Che la crisi economica e sociale in corso in Italia sia tuttora molto grave è un dato di fatto.
I numeri nella loro crudezza ci rivelano che per intensità la crisi attuale ha ampiamente superato quella degli anni Trenta ed è ormai comparabile ai lunghi anni di depressione che caratterizzarono il primo dopoguerra, generando una crisi drammatica della nostra democrazia.
C`è ancora scarsa consapevolezza, tuttavia, nelle forze politiche della drammaticità di questa fase. Una conferma è venuta dalle scomposte reazioni alle misure varate la scorsa settimana dal governo Letta, riguardanti il rifinanziamento della cassa integrazione, dei contratti di solidarietà, il rinnovo dei contratti per i precari
statali e la sospensione dell`Imu. Si è trattato di una prima risposta alle tante emergenze da fronteggiare, prima fra tutte quella della mancanza di lavoro.
Del tutto fuori posto è apparsa così l`esultanza da stadio espressa da Berlusconi e molti esponenti del Pdl. Avrebbero fatto bene a aspettare almeno fino a quando si discuterà nei prossimi mesi la riforma della tassazione sulla casa e si arriverà a scegliere una tra le tante soluzioni possibili, non necessariamente la loro. Dovrebbero
soprattutto ricordare che questo è un governo di compromesso, nato col compito di fronteggiare la grave
emergenza economica e avviare alcune misure importanti e invocate da tempo, che devono servire a fermare e invertire quel micidiale circolo vizioso recessivo in cui siamo inviluppati ormai da diversi anni.
Ora è possibile che proprio l`emergenza e la gravità della situazione possa favorire l`azione del governo e spingerlo a varare iniziative importanti, una serie di misure che fin qui è stato impossibile realizzare e che in tempi normali continuerebbero a rimanere nel cassetto. C`è da augurarselo, naturalmente. Anche se è prevedibile che resti comunque uno scarto tra la gravità della crisi in cui si dibatte il nostro Paese e gli spazi di manovra della politica economica del governo, proprio perché vincolati a una logica di compromesso
tra forze alternative.
È in questa prospettiva che il Partito democratico, unitamente alla piena e leale azione di sostegno e supporto al governo, si troverà nelle condizioni di poter sviluppare una sua agenda di temi economici e proposte d`intervento con cui incalzare il governo e lanciare un grande confronto nella società e con le altre forze
politiche. E lo spazio potenziale da occupare è piuttosto ampio. Basta guardare alle diagnosi-terapie assai diverse che si possono offrire in merito alla crisi e alle possibili vie d`uscita.
La destra in Italia, al di là degli slogan più o meno demagogici, fa risalire la crisi all`eccesso di pressione fiscale, e vede nell`alleggerimento delle imposte su famiglie e imprese l`unica vera priorità, da
finanziare anche mediante riduzioni e drastici tagli a Welfare e spesa sociale. In realtà proprio il carattere straordinario della crisi fa capire che, per sbloccare il motore dell`economia italiana, serva un cambiamento radicale e profondo che non si può limitare a una riduzione, peraltro necessaria, della pressione fiscale. Sono
necessarie a questo scopo politiche rinnovate in grado di accrescere il binomio produttività-occupazione e i loro effetti redistributivi, che andrebbero rafforzati ulteriormente attraverso miglioramenti quantitativi e qualitativi dell`offerta di servizi pubblici – sanità, istruzione e servizi destinati alla persona. Sarebbero
interventi in grado a un tempo di sostenere la domanda-offerta interna e correggere disuguaglianze che hanno
raggiunto ormai livelli non più tollerabili nel nostro Paese.
È su questo terreno che il Partito democratico e le altre forze progressiste devono riuscire a imporre un loro progetto e una loro agenda, in grado di sfidare quella della destra e rivolgersi a ampi strati della società. In questo modo affiancando e incalzando anche l`azione del governo.
Deve estendersi anche all`Europa, dove il governo Letta condurrà nei prossimi mesi una battaglia decisiva per guadagnare spazi vitali all`azione di rilancio dell`economia e che necessita di un appoggio pieno da parte di tutte le forze politiche che lo sostengono. Anche in questo caso si devono marcare le differenze profonde oggi esistenti tra destra e sinistra sull`Europa da costruire, ribadendo, unitamente alla necessità di avanzamenti
sul piano di una maggiore integrazione economica, le iniziative in parallelo sul piano dell`integrazione e unione politica. È il riconoscimento che in Europa gli Stati nazione sono troppo piccoli nell`economia-mondo e devono attrezzarsi mettendosi insieme. Anche perché salvaguardare e rilanciare il modello democratico e sociale europeo sarà possibile solo in un quadro istituzionale europeo rinnovato.

Ne Parlano