“Dedichiamo questi ultimi giorni di campagna elettorale a raccontare l’Europa che vogliamo e per cui siamo impegnati. Il 26 maggio sarà un giro di boa determinante e noi dobbiamo essere capaci di una narrazione forte, entusiasmante, credibile. Dire con chiarezza perché l’Europa è necessaria ma anche cosa e come deve cambiare. La smettano Salvini e compagni con questo indecente folklore politico che alimenta solo spread e manovre speculative. Questo non è l’interesse nazionale ma il loro esclusivo tornaconto. A qualcuno potranno stare bene Le Pen e Orbàn, ad altri Farage. Noi pensiamo ad un’Europa aperta, madre e non matrigna, non xenofoba non tecnocratica. Un’Europa del lavoro e dell’inclusione, in grado di garantire pari opportunità e di governare politicamente i grandi processi nell’interesse di tutti, ripeto tutti, gli stati membri. Generazione Erasmus significa questo. Chiedo a tutti i candidati e le candidate del mio partito di parlare meno di sé stessi e delle proprie biografie, più dell’Europa di cui hanno bisogno i cittadini”.
Questo l’appello che la Senatrice Teresa Bellanova ha rivolto ieri, nel corso di un incontro sui temi del lavoro e dello sviluppo promosso dalla Sezione Pd Nuovo Salario a Roma.
“Questa è probabilmente, dopo la caduta del Muro di Berlino, la tornata europea più delicata. Aumento vertiginoso delle disuguaglianze economiche e sociali, differenze marcate tra gli schieramenti in campo, minaccia fortissima di un blocco reazionario dove si sta saldando di tutto: lepenismo, antiche e nuove destre, xenofobia, pericolose tendenze autarchiche. Per questo dobbiamo essere capaci di raccontare e affermare un’Europa diversa, del lavoro e dello sviluppo, dell’inclusione e della sostenibilità, per sconfiggere ovunque le sacche di arretratezza, arretramento, povertà. Ci sono parole-chiave ormai scomparse quasi completamente dal lessico politico ed economico imposto da questo Governo: sistema-paese, mezzogiorno, politiche industriali, lavoro, giustizia sociale, nuove generazioni, inclusione, donne. Parole che restituiscono un’urgenza: abbiamo bisogno di più riformismo, in Italia e in Europa. Per dire ai cittadini come intendiamo tenere insieme la trasformazione, l’innovazione sempre più veloce, il nuovo che si impone nei segmenti strategici e quello che invece, sentendosi fragile ed esposto, ha paura. Continuiamo a parlare di un Europa a due velocità. Non è così: le velocità e le arretratezze rischiano di essere molte di più. Bisogna saperle tenere insieme, non frenare le prime, non immiserire ulteriormente, respingendole ancora di più ai margini del cerchio, le altre. Sarebbe un errore micidiale perché è da qui che si generano populismi eversivi e rigurgitano gli estremismi.
Dovremo risolvere le contraddizioni più forti: è necessaria una politica estera europea, sono necessarie politiche comuni per le migrazioni, sono necessarie politiche condivise e comuni sul lavoro e sulla rappresentanza per sconfiggere la concorrenza sleale interna. Che c’è e non possiamo fingere di ignorarla. Difendiamo l’Europa perché vogliamo cambiarla”.


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