LUIGI Manconi, senatore Pd e presidente della Commissione diritti umani di Palazzo Madama, è intellettuale profondo e dalla memoria lunga. Non ci sta a ridurre il caso di Marcello Dell`Utri, il cofondatore di Forza Italia condannato a 7 anni di carcere per associazione mafiosa e gravemente malato, a diatriba destra-sinistra. «Perché è l`Italia nel suo complesso a non aver mai sviluppato una cultura garantista. E il caso Dell`Utri, semplicemente, non sfugge alla regola», spiega a QN, portando «solidarietà umana all`ex collega, detenuto nonostante acclarate patologie cardiache e oncologiche».
In una lettera accorata scritta da Rebibbia, Dell`Utri denuncia la propria condizione e reclama la sospensione della pena (negata dal tribunale di sorveglianza). Non c`è il rischio di assistere a un dibattito tra tifoserie?
«E quanto sta puntualmente accadendo. Il centrodestra agita un garantismo a senso unico, centrosinistra e 5 Stelle sono in larga parte ostaggio di un giustizialismo sostanziale. Solo piccoli segmentirappresentati dai Radicali, e da esponenti liberali e della sinistra libertaria presidiano il punto cruciale della questione».
Lo illustri.
«Il garantismo prescinde totalmente dal curriculum criminale dei condannati. Di più: deve valere nella stessa misura per il colpevole e l`innocente. Sennò è solo una forma di indulgenza o compassione. Che infatti nella sua lettera Dell`Utri respinge».
Il centrodestra alza la voce. Con quale credibilità?
«Ben poca. Vedo solo garantismo esercitato sugli amici. Quando mai un leader del centrodestra si è speso per i diritti di un migrante o di un richiedente asilo?»
Come presidente della commissione diritti umani del Senato ha raccolto istanze sul caso?
«Quella della moglie di Dell`Utri, ovviamente. Per il resto ben poche manifestazioni di interesse».
Furbizie da fine legislatura?
«Con le elezioni alle porte in un Paese rancoroso e animato da forti elementi di rivalsa sociale, una politica debole non ingaggia battaglie di principio come quella riassunta dalle parole della radicale Rita Bernardini nelle quali mi ritrovo totalmente: “Bisogna garantire Dell`Utri e tutti quelli nelle sue condizioni”. E proprio in quel tutti sta il punto ignorato».
Nei tribunali di sorveglianza il metro è corretto o restrittivo?
«Pochi giudici e nell`occhio del ciclone: nel dubbio tendono ad adeguarsi al pensiero dominante».
Anche a sinistra?
«Soprattutto a sinistra, dove – salvo poche eccezioni – hanno sempre agito due pregiudizi: che i diritti vivano solo in una dimensione collettiva e che la sostanza materiale del reato debba prevalere a prescindere, persino al di là del rispetto delle regole procedurali. E qui che nasce il giustizialismo».
Sei dietro le sbarre? Restaci.
«In Italia si fatica a vedere il detenuto come soggetto titolare di diritti e meritevole di tutela».
Il passato non insegna?
«La memoria inganna e può indurre all`autoassoluzione. Prendiamo due casi lontanissimi tra loro, come quelli di Enzo Tortora (condannato innocente in Italia) e di Silvia Baraldini (vittima di una condanna abnorme negli Stati Uniti). Non ci fu alcuna mobilitazione di massa per loro, se non quella condotta da avanguardie intellettuali e politiche. La battaglia per un autentico garantismo è ancora tutta da intraprendere».


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