La curva dei contagi è così drammaticamente in crescita e l’ uscita dal tunnel appare così lontana che interrogarsi su come rispondere, nel caso di specie su scala europea, alla Caporetto economica potrebbe apparire anzitempo, se non fuori luogo. Oggi, nel pieno di una crisi sanitaria che non ha precedenti recenti, l`Europa può decidere se farsi Stato, comunità di destini, luogo di speranza e solidarietà o se invece annacquare nel minimo sindacale del pannicello caldo, dell`inefficace e dell`effimero. Vorremmo fosse chiara una cosa. Non ci troviamo di fronte a una calamità ordinaria, si perdoni l ` ossimoro, cioè a un evento non previsto che impatta negativamente sull`economia. Che cosa servirebbe oggi, oltre ciò che si sta facendo? La vera svolta, noi pensiamo sia una vecchia nuova ricetta, a lungo inascoltata dall`Unione, l`emissione di bond europei. Nel 2011 Romano Prodi e l`economista Alberto Quadrio Curzio lanciarono l`idea di obbligazioni emesse dai singoli Stati nazionali ma garantite da tutti i Paesi dell`Unione, un modo per dare stabilità nella corresponsabilità al quadro economico e finanziario europeo. A differenza dei normali titoli di Stato, non sarebbero garantiti da un singolo Stato (l`Italia per i Btp, la Germania per i Bund) ma da tutti gli Stati che hanno adottato l`euro. Sarebbero quindi più sicuri anche del Bund tedesco e potrebbero eliminare le penalizzazioni che affliggono gli Stati più deboli dell`Unione europea e che prendono la forma dello spread. Un`idea che prendeva atto della impossibilità di una messa in comune del debito, che a nostro avviso resta l`obiettivo a lungo raggio di una Unione politica degna di questo nome, ma che poteva rappresentare un primo passo verso un`integrazione qualitativamente più elevata. Quella proposta fu rilanciata più volte dal gruppo Socialista e Democratico tra i banchi del Parlamento e sempre inascoltata.
Una variante si fa largo in queste ore, non solo in Italia ma persino in Germania da Achim Truger, membro del consiglio dei grandi saggi del Governo tedesco. Li potremmo definire solidarity bond, se si seguisse l`autorevole suggerimento dell`economista italiano Federico Carli, o ancora Eurobond di scopo, cioè degli eurobond la cui missione dichiarata e vincolata è nel finanziamento delle spese legate al contrasto del virus sia nel campo sanitario sia rispetto alle ricadute economiche. Si potrebbe trattare di un ammontare considerevole di risorse, oltre i 50 miliardi capaci di realizzare. finalmente un piano d`investimenti di largo respiro sulla base di un maggiore coordinamento delle politiche economiche degli stati membri. Una vasta realizzazione di opere pubbli- che per dare un impulso concreto alla crescita e quindi una risposta reale ai problemi di disoccupazione e di bassi salari che affliggono l`Europa. Eurobond di questa natura avrebbero una miriade di effetti positivi: stabilizzazione dei debiti pubblici dei singoli stati con un effetto di scoraggiamento nei confronti della speculazione, riduzione dei tassi d`interesse necessari a rifinanziarli e stimolo tangibile alla crescita e all`occupazione nell`area dell `euro. Perché rilanciamo tali Eurobond di scopo, se quelli generici non hanno mai trovato vera udienza nei palazzi europei? Per due ordini di motivi. Il primo è perché oggi í tassi sono negativi e quindi per i contribuenti europei c`è da guadagnarci a emettere nuovo debito. E se i mercati dovessero avere difficoltà ad assorbire per intero le nuove emissioni i solidarity bond sarebbero perfetti per il Quantitative easing della Bce. Tecnicamente quindi non cí sarebbe alcuna difficoltà. Il secondo è perché non siamo più i soli, i Paesi del sud sprecone e irredimibile, a essere in difficoltà. Quando purtroppo a breve, tutta l`Europa, a cominciare da Francia e Germania, sarà funestata dal virus e sull`orlo del baratro economico, sarà più facile scatti una solidarietà tra i popoli e una comunanza di destino europeo, l`unico destino possibile per i Paesi del continente tutto.


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