Oltre il dolore per la tragedia umana e familiare, il crollo del viadotto di Castelfidardo sulla A14 restituisce tre lezioni da non perdere di vista.
La prima, quali che siano le responsabilità specifiche su cui sta indagando la magistratura, mette in connessione la vicenda ultima a quelle analoghe degli ultimi anni e ci dice quanto sarebbe rischioso abbassare la guardia alzata con il nuovo codice degli appalti. Il quale non ha solo l’obiettivo (fondamentale) di contrastare i fenomeni corruttivi e l’illegalità che inquinano, ancora troppo, il sistema dei lavori pubblici, ma anche quello di migliorare la qualità della progettazione delle opere, la competenza delle stazioni appaltanti, la funzione di tutela dell’interesse pubblico della direzione dei lavori e l’efficacia dei controlli. Da tutto ciò dipende non solo l’efficienza del sistema ma anche la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini.
La seconda è relativa agli effetti collaterali che anche sul versante della manutenzione del patrimonio pubblico sono stati prodotti dalla lunga gelata di austerità imposta dopo il 2008 nell’UE, sulla scia di un rigorismo miope, che si accanito indiscriminatamente contro ogni fonte di spesa pubblica. Mettendo sullo stesso piano e tagliando allo stesso modo (per troppo lungo tempo), tanto gli sprechi quanto gli investimenti in manutenzioni (sui quali solo ora e ancora troppo debolmente si stanno allentando i vincoli). Ciò ha generato un progressivo degrado di molte nostre infrastrutture, il quale alla prova dei fatti rischia di generare un monte di futuro indebitamento (se si vuole risalire la china) ben più consistente di quello che si pensava di contenere.
La terza lezione riguarda quello che, se vogliamo, è l’aspetto più deprimente delle cronache di questi giorni. Dalle quali filtrano le voci di coloro che, approfittando anche di questa tragica occasione, chiamano in causa le presunte responsabilità del nuovo codice degli appalti, nel ritardare opere e interventi. Sfidando la semplice constatazione per la quale le “magagne” che emergono ora, così come quelle buttate alla ribalta dai crolli avvenuti quando ancora il nuovo codice neppure esisteva, sono il frutto di anni di cattiva e opaca gestione del sistema delle opere pubbliche, dalla quale sono state generate la qualità mediocre dei progetti, l’espansione fuori controllo dei costi, e i conseguenti pessimi risultati.
Questo incidente cade in un momento delicato. Alla vigilia del programmato “tagliando” al nuovo codice. Molte sono le pressioni che vorrebbero radicalmente stravolgerne l’impostazione di fondo. Tornando al sostanziale laissez-faire precedente. Un grave errore nel quale ci auguriamo che il Governo non incorra. Si sistemino le cose indispensabili e utili a far funzionare meglio gli ingranaggi e a tutelare la posizione dei lavoratori del settore, ma non si smantelli un lavoro durato due anni prima ancora di averne misurato gli effetti.


Ne Parlano