle partite correnti delle bilance dei pagamenti sviluppino politiche di reflazione, al fine di contribuire, in questo modo, a garantire una crescita equilibrata all’interno dell’Unione europea e a livello mondiale;
ad adoperarsi affinché sia data effettiva applicazione alle misure prospettate nelle due raccomandazioni della Commissione europea sui paradisi fiscali e sulla pianificazione fiscale aggressiva, in particolare al fine di individuare, secondo criteri comuni, i paradisi fiscali e di inserirli in apposite ‘liste nere’, nonché di adeguare, con l’inserimento di clausole appropriate, le convenzioni sulla doppia imposizione;
ad adoperarsi affinché sia avviato un progetto pilota per lo scambio di informazioni sui risparmi dei non residenti, secondo quanto proposto nella lettera congiunta indirizzata alla Commissione europea, il 9 aprile scorso, dai Ministri delle finanze di Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna;
a rimuovere gli ostacoli che ancora esistono per una vera liberalizzazione del mercato interno;
a sollecitare la costruzione del mercato unico europeo dell’energia elettrica e del gas, al fine di sfruttare le opportunità di riduzione dei costi offerte da politiche di sviluppo energetico e dalle nuove tecnologie del settore, nel contesto degli sforzi dell’Unione europea per promuovere crescita, occupazione e competitività;
a recuperare la forza di integrazione che i programmi di scambio dell’Unione europea hanno avuto nei decenni passati, a partire da un rafforzamento delle politiche di mobilità dei lavoratori, all’avvio di nuovi e più strutturati programmi di apprendistato, all’aumento degli scambi e della mobilità tra studenti, stagisti e apprendisti;
a promuovere il conferimento, da parte del Consiglio europeo, di un mandato alla Commissione finalizzato ad elaborare proposte per regolare sia lo scambio transatlantico delle commodity energetiche, sia il mercato dei prodotti petroliferi, nonché, nel rispetto degli accordi WTO e del Trattato di Kyoto, per valorizzare le merci che incorporano le minori emissioni inquinanti.

ZANDA, SCHIFANI, SUSTA, FERRARA Mario, BERGER, TONINI, BONDI, PANIZZA.


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