I numeri ballerini rendono più lunghi i tempi per le riforme. E sull’Italicum: ‘Difficile l’ok prima delle europee’
Alla fine la fiducia e 160 voti hanno salvato il ddl Delrio sulle Province e la tenuta della maggioranza di governo. Una vittoria politica dimezzata e ima riforma imperfetta, che dimostrano tutta la debolezza dei numeri su cui deve contare Matteo Renzi al Senato. I segnali sono segnali e come tali vanno interpretati. Il senatore del Pd Francesco Russo, uomo di Enrico Letta a Palazzo Madama, che di questa riforma è stato relatore, ne trae un insegnamento e un consiglio per il premier: se non cambia metodo e senza fare i conti con il Parlamento non si va da nessuna parte.
Senatore, l`approvazione sul filo di lana della riforma, è stato un test che non fa sperare bene per le altre importanti sfide che vi attendono.
«Questa vicenda dimostra che c`è bisogno di un coinvolgimento dei gruppi parlamentari. I numeri sono risicati, e in queste condizioni la riforma del Senato potrà anche partire da un forte input come può essere una bozza di disegno di legge di governo, ma a patto che faccia solo da schema di partenza. Il premier dovrà chiedere poi ai gruppi di preparare un ddl parlamentare».
I centristi alleati di governo hanno mandato un messaggio a Renzi, e dall`opposizione ha fatto lo stesso Fi, partner per le riforme: riuscirà il premier a tenersi in equilibrio sulla doppia maggioranza?
 «C`erano delle forte sacche di resistenza nell`area di governo: chi ha negoziato fino all`ultimo perché ha interessi territoriali sulle Province e chi ha voluto scaricare i malumori della legge elettorale su questa riforma. Spero che Renzi responsabilizzi di più i parlamentari, ma per farlo deve lasciare ai senatori».
 Il premier deve cambiare strategia?
«Sulle Province abbiamo avuto la riprova di quello che sapevamo da tempo: il Senato non ha la maggioranza di governo che è data per scontata alla Camera. Renzi deve prendere atto che tutte le riforme, come è giusto che sia, saranno figlie di una ampia condivisione bipartisan. Qui non si può fare altrimenti. Va bene agire rapidamente, ma i tempi stretti devono conciliarsi con un maggiore coinvolgimento dei partiti».
Ma è possibile che l`Italicum slitti addirittura a dopo le elezioni europee?
 «Considerando il fatto che partirà prima la riforma del Senato e del Titolo V, è probabile che mancheranno i tempi per un adeguato approfondimento in Commissione. Dopotutto stiamo cambiando la Carta e le elezioni sono tra un mese e mezzo . Se riuscissimo a fare bene la riforma del Senato, passeremmo alla storia per capacità costituente».
Intanto il ddl sulle Province non le pare una riforma un po` zoppicante?
 «E un testo perfettibile ma almeno è un inizio e ha il merito di cominciare a cambiare le cose. Rompe un`inerzia, ed è importante. Smettiamo di considerare meglio la gallina domani che l`uovo oggi: con questa mentalità le riforme non si faranno mai».
 E un fatto però che siete riusciti ad approvarlo grazie a un accordo con l`opposizione sull`avvio immediato di un ddl costituzionale che sulle Province sembra voler fare sul serio quello che nel Delrio resta un`intenzione.
«Io ho spinto per una mediazione con Forza Italia, Lega e M5S. Senza questo accordo non ce l`avremmo fatta: le opposizioni avevano preparato 3 mila emendamenti».
Partirete dal testo del M55?
«La piattaforma sarà un mix tra il testo di Vito Crimi del M5 S e quello che il governo aveva presentato alla Camera. L`obiettivo è di favorire, nel quadro della riforma del Titolo V, il ddl costituzionale accanto al Delrio e dimostri che questa è ima norma transitoria che però mette nero su bianco la volontà di cancellare le Province».

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