Ha fatto bene il Presidente Sassoli ad accendere i riflettori sul nuovo Bilancio Pluriennale Europeo 2021 – 2027, con un grande incontro a Roma. Il tema è cruciale: nel momento in cui nuove sfide di economia verde e di sostenibilità sociale, di difesa e di sicurezza richiedono nuovi capitoli di impegno, in termini di risorse economiche, di innovazione negli strumenti, di visione strategica, da una parte con la Brexit l’Unione perde risorse per circa 12 miliardi di euro all’anno, dall’altra diversi Paesi a guida euroscettica insistono per limitare il bilancio europeo a meno dell’1% del Reddito Nazionale Lordo della UE a 27, anche mediante tagli alle politiche tradizionali come PAC e coesione. Qui è innanzitutto la partita politica.
Reagire ai crescenti populismi di stampo sovranista che ingenuamente dal punto di vista geo strategico ma efficacemente dal punto di vista del consenso interno propongono il ritorno a ricette nazionali e di chiusura, è essenziale, vitale in questo snodo del processo di integrazione del continente e solo uno scatto di reni, un rilancio di progetto potrà consentirci di ridare corpo al sogno europeo. Ma la direzione della spesa è la vera sfida. La vera sfida progressista: rafforzare i finanziamenti per le infrastrutture materiali, anzitutto di trasporto, e delle reti immateriali di conoscenza, sostenere le PMI, raddoppiare le risorse per contrastare la disoccupazione giovanile e il ‘gender pay gap’, far diventare il pilastro sociale effettivo attraverso misure di contrasto alla povertà, di accesso universale all’assistenza sanitaria e all’istruzione e di aumento degli standard di tutela del lavoro, costruire azioni forti di contrasto al traffico di esseri umani e invece di integrazione europea dei migranti e dei richiedenti asilo. E dare concreta attuazione al new green deal che la Presidente Van der Layen ha rappresentato nel suo discorso di insediamento come la svolta per avere nell’Europa ‘il primo continente neutrale dal punto di vista climatico dal 2050’, definendo sul terreno degli stati nazionali un nuovo patto che preveda lo scorporo degli investimenti ambientali dal calcolo del deficit dei singoli Paesi.
Ma tutte queste concrete enunciazioni sono possibili o almeno percorribili un passo alla volta secondo l’approccio riformista, solo se si interviene davvero dal lato delle entrate, riducendo in modo sostanziale i contributi diretti degli Stati basati sul RNL, introducendo nuove risorse proprie, prevedendo a livello comunitario una corporate tax minima del 18%, una web tax sui profitti delle grandi compagnie del web, una tassa sui proventi del sistema di scambio delle quote di emissione e la previsione di meccanismi di risposta flessibile a situazioni di emergenza e ad eventi non prevedibili. Ma la strada per migliorare il testo è tutta dinanzi a noi e, inoltre, grandi insidie per il nostro Paese vengono dalla riduzione che la proposta della Commissione prevede per la dotazione delle politiche agricole e di quelle di coesione e convergenza, riduzione che viene giustificata dall’aumento di risorse in altri settori, ambiente, migrazioni, difesa e politiche del lavoro come se all’intervento più deciso in alcuni settori dovesse corrispondere un taglio delle politiche tradizionali.
Guardiamo i numeri: la riduzione degli stanziamenti per la politica agricola comune è pari a circa il 15% secondo i calcoli del Parlamento europeo o comunque al 12% a prezzi costanti. Nel caso italiano, ciò equivarrebbe ad una perdita di circa 5.2 miliardi di euro, una cifra importante e non priva di effetti su un comparto strategico della nostra economia.
n conclusione, i negoziati sul Quadro Finanziario Pluriennale diranno quale Europa si costruisce nel settennio a venire, se un’Europa più giusta, più prospera, più sostenibile e più unita o se invece le spinte centripete costringeranno ad una miopia pericolosa per la tenuta unitaria.
Noi, dal Senato, proveremo a fare l’unica cosa che alla fine rende un processo davvero democratico.
Ascoltare le comunità sulle cui vite, sui cui interessi, il bilancio europeo insiste e impatta di più e proveremo a interpretarne le domande e le proposte in chiave collettiva, fornendo al governo un punto di vista “dal basso”, dal cuore dell’Italia che lavora, che produce ricchezza e valore per i nostri cittadini.


Ne Parlano