Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame, volto a superare un anacronistico vuoto legislativo, si fonda non sulla creazione di nuovi diritti, ma sul riconoscimento di quella pluralità di diritti inviolabili che già nel nostro ordinamento costituzionale ricevono tutela insuperabile in forza dei principi fondamentali previsti negli articoli da 1 a 12 della Costituzione.

L’articolo 2, infatti, tutela in modo inviolabile l’individuo in tutti quei diritti fondamentali che afferiscono al suo essere. Ciò significa che, secondo i Padri costituenti, l’essere umano ha la titolarità naturale di un nucleo di diritti inviolabili da parte di qualsiasi altro individuo, dello Stato e di qualsiasi ordinamento pubblico e privato. La storia, le scienze ed anche tutte le religioni ci indicano come fra questi diritti vi sia innanzitutto quello del bene, degli affetti e dei sentimenti rivolti al prossimo.

Lo Stato non può espropriare, nemmeno a livello costituzionale, l’individuo di questo diritto fondamentale, di cui egli gode all’interno di qualsiasi formazione sociale, perché esso rientra nella sfera dei diritti individuali fondamentali. Non è quindi consentito al legislatore poter scardinare tale fondamento della nostra democrazia introducendo limiti e confini a questi diritti a causa dell’appartenenza di genere. Non vi è ragione alcuna per escludere dall’alveo dell’articolo 2 un nucleo costituito da più individui, minori compresi, in base alla loro scelta affettiva. In caso contrario, si determinerebbe una violazione di diritti individuali.

La nostra Costituzione, con l’articolo 3, riconosce pari dignità a tutti i diritti, stabilendo l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di razza, lingua e genere. Pertanto, fondare una diversa tutela del nucleo sociale sulla base dell’appartenenza di genere dei suoi componenti creerebbe una discriminazione irragionevole – e di fatto la crea – perché irrispettosa di un diritto fondamentale dell’individuo non comprimibile.

Oggi siamo chiamati ad occuparci anche dei doveri della Repubblica verso questo stesso individuo e le formazioni sociali in cui opera, come affermato nell’articolo 3, comma 2, della Costituzione. La Repubblica deve realizzare un’effettiva solidarietà che consenta a ciascuno lo sviluppo completo della propria vita in tutte le espressioni individuali e sociali. L’obbligo costituzionale di solidarietà, espressione del diritto all’uguaglianza sostanziale, ci impone quindi di adottare finalmente una normativa che riconosca uguali diritti e rimuova anche l’odiosa differenza di diritti basata sulle scelte della propria personalità affettiva. Non si può discriminare un soggetto per la persona che ama ed ancora più penalizzante sarebbe far ricadere tale disuguaglianza sui minori frutto di tali scelte sentimentali.

Pertanto, ritengo inaccettabile che il legislatore ancora non abbia avuto il coraggio di disciplinare il diritto alla continuità ed alla permanenza di un affetto, facendo pagare questo vuoto normativo anche e soprattutto ai minori, a causa di pregiudizi ideologici spesso piegati a ragioni di ordine politico.

Abbiamo oggi il dovere di assumerci la responsabilità di una scelta: normare una realtà esistente e colmare un vuoto legislativo.

Per quanto riguarda la preoccupazione di una possibile equiparazione con l’istituto del matrimonio, si osservi che ogni unione civile è una famiglia, cioè una società naturale tutelata dalla Costituzione, anche se non fondata sul matrimonio, come recita l’articolo 29. A tal proposito, ricordo che la Costituzione si pone al di sopra dello stesso codice civile e che essa, come già sottolineato, si interpreta partendo dal principio di uguaglianza.

Il disegno di legge sulle unioni civili in esame è un testo equilibrato. Evitiamo stravolgimenti al ribasso sul piano dell’estensione dei diritti, che danneggerebbero, peraltro, gli stessi minori. Evitiamo argomenti pretestuosi come quello della gestazione per altri, vietata, come si è detto, dalla legge n. 40 del 2004 e in alcun modo presente nel provvedimento.

Avviandomi alla conclusione, mi auguro dunque non sfugga a nessuno l’importanza di questa occasione che, se fosse sprecata, determinerebbe il perpetuarsi di una situazione di discriminazione ed ingiustizia a danno anche di tanti minori coinvolti, un’azione ingiustificabile da qualsiasi richiamo ideologico, politico o religioso.

Siamo infatti di fronte ad una grande questione di eguaglianza, non ad una materia secondaria ed elitaria; una grande questione di eguaglianza che esclude che tutto sia negoziabile per ragioni di opportunità politica, perché esporre la garanzia dei diritti fondamentali al compromesso politico significa retrocedere sul piano della nostra tenuta democratica.

Ho ascoltato con attenzione, ieri, l’intervento del senatore Nitto Palma e non posso non sottolineare quanto mi abbia colpito il passaggio sul comportamento tenuto anche dal mio partito sul tema, per esempio, del divorzio breve e diretto. La coerenza in politica paga: qui si tratta di assunzione di responsabilità da parte di una classe dirigente che non solo si ritiene tale, ma ha il dovere di scegliere, per uscire dall’ipocrisia di pensare che la società sia quella che ciascuno di noi vorrebbe e non quella che è realmente. (Applausi dal Gruppo PD).


Ne Parlano