Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, innanzi tutto voglio esprimere un ringraziamento per il lavoro appassionato della nostra relatrice, la senatrice Monica Cirinnà, e per quello che ha fatto in questi anni. Va riconosciuto un lavoro importante anche se, come le ho sempre testimoniato, non sono d’accordo su alcuni punti sui quali adesso cercherò di riflettere con pacatezza e, spero, con la massima serenità.

Fermo restando che una disciplina sulle unioni omoaffettive è necessaria, appare opportuno chiarire alcune questioni di valenza assolutamente prioritaria che, se da una parte esulano un poco dal contenuto del disegno di legge, dall’altra sono indispensabili per allargare il campo delle vedute oltre i meri confini giuridici del processo che è in corso.

Con dispiacere devo puntualizzare che l’integralismo delle posizioni non aiuta nessuno; anzi, indubbiamente impoverisce l’esito di un dibattito pubblico che contrappone visioni opposte.

In queste settimane abbiamo assistito alla delegittimazione totale dell’avversario. Ma chi è l’avversario? L’altro? Quello che la pensa diversamente? È ancora possibile, penso, esprimere giudizi e pensieri diversi per arricchire un dibattito, perché quando ci si confronta su questi argomenti così sensibili e delicati credo davvero che lo scontro non serva ma sia assolutamente necessario il confronto.

A me sembra che il cuore della questione possa centrarsi su cosa possa o meglio debba essere assunto dal legislatore al pari di diritto e, quindi, come tale tutelato dall’ordinamento.

Molti giornalisti, giuristi, sociologi e psicologi stanno trattando la questione delle unioni civili dal proprio punto di vista, ognuno nella speranza di poter attrarre nella propria orbita l’opinione di chi è all’ascolto. Tuttavia, la disciplina estensiva prevista per le unioni civili nei confronti dell’istituto del matrimonio, così come disciplinato dal codice civile, cela di fatto l’estensione del medesimo complesso di regole.

Quello che suggerisco è di allargare un poco le visioni sull’idea e sul concetto di famiglia, al di là di prese di posizione eccessivamente partigiane e precostituite. Da un lato, mi sembra che l’attuale disciplina prevista dal disegno di legge tenda a considerare diritti dei genitori quelli che sono interessi, semplicemente elevando di rango l’interesse, che diventa un diritto.

Il riferimento, in tal senso, è alla possibilità di adozione del figlio del partner, la cosiddetta adozione del figliastro, nel caso di una unione omoaffettiva. Non dimentichiamo, però, come quel figlio nasca in ogni caso da una unione biologica tra un uomo e una donna, fatto questa intrinseco alla stesso concetto di vita umana.

D’altra parte, se la possibilità di adozione del figlio del partner fosse funzionale a riconoscere diritti a bambini per situazioni già esistenti, ancorché nel complesso tale questione riguardi solamente pochi casi, non si può tralasciare, a mio avviso, che in questo modo avalliamo un principio: tutti possono richiamare il diritto ad avere un figlio, il diritto ad essere genitori. L’estensione di tale disciplina allora potrebbe riservare, in un futuro prossimo o lontano, chissà quali risvolti o evoluzioni.

In sintesi, chi ci dice che in nome di diritti di cui oggi non rileviamo la necessità non si possa in futuro pensare che la cosiddetta maternità surrogata non rappresenti altro se non la modalità tramite cui le coppie omoaffettive, composte nel caso di soli uomini, possano realizzare il loro pieno diritto alla genitorialità?

È di questi giorni quanto è successo a Parigi: le donne di ogni cultura, di ogni Paese e di tutte le estrazioni politiche si sono incontrate per dire «no» all’utero in affitto. Se passa un principio oggi, modificando l’attuale normativa sulle adozioni, cosa che tra l’altro dovrebbe essere trattata in quella sede, si rischia di scardinare non solo l’ordinamento attuale, ma anche, verosimilmente, quello futuro.

Voglio stigmatizzare questo concetto: l’estensione dei diritti patrimoniali, successori e assistenziali per le unioni omoaffettive è cosa giusta e dovuta, e a questo credo stiamo dando le giuste risposte.

Allo stesso modo, però, voglio precisare il deficit del nostro ordinamento circa l’assenza di politiche strutturali a sostegno della genitorialità e della famiglia e la mancanza di risposte adeguate al decremento demografico che sta investendo il nostro Paese.

Andando con ordine, dunque, tali questioni appaiono molto più interrelate alla discussione di una legge che disciplini le unioni civili di quanto possa sembrare in prima battuta. Infatti, se da una parte introduciamo nell’ordinamento una disciplina ad hoc su specifiche formazioni sociali con l’intenzione di estendere i diritti a formazioni che nominalmente non sono equiparate alla famiglia ma che rischiano di esserlo a tutti gli effetti, dall’altra parte non esitiamo a disattendere una disposizione costituzionale, quella dell’articolo 31, che stabilisce che la Repubblica ha il compito di promuovere attivamente misure di sostegno per la formazione della famiglia, agevolando quelle numerose.

Partendo da questa osservazione mi chiedo perché il drastico calo di nascite che riguarda il nostro Paese, frutto anche di una mancanza di politiche familiari strutturate, non ci interessa, anche se riguarda l’intera comunità statale, mentre l’adozione del figliastro del partner nel caso di una coppia omoaffettiva è esigenza imprescindibile e improcrastinabile? La questione rileva dal punto di vista delle priorità.

La famiglia, intesa nell’accezione che i Padri costituenti hanno voluto, è il centro della nostra società e a chi ha lamentato la mancanza di un’adeguata politica sulla famiglia si sono fatte orecchie da mercante. Finalmente questo Governo, il nostro Governo, nelle ultime due manovre ha stabilito dei fondi, ha fatto attenzione a questo ma è ancora poco, bisogna ancora lavorare.

Termino il mio intervento dicendo anche che se noi guardiamo al Nord Europa e alle politiche per la tutela dei diritti delle coppie omoaffettive, bisogna ricordare come da tempo questi Paesi, quali la Francia, la Germania o quelli dell’area scandinava, abbiano una legislazione di avanguardia in tema di politiche familiari.

E ancora – lasciatemelo dire – mi chiedo come mai la nostra Europa ci richiama continuamente, e giustamente, per la scarsa attenzione che abbiamo avuto rispetto alle coppie omosessuali, ma c’è un silenzio assordante per ciò che riguarda la morte di bambini – abbiamo saputo che ne sono scomparsi 10.000 solo nel 2015 – che vengono dall’altra parte del mondo per cercare salute, sostegno e la giusta dignità della loro vita e di questo non ci si vuole occupare.

PRESIDENTE. Senatrice Padua, la invito a concludere, le ho già concesso parecchio tempo in più rispetto a quanto le era stato assegnato.

PADUA (PD). Io sono una pediatra e ho trascorso tutta la mia vita accanto ai bambini della mia comunità, quindi credo di avere un minimo di esperienza per poter affermare in quest’Aula che stiamo decidendo di un processo che riguarderà il futuro dei nostri bambini e non ci sono studi che indichino una strada piuttosto che un’altra. Certamente l’esperienza del quotidiano è che un papà e una mamma sono necessari per la crescita serena di un bambino ed è sicuramente importante, voglio dirlo anche per dare voce ai bambini che non sono presenti, riflettere perché stiamo per assumerci una grande responsabilità e rispondiamo alla nostra coscienza.

Signor Presidente, chiedo di poter consegnare il mio intervento perché venga allegato agli atti della seduta odierna.


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