La legge delega sull’assegno universale per i figli a carico può essere approvata a breve, entro l’autunno. Ma per centrare l’obiettivo serve un segnale dal governo e dalla maggioranza. Stefano Lepri, vicecapogruppo del Pd in Senato, e primo firmatario del provvedimento che prevede il riordino e il potenziamento dei sostegni alle famiglie, è convinto che il tempo sia maturo. Specie dopo che lo stesso Matteo Renzi nel suo libro in uscita ha indicato come una priorità del Pd l’introduzione dell’assegno. Secondo il parlamentare, dopo tanti anni nei quali l’Italia ha trascurato le politiche a favore della natalità, un intervento selettivo a favore di chi ha figli «deve avere la priorità» su un taglio indistinto dell’Irpef.
Senatore qual è l’obiettivo della legge delega?
L’idea è semplice. Lo stato deve contribuire al mantenimento dei figli, facendosi carico di una parte dei costi. E le famiglie devono avere diritto a un aiuto a prescindere dalla condizione lavorativa. Oggi non è così: i lavoratori autonomi non hanno gli assegni familiari, gli incapienti nemmeno le detrazioni per i figli. Con l’assegno che propongo quasi l’80% delle famiglie avrebbero il contributo pieno e solo il 10% più benestante ne resterebbere escluso.
Come funziona?
Le attuali misure di trasferimento monetario verrebbero abolite e sostituite dall’assegno unico per i figli, che i genitori riceverebbero a partire dal settimo mese di gravidanza fino alla maggiore età del figlio o a 25 anni se resta a carico. Oltre alla semplicità dello strumento e alla maggiore equità, a mio avviso l’elemento più importante riguarda la certezza dell’aiuto nel tempo, che può essere una leva per far ripartire la natalità nel Paese. In questa società senza certezze il fatto che si possa contare su un contributo che potenzialmente dura 25 anni può pesare nella scelta. Pensiano alle tante gravidanze impreviste o indesiderate o alle situazioni di lavoro, precario, incerto, a termine.
Quanto costa l’operazione?
L’attuale spesa per detrazioni e bonus vale 16 miliardi. Servono dai 4 ai 6 miliardi aggiuntivi a seconda dell’entità del contributo, 150 o 200 euro al mese. Altri due miliardi servono per eliminare gli oneri a carico delle imprese per gli assegni familiari, riducendo il cuneo fiscale.
Quali coperture si prevedono?
La delega non entra nelle definizione delle coperture che, come è già accaduto con il Jobs act, può essere demandata alla legge di bilancio. Si può approvare la legge con largo consenso, con la manovra di autunno dare un primo segnale lasciando l’attuazione piena alla prossima legislatura.
Chi avrebbe più benefici?
Gli autonomi, gli incapienti e le partite Iva che oggi non hanno nulla. Ma anche molti dipendenti ne avrebbero un vantaggio, seppure minore. La legge ha poi una clausola di salvaguardia: rispetto a oggi non ci puoi rimettere.
Perché l’assegno e non una riduzione fiscale come chiede il Forum?
La nostra proposta indirettamente raggiunge gli stessi effetti del fattore famiglia: invece di ridurre l’imponibile dà un contributo per ogni figlio, esplicitamente finalizzato: la mamma che sa che quei soldi sono per il suo bambino.
Oggi il mantra a destra e sinistra è tagliare le tasse. Non teme che la sua proposta sia politicamente meno attraente?
Quando la gente vede arrivare 150-200 euro al mese è contenta e può fare subito un confronto con il passato. Quando si parla di riduzione delle tasse è più difficile.


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