AL NUOVO GOVERNO GUIDATO DA ENRICO LETTA SERVE METTERE A PUNTO, IL PIÙ RAPIDAMENTE POSSIBILE, una strategia di politica economica fatta di marcate priorità e di una visione d`insieme. Il rischio altrimenti è una continua rincorsa dell`emergenza. Andrebbe così definito un percorso che sintetizzerei nei seguenti passaggi. In primo luogo, uscire dalla procedura di deficit eccessivo aperta quattro anni fa dall`Unione europea.  
 A questo fine impostare – come secondo passo – un insieme coerente di misure che siano finalizzate a fermare e invertire la spirale recessiva in atto e rilanciare l`occupazione. Terzo: negoziare il pacchetto di misure a Bruxelles per ottenere maggiore tempo per la sua realizzazione, facendo leva sui nuovi margini di flessibilità acquisiti in Europa. Riguardo al primo passaggio, le stime ufficiali della Commissione europea, pubblicate nei giorni scorsi per l`Italia, facilitano la nostra uscita dalla procedura di deficit eccessivo. Uscire è importante perché ci consentirebbe di impiegare cospicue risorse in più, già a partire da quest`anno e nel triennio 2013-2015, sia per investimenti strutturali sia per misure a favore dell`occupazione, dei giovani in particolare. Beneficeremmo, poi, delle ulteriori diminuzioni dello spreacl e dei tassi di interesse, considerata l`enorme massa di liquidità in giro oggi nel mondo. Al contrario, se decidessimo di sforare e far slittare di un anno la scadenza per il rientro, è certo che ci verrebbe richiesta una manovra aggiuntiva dello 0,5 per cento del Pil (circa 8 miliardi), come prevedono le procedure preventive del Patto di stabilità e crescita.
E qui vengo al secondo passaggio, ovvero le misure da intraprendere e che Bruxelles si aspetta dal nostro governo nelle prossime settimane per vidimare entro fine mese la nostra ritrovata virtù fiscale. Lo sforzo di aggiustamento portato avanti in questi ultimi diciotto mesi è costato moltissimo, in termini di caduta del Pil e, ancor più, dell`occupazione. È dunque assolutamente condivisibile che il governo abbia ribadito che la stella polare della sua politica economica sarà il lavoro e la lotta alla disoccupazione.
A questo fine serve individuare delle priorità tra le misure per l`emergenza e per il rilancio economico. Per poi inserirle in un disegno complessivo fatto di riduzioni di imposte e varo di nuovi investimenti, che devono stimolare la domanda e l`offerta di lavoro. Ma le risorse per finanziarli sono davvero scarse. E se il criterio deve essere il sostegno alla crescita e all`occupazione, le prime tasse da tagliare sono quelle sul lavoro, a partire dall`eccessivo cuneo fiscale che rende costoso alle imprese assumere e dall`Irpef troppo alta su imprese e su lavoratori a basso reddito. In un tale approccio l`imposta sulla proprietà immobiliare (Imu), a parte il rinvio della rata di giugno che verrà decretata dal governo, va certamente rimodulata, riequilibrata, allineando i valori catastali a quelli di mercato, ma non può essere certo eliminata per tutte le prime case. Non avrebbe alcun senso economico e non verrebbe capito a Bruxelles, dal momento che la tassa sulla prima casa si paga in tutta Europa.
E non costituisce certo un dettaglio ai fini del negoziato da condurre in Europa per ampliare i possibili margini di ulteriore flessibilità, che rappresenta il terzo passaggio del percorso da seguire. Com`è noto, l`Europa sta pagando duramente, con una prolungata recessione, una politica economica contro la crisi – l`austerità a tutto tondo profondamente sbagliata per le modalità e i tempi con cui è stata applicata. Più di recente, ai Paesi in difficoltà è stata riconosciuta una maggiore flessibilità nell`interpretazione delle regole e politiche di aggiustamento fiscale. Non saranno sufficienti a modificare, se non in minima parte, le negative tendenze in atto nella periferia d`Europa, ma i nuovi margini di flessibilità offrono alla politica economica del nostro paese vitali opportunità e spazi d`intervento aggiuntivi.
L`Italia, appoggiata dalla Francia e da altri Paesi, potrebbe chiedere di scorporare dal calcolo del deficit rilevante per il rispetto dei parametri europei oltre al cofinanziamento nazionale di fondi europei nel 2013-2015 (pari a 12 miliardi) altri investimenti produttivi strutturali (la cosiddetta mini golden rule) e il finanziamento di programmi per il sostegno dell`occupazione, soprattutto in favore dei giovani. Tutto ciò sarebbe in linea con quanto scritto nel comunicato finale del Consiglio europeo di metà marzo scorso.
Sarà un confronto duro visto che si tratta di norme da interpretare. Soprattutto con i Paesi creditori: la Germania ha quasi raggiunto la piena occupazione e a settembre affronterà le elezioni. Molto dipenderà dalla carte con cui ci presenteremo ovvero dalla qualità e dalla coerenza delle misure d`intervento che metteremo sul tavolo europeo. Non si può sbagliare, dunque, vista l`importanza della posta in palio.

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