Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, ormai stiamo camminando soltanto su quel muro che divide chi è favorevole alle adozioni e chi non lo è. Il fatto curioso è che si potrebbe osservare, a ragione, che il fattore di conflitto più acceso non sia nemmeno oggetto di questa legge.

Sorvolo sulle teorie cospirative espresse in quest’Aula per cui, partendo da questo testo, si teme un’evoluzione inevitabile verso l’accettazione totale della cosiddetta ideologia gender, che presumibilmente ci porterebbe ad accettare pedofilia e poligamia. Garantisco che si tratta di una citazione. Non oso immaginare le paure ancestrali che nutrono posizioni del genere, ma esprimo la mia compassione; potrei sforzarmi di comprenderle traslocando mentalmente, tornando indietro nel tempo per alcuni secoli – sento odore di Medioevo – ma, grazie a Dio, viviamo nel presente, in uno Stato moderno.

Uno Stato europeo che si sta muovendo verso l’affermazione di diritti e doveri per persone che ancora oggi, purtroppo, sono discriminate per il loro orientamento sessuale (non condiviso dalla maggioranza delle persone, ma le pratiche sessuali sono aspetti di dominio esclusivamente personale) e pertanto impossibilitate dalla legge vigente a costruire convivenze riconosciute, basate sull’amore. Un amore che reclama il diritto di potersi prendere un impegno reciproco.

Voglio ricordare che sta nascendo un diritto valido tanto per le coppie dello stesso sesso quanto per tutte quelle eterosessuali che vorranno scegliere la disciplina di questa legge per la loro lebensgemeinschaft, la loro comunità di vita.

Vengo al punto più discusso, la stepchild adoption: in apparenza, il più grande timore è quello che sia un passaggio mascherato per legittimare la pratica dell’utero in affitto, peraltro già vietata per legge e di cui il disegno di legge Cirinnà non tratta. Questi sono i dati riscontrabili.

Per quanto concerne i dati non riscontrabili, invece, il presidente della società italiana di pediatria, Giovanni Corsello, ha recentemente sostenuto che non si può non escludere che convivere con due genitori dello stesso sesso non abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell’età evolutiva. Il che equivale a dire: vivere nella Terra dei fuochi potrebbe avere ricadute negative sulla salute, intendendo per Terra dei fuochi non l’ambito familiare della coppia omoaffettiva, bensì la nostra società, troppo tossica da essere in grado di accogliere la modernità. Perché, ipocrisia a parte, è evidente che il vero problema per gli adopted stepchildren non è l’amore che esperiscono in una famiglia composta da due genitori dello stesso sesso ma il contesto culturale tossico, appunto, che non ammette questa opzione, in quanto discrimina chi compone nuclei familiari nel senso inteso dal disegno di legge che stiamo attualmente discutendo.

Un provvedimento che, per me, deve passare così come proposta dalla collega Cirinnà. Anzi, vado oltre e mi allineo agli onorevoli colleghi che, come me, considerano l’attuale versione un minimo sindacale. Io sarei per estendere i diritti al massimo grado e pertanto ho firmato alcuni emendamenti per ammettere le adozioni tout court, e non solo quelle dei figli biologici del proprio partner. Il motivo è piuttosto semplice; se è vero che è già un insulto alla Costituzione negare un diritto, è una mostruosità negare diritti ai bambini. Quindi, pur essendo contraria alla gestazione per altri a pagamento, dico con forza: nessuno ha il diritto di negare la possibilità di adozione per un bambino in ragione delle scelte dei genitori. Se ciò avvenisse, saremmo di fronte ad uno Stato che ripudia i suoi figli perché incapace di far rispettare norme e di accogliere l’inevitabilità e la gioia di una vita che viene al mondo. Mi avvio alla conclusione.

Trovo insopportabile l’idea che in un mondo sempre più globalizzato, da un lato assistiamo – pigramente, e non troviamo rimedio – a scene in cui, letteralmente, si buttano via bambini, mentre dall’altro, anche in quest’Aula, si discute, con fare medievale, se qualcuno abbia il titolo per amare e adottare il figlio del partner oppure no.

Trovo insopportabile l’ipocrisia con la quale ci si esprime preoccupati per l’incolumità psicologica dei figli che vivono con due genitori dello stesso sesso e, allo stesso tempo, non si trova rimedio ai modelli ammalati della nostra società che si perpetuano, indisturbati, generando fenomeni pericolosi come la violenza assistita, il bullismo, il cyberbullismo. Chi si preoccupa delle giovani ragazze anoressiche o bulimiche che inseguono modelli di magrezza irraggiungibili? Altro che genitori omosessuali!

Raramente mi riferisco alla mia esperienza al Governo, ma va detto che le mie ripetute richieste di dare il patrocinio al Pride di Palermo sono tutte state rispedite al mittente. E non solo.

Sono anche stata invitata a lasciare perdere, a non combattere per i diritti delle persone LGBT, a non partecipare al convegno che inaugurava la manifestazione. Ci sono andata lo stesso, con convinzione, sapendo che la mia presenza avrebbe dato fastidio. Oggi, a tre anni da quel Pride – e chiedo di concedermi questa trasgressione grammaticale – dico: I am pride of having been there, sono orgogliosa di esserci stata.

Concludo il mio intervento. Il collega Malan prima ha detto che le unioni civili sono uguali al matrimonio. Avrei preferito che questo diritto l’avessimo chiamato subito così, però mi adeguo al compromesso e voterò questo testo. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).


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