«L’ultimo governo che ha messo al centro il Mezzogiorno risale a Massimo D`Alema». Lo dice senza troppi giri di parole Salvatore Margiotta, lucano doc e sottosegretario ai Trasporti e alle infrastrutture in quota Partito democratico. E la clausola che destina al Sud il 34% degli investimenti? «Troppo poco, bisogna fare di più».
Partiamo con un dato che la riguarda da vicino: ogni impresa del Mezzogiorno può contare su circa 20 km di infrastrutture, che in Puglia diventano addirittura meno di 8. Non dovrebbe essere un`emergenza nazionale?
«Assolutamente sì, deve esserlo. Se partissimo dai dati Svimez e provassimo a rappresentare le differenze fra Sud e nord in termini di prodotto interno lordo, e poi facessimo lo stesso esercizio con il gap infrastrutturale, sono sicurissimo che le due cartine sarebbero sovrapponibili. Si produce meno pil dove ci sono meno infrastrutture e ci sono meno infrastrutture dove il pil è più basso. Non esiste ripresa se non si coinvolge tutto il Paese».
Infatti i dati italiani sul prodotto interno lordo non sono entusiasmanti, per il 2020 dovremmo avere lo 0,5% in più.
«Dal 2008 a oggi l`Italia nella sua interezza è il Paese con minore crescita del Pil, anzi i dati sono praticamente immobili. Quella delle infrastrutture al Sud è un`emergenza nazionale non solo in termini di giustizia e equità, ma anche in termini economici e sociali. E poi c`è un altro aspetto».
Quale?
«Parliamo di democrazia e di diritti. Il diritto alla mobilità delle persone è o no uno dei diritti intangibili su cui si valuta anche il tasso di civiltà di un Paese? Come si pretende, anche se poi non avviene, che ci sia un diritto alla sanità, alla giustizia, all`educazione scolastica uguale per tutti, si deve capire che anche il diritto alla mo- bilità deve essere uguale per tutti. La qualità della vita di chi parte da Napoli per arrivare a Roma e di chi invece deve viaggiare da Potenza o da Castrovillari è completamente differente. E la qualità della vita dovrebbe essere l`obiettivo ultimo della politica, come ci insegnava Bob Kennedy».
Che ruolo gioca il tema della sostenibilità ambientale?
«La lotta ai cambiamenti climatici oggi, avendo realizzato già il realizzabile dal punto di vista delle energie alternative, adesso bisogna operare sul mondo dei trasporti. Dal trasporto pubblico può venire un contributo deciso alla lotta ai cambiamenti climatici, nel solco del Green New Deal europeo. Naturalmente questo richiede che di faccia l`alta velocità e capacità Salerno-Reggio Calabria, tanto per fare un esempio. Quindi per motivi economici, sociali e ambientali è necessario un grande piano per il Mezzogiorno»
E qui entra in gioco la clausola del 34% degli investimenti da destinare al Sud. Lei non ne è particolarmente entusiasta.
«Io la contesto sotto due profili. Intanto perché, come diceva Don Milani, “non c`è maggiore ingiustizia che fare parti uguali fra disuguali”. Se il Sud ha tutta questa arretratezza infrastrutturale, non gli si può dare solo quello che già gli spetta. Il 34% è il minimo sindacale, la quota corrispondente alla percentuale di abitanti. Il secondo aspetto che mi sta a cuore è la differenza enorme fra quanto si programma e quanto si spende.
Facciamo un esempio pratico.
«Il 34% in programmi degli anni scorsi, parlo in maniera particolare di Rfi e di Anas, era già il 40%. Il problema, non è il programma, ma la spesa vera, che a consuntivo arrivava al 18-20%. Programmare è importante, ma poi bisogna progettare, appaltare, realizzare e spendere. Il pil aumenta se le opere di realizzano, non se si programmano».
Dove si inceppa l`ingranaggio?
«Ci sono vari problemi. Intanto, per diversi motivi, è più facile spendere al Nord: dove ci sono investimenti privati tutto diventa più fluido rispetto a dove gli investimenti sono tutti pubblici. E al Sud è tutto pubblico. Poi, bisogna che noi ci assumiamo anche le nostre responsabilità, alcune volte le macchine amministrative delle stazioni appaltanti del Mezzogiorno sono un po` più deboli. Altre volte ci sono le difficoltà dei comuni a mettersi d`accordo, penso alla Statale 106 Jonica. Rimane comunque una responsabilità complessiva dello Stato centrale».
E la pubblica amministrazione locale?
«Condivido l`iniziativa del presidente della Campania De Luca che vuole fare entrare nella Pa diecimila giovani diplomati e laureati, perché la pubblica amministrazione del Mezzogiorno in molti reparti ha perso smalto».
Tornando alla clausola del 34%, l`Ufficio parlamentare di Bilancio sottolinea che l`articolo inserito nella legge di Bilancio non prevede sanzioni in caso di inadempienza, che comunque il vincolo non garantisce gli investimenti e che è obbligatorio solo per due partecipate di Stato, Anas e FS. L`azione del governo è stata troppo blanda?
«Non ho difficoltà a dire che negli ultimi vent`anni l`unica finanziaria che ha messo al centro il Mezzogiorno risale al governo D`Alema. È stata l`ultima volta che un esecutivo ha assunto come priorità la ripartenza del Mezzogiorno. Poi non è più stata un`emergenza per nessun governo, né del mio partito, né del centrodestra. Il tema viene pronunciato con poca serietà e determinazione. E evidente che per errori di Salvini, nonché per numero di abitanti, la partita elettorale importante fosse quella dell`Emilia Romagna. Però passa del tutto inosservato il fatto che si è votato anche in un`altra regione in cui il centrosinistra ha perso. La Calabria è scomparsa completamente dal dibattito, è una disattenzione psicologica ai temi dei Mezzogiorno».
Forse è un po` di rassegnazione all`idea che tanto il Sud è giàspacciato?
«Un po` rassegnazione, un po` timore di parlare del Sud. E poi manca da parecchio un grande leader meridionale. Forse, se ci fosse un segretario nazionale del Pd proveniente dal Sud, sarebbe più facile porre le questioni del Mezzogiorno».
Il Governo è guidato dal pugliese Giuseppe Conte…
«Infatti il Presidente del Consiglio mostra certamente attenzione nei confronti del Sud. Il mio stimolo è che si faccia di più rispetto a quanto si è fatto finora».
Come Pd avete tenuto l`Emilia Romagna e perso la Calabria. Le due regioni da un punto di vista infrastrutturale sono agli antipodi, anche questo ha pesato sul risultato finale?
«Per chi fa il mio mestiere non c’è centro migliore di quello emiliano. Là si è lavorato benissimo, le leggi nazionali sono state utilizzate e ci sono bus ecologici che non vedo al Sud e neppure a Roma. Tutto questo incide nella valutazione dell`elettorato, in Emilia Romagna ha contato il buon governo».
La neogovernatrice della Calabria, Jole Santelli, ha detto che ora la Tav dovrà arrivare anche in Calabria. Una pia illusione?
«La penso come lei. Abbiamo detto che programmare il 34% di finanziamenti è insufficiente e che comunque mettere i progetti solo su carta non basta, ma se non pensiamo a nuove grandi opere, come la Tav, anche la programmazione diventerà impossibile. Anas e Rfi sono riusciti a fare quei numeri, nei programmi non nella realizzazione, soprattutto grazie due grandi investimenti: la Salerno-Reggio Calabria e la Napoli-Bari. Solo quest`ultima vale sei miliardi di euro, servono opere altrettanto ambiziose».
La domanda da un milione di dollari è: in che tempi si potrà avere la Tav al Sud?
«Proprio perché è da un milione di dollari, non posso dare una risposta precisa. E possibile trovare fonti da spesa tali da poter intanto partire. Poi so bene che l`operazione dura dieci anni, però bisogna cominciare. Discorso diverso per l`alta capacità fino a Reggio Calabria, attuabile in pochissimo tempo perché è già finanziata. Anche se non ci possiamo accontentare dell`Alta capacità».
Da politico meridionale, crede che sulla questione delle infrastrutture la classe dirigente del Sud si sia fatta sentire poco?
«Tante volte abbiamo tenuto basso il tema del Mezzogiorno per timore di un`espansione della Lega al Nord ed è finita con un`espansione della lega anche al Sud: uno dei tanti paradossi della politica. C`è stata una timidezza di noi tutti a far valere le ragioni del Mezzogiorno, ma da questa consapevolezza possiamo ripartire» .


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