Esiste una legge che tutelerà i ciclisti Un giorno, forse, in qualche modo. Isolandoli in una salvifica quarantena. Dice una cosa soltanto, quella fon­damentale: quando li si supe­ra, bisogna stare a un metro e mezzo almeno. Una questione talmente semplice che l’han­no infilata in una commissio­ne parlamentare dalla quale non si sa quando uscirà. L’ha promossa il senato­re Michelino Davico (Grandi Autonomie e libertà), viene pedinata dal sottosegretario Riccardo Nencini che è poi nipote di Gastone, vincitore del Tour de France, l’ha appoggia­ta una variegata compagine di parlamentari, perché è qual­cosa che a dispetto dei tempi che corrono scavalca qualsiasi schieramento politico e qual­siasi visione economica. Tra i firmatari c’è anche la senatri­ce Josefa Idem, campionessa olimpica di kayak.
Senatrice, quel progetto di modifica del codice del­la strada che salverà vite va avanti E’così o no?
«Ma chi lo sa. Io mi auguro di sì, naturalmente, e di certo ho fiducia che l’iter proceda ve­locemente. Purtroppo capi­ta spesso che provvedimenti assolutamente condivisi in­cappino in ritardi burocrati­ci o s’incastrino in discussio­ni che non c’entrano nulla».
Nelle intenzioni di chi l’ha varato, il decreto dovrebbe diventare operativo entro la fine dell’anno.
«E’moto sgradevole dirdo, ma bisogna ammettere che in Ita­lia per accelerare le procedure serve qualche evento che scuota le coscienze. Non voglio pensare che questi incidenti anche mortali finiscano col semplificare il cammino della norma. Ma per esempio la legge sul doping è stata introdotta sulla sacia degli scandali».
A parte la sacrosanta attenzione alla salute dei ciclisti, la riforma è stata ispirata anche dalla volontà di promuovere comunque l’uso della bici?
«Dobbiamo prendere atto di una cosa: la bkicletta è il mezzo di trasporto più ecologico che abbiamo a disposizione oggi. Esiste però la percezione che utilizzarla, soprattutto in città, sia ben poco sicuro. Questa è un ostacolo alla sua diffusione che va rimosso».
E’ innegabile che alcuni ciclisti si comportano come se le regole stradali per loro non valessero.
«E’ vero, ma una normativa come quella che abbiamo proposto cerca appunto di incidere sulla cultura e sulla civiltà di tutti coloro che condividono le strade, degli automobilisti come dei ciclisti. Il rispetto reciproco è fondamentale. Io mi ispiro alle esperienze di tante città del Nord Europa, nelle quali il trasporto urbano armonioso fa parte della cultura di massa. Per questo vorrei aggiungere un suggerimento per chi va in bici».
Prego.
«L’uso del casco non è una questione formale o estetica. E’ parte integrante della sicurezza quanto il diritto a viaggiare sulle strade senza correre il rischio di essere travolti».
Senatrice, al telefono la sentiamo un po’ in affanno.
«Sono in bici Ho appena attraversato il lungotevere per raggiungere la pista ciclabile. Molto pericoloso».


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