Signora Presidente, colleghe senatrici, colleghi senatori, una legge necessaria è quella che ci apprestiamo a votare. Una legge non del tutto convincente per molti aspetti, per quanto mi riguarda, ma una legge che voterò perché il tempo ormai è scaduto. È un’Italia in grande ritardo rispetto a tanti Paesi d’Europa e del mondo.

In altre legislature, precedenti alla nostra, si è provato a colmare questa grave lacuna in materia di diritti per le coppie di persone dello stesso sesso, ma la poca determinazione dei partiti dell’allora maggioranza parlamentare e l’opposizione di larghe fasce organizzate di cittadini, oltre che di alcuni partiti, hanno impedito questo passaggio di civiltà.

Un altro elemento non irrilevante differenzia questo momento storico dal passato recente e se ne è parlato moltissimo in questi giorni. Mi riferisco al ruolo della Chiesa cattolica. Diciamolo con chiarezza. Una Chiesa oggi come non mai attenta al cambiamento e disponibile all’accoglienza e alla comprensione. Una Chiesa che si confronta con esperienze umane non convenzionali e che, attraverso l’intervento pubblico di proprie figure di rilievo, appare aperta a nuove impostazioni legislative che si muovano nella direzione di dare diritti a chi ancora non li ha di fronte allo Stato. Anche su questo quindi vorrei sgombrare il terreno rispetto a tante discussioni e a quelle che definirei proprio «chiacchiere», che in questi ultimi giorni si sono sentite.

Una serie di condizioni favorevoli quindi, un sentire sociale che si è evoluto nel tempo, un ritardo considerato giustamente ormai imbarazzante e alcune sentenze di alti organi giurisdizionali spingono oggi ad una accelerazione positiva, che ci può condurre a un testo legislativo molto condiviso tra le parti politiche rappresentate in questo Parlamento.

Nonostante le valutazioni fin qui espresse e quindi la mia positività nei confronti del provvedimento in esame ed alla necessità di procedere al voto, questa legge ha avuto un iter accidentato anche in questa legislatura. Un iter che ci costringe purtroppo a venire in Aula senza relatore, un iter che ha visto aspri scontri in Commissione giustizia, tanto da giungere ad una situazione politicamente non lineare – diciamocelo, colleghi – con un testo votato dal Partito Democratico e da due partiti dell’opposizione quali sono il Movimento 5 stelle e Sinistra e Libertà.

La mia opinione è che sarebbe stato possibile trovare un equilibrio più avanzato durante il dibattito in Commissione, se lo scontro non si fosse troppo polarizzato.

Abbiamo assistito ad un ostruzionismo praticato senza esclusione di colpi, certo, ma abbiamo anche visto eccessive chiusure da parte di altri in una materia tanto delicata e sensibile che invece forse avrebbe richiesto altri atteggiamenti.

Continuo a rimanere certa che un maggiore ascolto e una minore rigidità ci avrebbe forse consentito di affrontare in maniera più ordinata questo percorso parlamentare.

Già in Commissione giustizia interventi ragionevoli di alcuni colleghi senatori richiedevano cambiamenti importanti, e direi perfino ovvi, ad esempio in materia di equiparazione al matrimonio, proprio quei cambiamenti che, grazie oggi a ben più autorevoli sollecitazioni, adesso accoglieremo in fase emendativa qui in Aula. Tant’è. Va bene così.

Aggiungo che la parte del testo che si occupa dell’adozione del figlio del partner, trattata negli ormai famosi articoli 3 e 5, anch’essa avrebbe potuto e ancora potrebbe essere affrontata con maggiore attenzione in un provvedimento separato in cui si tratti complessivamente il tema delle adozioni, il più delicato e controverso, come abbiamo visto e come non era difficile immaginare.

Ma la storia, nemmeno quella parlamentare, non si fa con i se, signor Presidente, e così oggi con responsabilità e ragionevolezza, e certo con qualche difficoltà in più, sicuramente saremo in grado di dipanare la nostra matassa e di trovare le soluzioni che ci consentano di dare al Paese una legge equilibrata che tenga conto delle sensibilità di tutti e auspicabilmente possa vedere, innanzi tutto, il voto favorevole della maggioranza di Governo ma anche quello della maggior parte dei colleghi parlamentari, seppure dell’opposizione, che sono certa condividano l’urgenza di un intervento che possa far sì che il nostro Paese sia finalmente annoverato tra quelli in grado di dare giuste opportunità e diritti ai propri cittadini.

Per giungere a questo risultato sottolineo che in campo ci sono soluzioni utili e molto interessanti. Il nostro lavoro nei prossimi giorni sarà utilissimo. Queste soluzioni sono espresse in modo chiaro negli emendamenti al testo che abbiamo presentato e che illustreremo a tempo debito nei giorni prossimi.

Vorrei sottolineare qui, signora Presidente, che la fase emendativa riveste un interesse particolare in occasione di questa legge, forse in modo difforme rispetto agli altri provvedimenti che affrontiamo in genere qui in Aula. Molta enfasi, direi eccessiva enfasi, si è data a questo aspetto e la voglio riassumere così: se il testo non si modifica, in particolare negli articoli 3 e 5 relativi alla cosiddetta stepchild adoption, alcune forze politiche assicurano il proprio voto favorevole alla legge, se invece si interviene e proprio su quegli articoli, altri partiti si dichiarano disponibili al voto. Un guazzabuglio, si potrebbe dire: rigidità che si contrappongono a rigidità. Siamo all’ultimo miglio, colleghi, siamo all’ultimo miglio. Mi aspetterei maggiore disponibilità da parte di tutti, veramente da parte di tutti. Impegniamoci per trovare un punto di equilibrio sul punto delicato dell’adozione e poi votiamo la legge, con serenità e con una maggioranza più ampia possibile.

Tutti vogliamo, ed è sacrosanto, proteggere i bambini già nati all’interno di una coppia di persone dello stesso sesso. Io non credo, e con me altri colleghi, che l’unico modo per farlo sia quello normato attraverso l’adozione. Posso sbagliare, naturalmente, sono opinioni. Sono convinta che una modalità coerente e sicura possa essere quella dell’affido rafforzato. Lo dico nuovamente qui in Aula: vengono date al partner tutte le funzioni genitoriali, in caso di morte del genitore naturale il bambino può essere adottato e a 18 anni può chiedere lui stesso di essere adottato. Un modo lineare per non creare confusione tra ruoli nel bambino che deve essere messo nella condizione di distinguere le funzioni genitoriali da quelle generative. Nessuna contestazione e nessun disconoscimento del ruolo del partner, me ne guarderei bene. Nessuno scippo di funzioni. Soltanto la chiarezza e il rispetto dei diritti del bambino che, appunto, ha diritto all’amore delle due persone che si occupano di lui, ma anche di sapere con esattezza che c’è qualcuno che lo ha generato e che per i motivi più disparati (che il genitore biologico saprà spiegare) è nella condizione di non potersi occupare di lui. Diritti dei bambini, non desideri degli adulti. Colleghi non possiamo fare confusione su questo. Questo è il nodo.

Dire ciò, dire queste cose in questi mesi, perché lo abbiamo fatto sui giornali o nel corso del nostro dibattito, ha significato essere oscurantisti, cattolici conservatori incapaci di leggere la modernità e soprattutto colpevoli di non sostenere abbastanza i bambini, anzi, peggio, disinteressarsene. Niente di più offensivo e più lontano da tante delle nostre storie personali, dalle nostre convinzioni e credo, dalla ragionevolezza comune. Costruire recinti in cui rinchiudere chi la pensa diversamente, senza approfondire le ragioni e invitando a valutazioni superficiali e poco meditate è una tecnica che secondo me mai è stata vincente e non può esserlo in un Parlamento democratico. (Applausi dal Gruppo PD).

Che cosa può essere definito modernità in materia di relazioni? Chi decide, e a che titolo, in nome di quale principio generale, che cosa significhi veramente mettere al primo posto i diritti dei bambini? Apriremmo una discussione troppo ampia e non abbiamo tempo. Ma chiedo anche, d’altra parte, quando è il tempo per il legislatore? Mi verrebbe da dire che è questo, dovremmo farlo qui però ogni tanto ci sono delle urgenze. Io ritengo, comunque, che questa legge sia un’urgenza, sono tra coloro che ritengono che si debba assolutamente fare la legge e quindi va bene anche approfondire meno però l’abbiamo fatto forse in modo un po’ colpevole in questa fase.

Quindi, non va mai bene lasciare qualcosa di non sufficientemente meditato e rischiare di essere frettolosi. Comunque, è il caso, anche di una certa frettolosità, per certi versi anche dovuta, come dico ai colleghi che hanno lavorato su questo testo, anche quelli della Commissione giustizia.

Mi pare che sia anche il caso del Titolo II del disegno di legge, di cui non abbiamo mai parlato, che riguarda l’unione civile fra persone di diverso sesso. Introduciamo una sorta di matrimonio di serie B. Dobbiamo dirci anche questo. Non ne abbiamo parlato tanto perché il dibattito è andato in tutt’altra direzione.

In realtà, introduciamo una formula per cui c’è meno impegno rispetto al matrimonio, meno responsabilità e diversi diritti garantiti. Il che andava evidentemente fatto. Ciò sicuramente viene richiesto da chi ha scelto di vivere la propria relazione di coppia secondo questi parametri. Ma il nostro ruolo è quello di fare contento qualcuno, che magari preme molto? O è quello di percorrere una strada, senz’altro più complessa, ma forse più adatta a rispondere a questo contesto che io non esito a definire di conclamata irresponsabilità complessiva in cui ci troviamo a vivere?

Questo era davvero il meglio che potessimo elaborare? Io non ne sono certa, ma non c’è tempo. Noi forse dovremmo chiederci qualcosa in più, come il motivo per cui i nostri giovani oggi rifuggano dal matrimonio e se sia giusto proporre loro soluzioni semplici, meno impegnative e su misura, che certo non li aiutano nella ricerca di una maggiore responsabilità nei confronti di chi scelgono per la loro relazione. E ancora una volta, come spesso mi capita nei miei interventi, non posso che far riferimento alla necessità di percorsi educativi.

Lo so che il mondo ormai è così: viene detto e qualcuno ne è anche convinto.

Ma io sono ancora convinta che ci si possa ancora opporre ad alcuni filoni. E bisogna ancora fare di tutto perché i percorsi educativi formino uomini e donne responsabili, attenti ai valori profondi della convivenza e del rispetto reciproco, in una condizione di stabilità, certamente rappresentata dal matrimonio, non temo di dirlo in quest’Aula, che diventi la migliore garanzia per i figli che nasceranno. Relazioni più durature, relazioni continue e in cui c’è un impegno maggiore. Nel Titolo II di questo disegno di legge non lo facciamo.

Un ultimo aspetto, tuttavia, non posso non affrontare qui in Aula, signora Presidente, per chiarezza e per onestà. E rispondo così anche a interventi fatti subito prima di me. Il tema della maternità surrogata sembra essere il convitato di pietra in questo dibattito. Ne abbiamo invece parlato tutti, e non è certo un convitato di pietra. È un dibattito forte. Anche questa è una questione dei diritti dei bambini, ma anche dei diritti delle donne.

Ma ce lo vogliamo dire? Io sono una che le ha fatte tutte le battaglie per le donne e quindi ho titolo qui dentro a parlare dei diritti delle donne e a collegarlo a collegarlo al tema dell’utero in affitto. Non mi si dica che nel testo non se ne parla e che quindi siamo fuori tema. Non siamo fuori tema. Non offendiamo le nostre intelligenze, per lo meno questo rispetto tra noi lo dobbiamo avere.

Certamente, affrontando questa questione, affrontiamo anche un problema di maternità surrogata. E non dobbiamo avere paura di dircelo, altrimenti facciamo un torto a noi stessi. Affrontiamo senza ipocrisie questa che è, come tutti sappiamo, una questione veramente centrale in questo dibattito, altrimenti non si sa perché ci sia stato un dibattito su questo. Non è che tutti quelli che l’hanno affrontata tale persone siano persone senza cervello.

Siamo tutti d’accordo sulla brutalità di questa pratica. Ci siamo tutti stracciati le vesti mostrando il petto per dire che mai e poi mai vorremmo ciò. Poi succede che da un gruppo consistente di senatrici e senatori viene presentato un emendamento che chiede che, ove si accerti che per il figlio (sia di una coppia etero che omosessuale) si sia posta in essere questa pratica si applica quanto previsto dalla legge 40. Immediatamente reazioni oltre le righe. Immediatamente attacchi furiosi e la richiesta di ritirare l’emendamento, perfino, anche da parti politiche da sempre impegnate a sostegno dei diritti delle donne. Signora Presidente, non capisco. O forse capisco troppo bene. L’emendamento rimane in campo e mi aspetto coerenza di comportamenti nel voto.

Concludo, davvero. Noi ora abbiamo un compito, colleghi, quello di di dare all’Italia una legge necessaria, che non operi forzature, troppo lontane dal sentire comune del popolo italiano, ma in grado colmare la grave lacuna che ancora abbiamo sui diritti per le coppie dello stesso sesso.

Il nostro lavoro potrà ancora condurre – di questo sono certa – a un risultato soddisfacente e di equilibrio, che dia merito anche al grande lavoro che è stato fatto da tanti qui dentro. Ci siamo avvicinando a soluzioni condivise. Ora davvero abbiamo il dovere di decidere.(Applausi dal Gruppo PD).