La questione femminile è esplosa in casa Pd. Dopo la lettera-appello, lanciata da Francesca Puglisi e firmata da oltre 600 donne dem, un doppio capo d`accusa ha raggiunto il già discusso vertice del partito: aver utilizzato «cinicamente» le otto pluricandidate per favorire gli uomini e, soprattutto, aver portato a casa un magro bottino in rosa. Di donne, in Parlamento, ne sono entrate poche. Meno di 5 Stelle e centrodestra. Un`onta, a sinistra, di cui ragioniamo con l`unica democrat eletta in Puglia, la barlettana Assuntela Messina, senatrice e presidente del Pd regionale.
Senatrice Messina, ha firmato l`appello?
No, materialmente non ho firmato. Ma durante la discussione del Gruppo Senato, di cui faccio parte, abbiamo recepito le sollecitazioni dell`appello e affrontato il tema. Mi è sembrato il modo più concreto e utile per dar peso alla questione.
E cosa ne è venuto fuori?
Le parlamentari di Camera e Senato avvieranno una sinergia più stretta e, soprattutto, lavoreranno per la parità nelle cariche.
Procediamo con ordine. L`appello pone anzitutto una questione generale: le donne elette nel Pd sono poche. Perché questo arretramento?
Credo che abbia pesato molto il risultato. Non abbiamo vinto le elezioni e questo ha inciso. Poi c`è il tema della legge elettorale che ha prodotto situazioni che sono sfuggite di mano….
Ad esempio le otto pluricandidature femminili che, a conti fatti, avrebbero favorito gli uomini?
È un nodo che si lega al famoso algoritmo della legge elettorale. Un boomerang che ha causato molti problemi e non solo alle donne. Ciò detto, al momento della formulazione delle liste, sono state operate delle scelte precise. E le ricordo che alcune componenti del Pd in direzione non le hanno votate.
C`è quindi un problema di classe dirigente?
Non sottovaluto le responsabilità di una politica non attenta: chi si pronuncia sui valori deve poi spendersi perché diventino operativi.
Dobbiamo leggerlo come un attacco a Renzi e al renzismo?
La questione è molto più ampia di Renzi o dello stesso Pd. Il tema delle donne in politica si lega a quel grande ragionamento che riguarda la partecipazione a tutti i livelli.
Secondo lei come dovrebbe essere affrontata la questione?
Guardi, io non credo a una politica per le donne. Anzi può essere perfino pericolosa e controproducente perché inquadra il soggetto femminile come bisognoso di aiuto. Questa visione innesca una pedagogia perversa, inefficace.
E allora come se ne esce?
Non con una politica per le donne, ma delle donne che devono essere soggetti e non oggetti di giustizia. E soprattutto devono rivendicare l`orgoglio di rendere concreto e visibile il loro impegno per il bene comune.
La proposta, contenuta nell`appello, della doppia preferenza di genere alle regionali somiglia molto a una politica per le donne…
In Puglia siamo già molto avanti da questo punto di vista. Ma direi che certi provvedimenti funzionano solo se inseriti nel giusto quadro culturale di cambiamento. Altrimenti non servono.
Infine, lei è l`unica «emilianista» nel Gruppo Pd al Senato. Soffre l`isolamento?
No, al contrario. Giudico l`appartenenza un valore aggiunto e un ulteriore elemento di sollecitazione. L`importante è costruire relazioni oneste.


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