: Signora Presidente, in questi giorni abbiamo sentito più volte in quest’Aula, anche pochi minuti fa nell’intervento del senatore Candiani, oltre che in alcune interviste televisive e sulla carta stampata, giustificare una intransigenza assoluta, insuperabile, in un senso favorevole o contrario a singole soluzioni normative relative alla materia al nostro esame, con l’appello a “principi non negoziabili”. È questo un concetto che mi sembra usato del tutto a sproposito.

Un grande maestro di diritto, giudice della Corte costituzionale e persona profondamente credente, Luigi Mengoni, insegnava che la differenza tra principi e regole sta in questo: mentre la regola prescrive un comportamento specifico preciso («non si passa col rosso»; oppure «il salario minimo è di sei euro»), il principio invece indica un valore che deve essere perseguito (la tutela della vita, della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia). Dunque, mentre la regola ha un contenuto prescrittivo preciso, predeterminato, il principio non ci dice mai esattamente come ci si deve comportare in ciascuna situazione; al contrario, lascia aperte sempre diverse scelte pratiche attraverso le quali il valore può essere perseguito, anche perché – proprio qui sta il punto cruciale della questione – accade quasi sempre che nel caso concreto i principi da applicare non siano uno solo bensì due o più di due. Si pensi, per esempio, alla necessità di conciliare il principio di tutela della vita umana con quello della libertà di circolazione: anche quella stradale, la quale è notoriamente pericolosa per la sicurezza delle persone; oppure il principio della libertà e segretezza delle comunicazioni con quello della punizione dei crimini. Quand’è così, cioè quando si tratta di conciliare tra loro due o più valori, si impone un bilanciamento tra di essi.

Il compito della politica è proprio questo: applicare al tempo stesso diversi principi costituzionali e morali, trovando di volta in volta il bilanciamento migliore possibile tra i valori che quei principi ci impongono di perseguire. In altre parole, se i principi fossero regole, la politica non servirebbe; essi ci direbbero compiutamente cosa occorre fare in ciascun caso. Ma, appunto, i principi non sono regole. Ci sarà sempre chi sottolinea maggiormente l’importanza di uno e chi l’importanza di un altro: il bilanciamento tra i due comporterà sempre in qualche misura una negoziazione.

Le possibili conciliazioni tra i valori in gioco, cioè le ipotesi ragionevolmente praticabili di bilanciamento tra di essi sono sempre più di una, ma ciascuna di esse implica che nessuna delle parti politiche attribuisca valore assoluto ad uno dei due principi dichiarandolo “non negoziabile”, perché, così facendo, si azzera l’altro; dunque, non si fa un buon servizio né alla Costituzione né all’etica.

«La discussione pubblica – scrive lo studioso di scienza della politica Maurizio Ferrera in un suo intervento dei giorni scorsi su questo tema – deve avere luogo in una cornice di laicità, tolleranza, rispetto reciproco e disponibilità al bilanciamento fra valori ultimi».

Ecco: non sarei tra i firmatari di questo disegno di legge se non ne condividessi l’ispirazione di fondo, che consiste proprio in questo: in un ragionevole bilanciamento tra i principi giuridici ed etici in gioco sulla questione che ci occupa. Osservo però subito che, per quanto riguarda il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, quel bilanciamento non è neppure necessario, perché non riesco neanche a vedere come il riconoscimento dell’aspirazione di due persone dello stesso sesso a un rapporto affettivo stabile possa anche solo indirettamente attentare all’istituto familiare tradizionale. Un bilanciamento tra principi è invece necessario in riferimento alla disciplina del possibile rapporto genitoriale tra il figlio di uno dei partner e l’altro partner. Non vi è dubbio che la questione vada risolta privilegiando l’interesse del minore; ma altrettanto indubbio è che la realtà ci pone davanti a una infinita varietà di casi, tale per cui, anche quando si assuma l’interesse del minore come bussola principale, non sì da alcuna soluzione normativa che non presenti dei vantaggi in una parte dei casi e degli svantaggi in altri.

La complessità del fenomeno, dovuta, appunto, all’infinita varietà della qualità degli adulti coinvolti, riguarda – sia ben chiaro – le coppie omosessuali tanto quanto quelle eterosessuali; le coppie dannose o inadatte all’affidamento dei minori ci sono sia tra le prime sia tra le seconde. La realtà quotidiana ci mostra, per converso, una grande quantità di casi di minori allevati a volte in modo straordinariamente positivo, a volte con carenze affettive anche gravi, da un genitore solo, uomo o donna, da sole donne non madri, e anche – è statisticamente un caso meno frequente – da soli uomini non padri.

Sono convinto che soltanto il metodo sperimentale consentirebbe di compiere – in questo, come in moltissimi altri campi – la scelta migliore in tema di affidamento o adozione del figlio di un partner da parte dell’altro, massimizzando i vantaggi e minimizzando gli svantaggi. Tuttavia, in attesa di una sintesi attendibile delle ricerche scientifiche su questo punto, la mia preferenza va alla soluzione basata sul principio di cautela, quindi quella sull’affido rafforzato biennale o fino alla maggiore età del figlio biologico di uno dei partner; purché – beninteso – si tratti di soluzione riferita alle coppie sia omosessuali, sia eterosessuali. Il principio di cautela va infatti applicato allo stesso modo in entrambi i casi.

Se nessuna di queste soluzioni si rivelerà politicamente praticabile, l’attuale formulazione dell’articolo 5 del disegno di legge, che prevede anche per le coppie omosessuali l’adozione del figlio di un partner da parte dell’altro senza periodo precedente di affidamento rafforzato, mi sembra accettabile come second best. Con l’auspicio che la questione venga riesaminata – ripeto: per le coppie di entrambi i tipi – nel contesto della riforma organica dell’intera materia dell’adozione e dell’affido familiare, di cui il Parlamento dovrà occuparsi nei prossimi mesi. (Applausi dal Gruppo PD).


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