Al direttore – La puntura di spillo che mi ha dedicato sabato 13 aprile offre lo spunto per una riflessione più ampia sulle responsabilità degli opinion maker di area liberal-liberista nel successo politico che, nel giro di pochi anni, hanno avuto il Movimento 5 stelle e il suo guru, Beppe Grillo. Lei chiedeva con sorridente malizia – lo ricordo a beneficio del lettore perché non avessi fatto certe rivelazioni quando ancora lavoravo al Corriere. Le ‘rivelazioni’ riguardano il nesso tra le inchieste del quotidiano di Via Solferino sulla Casta, una grande intuizione giornalistica, e la campagna pro Montezemolo del direttore di allora, Paolo Mieli, un`idea politica piccola. La risposta, per quanto semplice, aiuta a impostare l`intero ragionamento: altri, non io, hanno considerato le mie dichiarazioni a ItaliaOggi delle rivelazioni; a mio modo di vedere, non allora non c`era niente da rivelare essendo già tutto sotto gli occhi di tutti. Semmai, su quel ‘già noto’ c`è da formulare qualche commento adesso, dopo le elezioni di febbraio. Come ricorderà, anche prima del dicembre 2004, quando prese avvio la seconda direzione Mieli, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo avevano scritto numerosi articoli sugli sprechi, i privilegi e le malversazioni della Pubblica amministrazione e del sistema politico. Ma è con il Mieli-due che prende forma la coppia che pubblicherà ‘La Casta’, il saggio più venduto dell`editoria italiana, il titolo che si è fatto linguaggio corrente. L`idea e il successo appartengono dunque ai colleghi. E tuttavia la frequenza e l`enfasi delle inchieste non sarebbero state tali senza la benedizione di un direttore che se le intestasse. Era stato lo stesso Mieli, del resto, a teorizzare il quotidiano interventista, pungolo dei partiti e dei governi attraverso l`uso politico delle inchieste e degli editoriali. Disse Mieli in un`intervista a Prima comunicazione nel 1996: ‘La nostra funzione è quella di facilitare la nascita di una nuova Italia, di esserne levatrici’. Dieci anni dopo, quando Rizzo e Stella avevano già firmato decine di inchieste, Mieli indica in Fini e Casini il futuro del centrodestra, mentre, traballante il centrosinistra, Montezemolo comincia a scaldare i motori. La fuoriserie dell`ex presidente della Fiat e della Confindustria, nonché massimo sostenitore della direzione Mieli come testimonia anche il banchiere Cesare Geronzi, non uscirà mai dal garage, ma le prove generali cominciano allora. Dedico tanto spazio al Corriere perché la sua linea a metà strada tra liberismo ed economia sociale di mercato ha assunto un ruolo centrale nel concerto dissonante dei media italiani. Perfino Milena Gabanelli, star della tv d`inchiesta prediletta dai grillini, affida le sue denunce cartacee al Corriere e non ad altre più aggressive testate. L`influenza del Corriere sulla politica, insomma, è stata assai forte come dimostra l`ascesa a Palazzo Chigi di Mario Monti, principale commentatore del quotidiano milanese, che lo stesso Foglio ha sostenuto in sede politica. Ora, però, la vittoria del 2005 sui disegni bancari dell`Unipol, la defenestrazione morale della Casta, l`esaltazione dei tecnici neocentristi di fronte all`ignavia arrogante e conservatrice della politica ufficiale non hanno fatto nascere una nuova Italia. Non ancora. Il risultato elettorale di febbraio dice che l`Italia ha sì voglia di cambiare, altrimenti il centrodestra non avrebbe perso oltre 6 milioni di voti e non si sarebbe ridotto al 30 per cento, ma poi questa stessa Italia non riconosce nel centrosinistra il proprio alfiere, altrimenti l`asse Bersani-Vendola non avrebbe perso oltre 3 milioni di voti. E nemmeno si affida in toto al Movimento 5 stelle, perché di voti Grillo ne ha presi tanti, ma molti meno di quelli che servono per governare da solo. Quando si dice che la ‘guerra alla Casta ha generato il Movimento 5 stelle’, si parla prima di tutto del fallimento dei partiti ufficiali, incapaci di ascoltare le voci del popolo e di scegliere tra i rimedi che pure dagli stessi Rizzo e Stella – e da tanti altri – sono stati proposti. Naturalmente, si potrebbe osservare che ogni paese ha la classe politica che si merita, specialmente nei regimi democratici. E tuttavia i partiti attuali, eredi cesaristi degli antichi partiti di massa per via proprietaria (Pdl) o per via semiplebiscitaria (il Pd), hanno materia per vasti ripensamenti: allo scopo di sopravvivere, se non per altro. Ma quando si dice che ‘la guerra alla Casta ha generato il Movimento 5 stelle’ si parla anche degli opinion maker di area liberai-liberista nella loro qualità di ostetrici della nuova Italia. Questi economisti e questi politologi si sono attardati, ante e post Lehman, nella critica al Leviatano come se il Leviatano di origine rooseveltiana non fosse già stato smantellato, qui e altrove in occidente, dalla globalizzazione finanziaria deregolata e dall`indebitamento massiccio del settore privato per soste- nere i consumi nel momento in cui la ripartizione del valore aggiunto si orientava sempre più verso il capitale e sempre meno verso il lavoro. Dopo il Testo unico bancario e il Testo unico della finanza, nell`Europa ridotta alla dimensione della mera concorrenza a subalterna imitazione degli schemi anglosassoni, credevano si dovesse dare l`ultima pennellata per avere un quadro perfetto. E` stata quella critica dei nipotini della Thatcher a offrire una prospettiva di governo antistatale alla denuncia del marcio dei partiti. Ma le dure repliche della storia – la crisi interminabile di questi anni, l`insorgenza universale dei populismi, la crisi dell`Europa basata sul timore paralizzante dell`inflazione e del debito pubblico e sulla disattenzione verso il debito privato – hanno dimostrato l`inconsistenza politica degli intellettuali che hanno cercato di mettere il cappello sulla ‘guerra alla Casta’. Il giorno in cui avrà la serenità per riflettere sulla sua esperienza di europeista e di premier, il professor Monti potrebbe rendere un altro servizio al paese. Nel frattempo, per ridiscendere a terra, chi sfogliasse le collezioni dei grandi giornali d`informazione, le cui opinioni prevalenti fanno poi testo in tv e orientano buona parte dei blog, troverebbe una certa sproporzione tra le censure riservate ai politici, ruvide e innumerevoli, e le osservazioni critiche riservate ai ‘padroni del vapore’, rare e sempre assai educate. C`è casta e casta. Forse, nell`Italia impoverita e impaurita, anche per questo la classe giornalistica è seconda solo alla classe politica nelle maledizioni dei più.

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